Baldassarre, Melchiorre e Gaspare (sono i nomi tradizionali dei Magi) arrivano a Gerusalemme, provenienti, si suppone, da Babilonia. Nulla vien detto, sul fatto che siano re. Probabilmente, erano astronomi, il che significava anche astrologi, erano anziani e si erano messi in viaggio solo perché avevano veduto una stella. C’è una straordinaria bellezza nell’avventura di questi uomini, pronti a dare la vita per una speranza che ancora non ha nome. Immaginiamo il lungo viaggio nel deserto, il silenzio che custodisce un dialogo con un Tu ancora sconosciuto. Seguono l’itinerario di Abramo, sono suoi discendenti per la fede, sono la primizia dei popoli, che riceveranno la benedizione promessa al patriarca dei credenti.
Gerusalemme non li accoglie bene. Essi dichiarano di cercare il neonato Re dei Giudei. La prova che ne portano è debole: una piccola luce in cielo, una stella! Eppure, la loro richiesta getta la città nel turbamento, anzi, la parola è più forte: tutti sono sconvolti. Tutti, tranne i sacerdoti e gli scribi. Il testo evangelico mostra bene quanto sia gelida la loro competenza. Sanno tutto, trovano nelle Scritture la risposta alla domanda dei Magi: non mostrano però alcun interesse, per appurare cosa ci sia di vero. Quelli hanno fatto più di mille chilometri, loro ne dovrebbero fare soltanto otto, per andare a Betlemme. La religione, con i suoi riti, con l’osservanza dei comandamenti, è divenuta motivo di presunzione. Dio si deve accontentare, anzi, li deve premiare per la loro fedeltà. Gli altri uomini, ignoranti e immorali, sono lontani da loro ancor di più dell’astro che ha guidato fin lì quei tre ciarlatani stranieri.
I Magi seguono le indicazioni ed escono dalla città. Nel deserto amico ritrovano la stella. “Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima, “gavisi sunt gaudio magno valde” (Mt 2,10), alla lettera: gioirono di una grande gioia, di una gioia eccezionale. Mi interessa un particolare: la gioia dei Magi erompe nel momento in cui vedono la stella, prima ancora che abbiano visto il bambino. Sembra che la gioia stia già nella ricerca. Viene in mente il commento di san Bernardo alla frase del Cantico dei Cantici, quando la sposa dice: “Ho cercato colui che l’anima mia ama” (Ct 3,1). Dice: “Colui che per primo ti ha cercata, per primo ti ha amata. Non cercheresti affatto, se prima non fossi stata cercata, così come non ameresti, se prima non fossi stata amata. Sei stata prevenuta non in una sola benedizione, ma in due: l’amore e la ricerca. L’amore è la causa della ricerca, la ricerca è il frutto dell’amore, e ne è anche la certezza”.
I Magi vedono la luce, prima di averne scoperto la fonte. Penso che sia così nell’itinerario spirituale di tanti uomini. Per questo, non mi sento di essere pessimista. Non lo sono neanche per gli scribi di Gerusalemme: in definitiva, l’indicazione l’hanno data. L’ultimo tratto del viaggio, gli stranieri lo compiono grazie alle Scritture, che qualcuno ha letto, custodito e interpretato. Così, non sono pessimista neppure per la Chiesa: con tutti i nostri limiti, custodiamo “la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finchè non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino” (2Pietro 1,19).
Auguro a tutti la gioia dell’incontro; ma chiedo anche, per me e per tutti, la purezza del cuore, per riconoscere la luce che è in ciascuno di noi e che è in ciascun uomo. La festa dell’Epifania è anche l’occasione di una grande festa di fraternità. Ci sia un grande rispetto per la storia spirituale di ciascuno, ci sia l’umiltà di riconoscere che tutti hanno un dono da portare, anche se non hanno tutti i doni. Ci sia data la costanza nel cammino, ci siano dati compagni di viaggio che abbiano pazienza con noi.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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