Leggi il messaggio di papa Francesco al Forum Ambrosetti in corso a Cernobbio e ti senti rassicurato. Sono davvero pochissime ormai le voci capaci di parlare al mondo infondendo fiducia, speranza e voglia di futuro.
Bergoglio parte dalla crisi della globalizzazione, che a Cernobbio è come parlare di corda in casa dell’impiccato, per tornare a un filone basilare del proprio pontificato, ossia “la conversione ecologica per poter rallentare un ritmo disumano di consumo e di produzione, per imparare a comprendere e a contemplare la natura, a riconnetterci con il nostro ambiente reale”.
Non solo. Il papa invita esplicitamente i partecipanti al Forum – selezionati nel top delle classi dirigenti mondiali, tra cui alti esponenti dei governi – a “puntare a una riconversione ecologica della nostra economia senza cedere all’accelerazione del tempo, dei processi umani e tecnologici, ma tornando a relazioni vissute e non consumate”.
In altre parti della lettera, Francesco sottolinea come in questa fase storica l’umanità, non avendo saputo condividere in modo equo le risorse, è stata indotta a condividere dolore e sofferenza. Ed è stata a suo avviso la forza interiore degli esseri umani, insieme al coraggio, a permetterci di intravedere la luce in fondo al tunnel. Non la tecnologia, non la scienza. La solidarietà nel dolore e il coraggio di molti.
L’aspetto paradossale di un evento del genere, ma nel caso del papa e di altri (pochi) leader spirituali o politici, è l’evidente incongruenza con cui se ne ascoltano i messaggi, per intraprendere un minuto dopo le solite strade di sempre.
Con parole tanto semplici quanto dirette Bergoglio critica apertamente il modello di sviluppo su cui misuriamo la crescita e il benessere. Eppure Stati, governi e interessi finanziari ed economici sovranazionali continuano a dominare il mondo come è sempre stato. Possibile tanta ipocrisia? Perché si finge di ascoltare le parole del papa per vivere in direzione esattamente contraria? Mi sembra osceno. Persino blasfemo. Eppure accade sempre, regolarmente, a ogni sortita papale.
Un ultimo rilievo riguarda la rivoluzione in atto nell’attività lavorativa. Stiamo scoprendo piano piano che le misure emergenziali determinate dal Covid si stanno trasformando da provvisorie a definitive. Il cosiddetto smart working è solo in parte smart: lavorare da casa e non in un luogo esterno genera enormi cambiamenti fisici, psicologici, logistici negli esseri umani.
Vi è un vero mutamento epocale nel superamento del lavoro “in presenza”. Esso coinvolge vite singole, famigliari e di coppia. Cambia il rapporto con i figli. Destruttura la nozione antropologica secondo cui si esce di casa per procurarsi il cibo, e con ciò viene meno un dettato ancestrale.
Possono gli umani, in pochi mesi o anche pochi anni, terremotare il dogma della relazione casa-lavoro? Forse sì. Ma con danni e conseguenze a oggi imprevedibili. Meglio sarebbe pensarci bene e mettere davanti i bisogni dell’uomo, anziché l’asfittica e velenosa smania di profitto.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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