Domenica voterò no al referendum. Non lo scrivo da giornalista ma da cittadino elettore. Comprendo le ragioni del sì e sono certo che esse convinceranno la maggioranza degli italiani. Ma non temo di sentirmi in minoranza: è il prezzo da pagare quando non si cerca il facile consenso, ma si tiene fede alla propria coscienza.
Claudio Martelli ha scritto che “il parlamento non si taglia a fette come un arrosto”. La metafora non è elegante ma rende l’idea. Il taglio di un terzo dei parlamentari, senza che vi sia accanto nulla di veramente utile al buon funzionamento delle istituzioni, è una misura cieca, violenta e inutile.
Cieca perché non vede il danno che produce alla democrazia rappresentativa. Possiamo tagliare deputati e senatori perché, si dice, un terzo di essi sono in esubero. E perché non la metà, allora? Perché non tagliarne il 60, il 70, l’80 per cento? E allora, in definitiva, a che serve un Parlamento?
Violenta perché priva di ratio, di intelligenza. Il problema del cattivo funzionamento del potere legislativo dipende essenzialmente dal bicameralismo perfetto. Ci hanno provato in passato Craxi, i comunisti, D’Alema, Berlusconi. Nessuno mai è riuscito a superare questo ostacolo. Il Senato è un mero doppione della Camera. Le lentezze parlamentari spingono i governi all’utilizzo continuo di decreti legge sui quali si impone il voto di fiducia. Una riforma sarebbe auspicabile, ma questo referendum non ne ha le ambizioni. È una semplice misura di schiatta antipolitica da dare in pasto alla plebe grillino-forcaiola.
Ed è infine una misura inutile perché non risolve alcun problema, nemmeno il minimo. I fautori del referendum sventolano la bandiera del risparmio. È una piccola bugia. Il calcolo del taglio dei parlamentari incide sui cittadini italiani nella misura di meno di un euro l’anno. Sarebbe questo il risparmio per le casse pubbliche? È più costoso farci pagare le spese per organizzare il referendum stesso.
Tralascio le ragioni del no riguardanti la rappresentatività sul territorio. Ci sono aree intere che non potranno più eleggere il proprio parlamentare. Dal centro non lo si comprende, ma se ricordiamo che in Italia esistono territori dove lo Stato stenta ad arrivare si capisce che il taglio di una rappresentanza istituzionale non è una buona notizia, anzi.
E poi certo, il mio personale no ha anche a che vedere con il desiderio di una migliore qualità del ceto politico. Questo referendum si è trasformato in un voto sulle basi stesse della Costituzione italiana e sull’ormai scomparso assetto dei partiti. Siamo sicuri che i partiti siano uno strumento inutile per far funzionare una democrazia? Io credo di no. Preferisco la Costituzione a questa nuova casta di pseudo dirigenti miracolati da Grillo e Casaleggio. E mi dispiace che i vertici del Pd non la pensino così.
Comunque sia, rispetto ovviamente chi sceglierà il sì. Buon voto a tutti.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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