«Principale protagonista di questa piccola e stravagante storia, ambientata suppergiù nel quinquennio 2005-2010, che inizia dalla fine e non finisce come inizia, è un vecchio scooter di piccola cilindrata: un cinquantino Benelli, con un brillante passato color rosso bandiera».
Uno scooter di colore rosso che è la materializzazione, diciamo, meccanica dell’eticità e moralità della vita “activa”, che stravolge le esistenze non solo di un piccolo paese della Val Padana ma anche quelle di una città russa distante oltre 2600 chilometri, San Pietroburgo, oggi (divorata dalla corruzione oligarchica) Leningrado ieri (quando la Russia era l’Unione Sovietica), Pietrogrado prima e San Pietroburgo ancora prima, nel Settecento (la Russia zarista).
In questo paese padano, nebbioso d’inverso e afoso d’estate, tutto sembra ciò che non è: i personaggi che incontriamo, Mario, Vittorio, Ekaterina «da Leningrado» e Nadezda, entrambe badanti russe, il Meccanico, il Direttore Generale del “C’è ancora tempo”, centro di recupero per tossici e alcolisti e sbandati vari, e altre umanità ancora. Mentre nella città del Palazzo d’Inverno, conquistato dai bolscevichi di Lenin nel novembre 1917, c’è ancora chi come Svetlana e Sedov aspettano una nuova vita activa – dopo il crollo sovietico – innescata da un misterioso Capo. Una nuovo Sol dell’Avvenire alimentato da sostantivi quali «Dignità e Speranza. Orgoglio e Sogno. Realtà e Utopia». Una spinta ideale per riempire il vuoto che ha lasciato la morte del comunismo tanto nel piccolo paese della Val Padana quanto nella Grande Madre Russia che per settant’anni ha controbilanciato il mondo capitalista sotto la spoglia dell’Unione Sovietica.
Una scrittura, ispirata – in qualche misura – alla scuola dei narratori delle pianure celatiani, senza impennate, semplice che accompagna il lettore con citazioni di filosofi, cantautori (alcuni amati da chi aveva vent’anni negli anni 70), poeti che vogliono rafforzare i giudizi dell’autore un po’ onnisciente, ma non troppo. Che non lascia fuori dalla narrazione il politically correct, omaggio ai tempi correnti, sfornato dalla pizzeria della piazza, posizionata fra municipio e campanile – incarnati nell’Italia del secondo dopoguerra nei personaggi guareschiani di don Camillo e Peppone – gestita da due ragazzi gay che servono la pizza a due personaggi del romanzo.
Cattabiani rimarca più volte l’accidentalità dei fatti che costruiscono Lo scooter rosso bandiera. Ma «il romanzo – scriveva Ferdinand Brunetière – è soprattutto la narrazione di avvenimenti che potevano non succedere».
Mentre il de prufundis di quello che era stato il più grande Partito comunista dell’Occidente è certificato nella Prefazione firmata da Sergio Nasi.
(Paolo Cattabiani, ‘Lo scooter rosso bandiera’, Bibi Book, Salsomaggiore (PR) 2021, pp. 298, 12,00 euro. Recensione di Glauco Bertani).
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia.
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Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]