Tre dosi su dieci di vaccino presenti sul territorio italiano, circa un milione e mezzo di unità, giacciono inutilizzate nei frigoriferi sparsi nella penisola. È la cifra più significativa del flop nazionale nella lotta alla diffusione del Covid, la pistola fumante dell’inconsistenza organizzativa con cui il governo Conte, le regioni, il commissario Arcuri e le rispettive squadre hanno affrontato l’emergenza pandemica alle prese con la seconda e ora con la terza ondata di contagio.
La campagna vaccinale non decolla: i numeri italiani non sono confrontabili con la nota efficienza israeliana e neppure con il Regno Unito, ma stentano a reggere perfino accanto ai partner dell’Unione Europea. È stucchevole ascoltare le parole dell’ex capo del governo quando attribuisce a se stesso inesistenti successi contro Covid ed economia. Con quasi centomila morti, nessun piano vaccinale nazionale e il crollo del Pil del 9% ci vuole davvero una bella faccia tosta.
Un milione e mezzo di dosi non sono ancora arrivate alla destinazione finale. Ciò è stato reso possibile dal mancato coordinamento delle azioni basilari da compiere nei mesi in cui i vaccini ancora non c’erano ma in cui si sapeva che sarebbero arrivati. Un piano per la distribuzione non esiste. La situazione è di pieno caos: si rimpallano responsabilità Asl, governo, regioni, punti Covid allestiti a macchia di leopardo su e giù per la penisola, e si perde tempo prezioso.
Il nuovo esecutivo ha affidato l’organizzazione del piano al duo Gabrielli-Curcio coinvolgendo anche le risorse della Protezione civile. Non è ammissibile che con la recrudescenza pandemica in corso nel paese non si sia stati in grado di proteggere le persone più a rischio, anche perché il tempo per agire non è mancato. Fatali sono stati certamente i mesi estivi dello scorso anno, quando sembrava che il virus fosse in disarmo e che l’uscita dall’emergenza fosse quasi cosa fatta. Le case produttrici hanno fatto la loro parte, stante l’urgenza, e hanno elaborato soluzioni che sembrano funzionare nell’immediato. E allora perché non accelerare nella distribuzione?
Draghi ha svoltato rispetto alle lentezze della linea Conte-Arcuri assumendo un’iniziativa forte a livello europeo. Meglio una prima vaccinazione estesa a quanti più possibile anziché i pasticci derivanti dalla doppia somministrazione. Chissà se il premier riuscirà a ottenere qualche risultato utile.
Per ora dobbiamo prepararci a un altro mese pesante. La situazione in Emilia-Romagna, lo ha detto il presidente Bonaccini, non volge al meglio e dobbiamo prepararci a nuovi sacrifici. La regione è in completa zona arancione e vede alcuna microaree soprattutto del Bolognese già in zona rossa. L’indice Rt è superiore a 1, il numero dei contagiati quotidiani staziona da tempo sopra quota 2.000, salgono anche i pazienti in terapia intensiva e, fortunatamente, sale anche il numero dei vaccinati.
Con l’avvicinarsi della primavera diventa anche più difficile indurre la gente a restarsene a casa. È comprensibile, ma occorre ancora essere attenti nell’osservare le misure di precauzione che ben conosciamo. Si sono visti assembramenti preoccupanti in alcuni luoghi di svago, dagli spazi tradizionali della movida a parchi e giardini dove si pratica sport, e code dal sapore sovietico davanti a bar e gelaterie. Che gli italiani abbiano imparato a mettersi in fila, se non altro, è un buon effetto collaterale.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]