Le campagne elettorali nel Novecento

Quarto_Stato

Con la nascita del Partito dei Lavoratori italiani nell’agosto del 1892, i socialisti si posero subito il problema di creare le condizioni organizzative e politiche sufficienti per essere competitivi e credibili in occasione delle elezioni amministrative e in quelle politiche. Perché la loro voce arrivasse in ogni angolo del paese, si dotarono di un organo nazionale ufficiale, Lotta di Classe, diretta da Camillo Prampolini, rafforzarono le tante leghe di resistenza già presenti sul territorio, associarono le cooperative e le casse di mutuo soccorso in consorzi, svilupparono l’attività sindacale, favorendo la nascita delle Camere del Lavoro.
La prova del fuoco si presentò presto con le elezioni politiche del novembre 1892. Era la prima occasione per dimostrare a tutta Italia e al governo la forza, la determinazione e il radicamento del fronte socialista.

Il neonato partito si attivò immediatamente convocando apposite assemblee nelle quali, sulla base delle singole capacità, fu assegnato a tutti un compito politico e/o organizzativo da svolgere. Tutti i massimi dirigenti del partito incentivarono la loro presenza in ogni angolo della provincia, tenendo conferenze pubbliche, incontri nelle sezioni, comizi.
I giornali di partito locali aumentarono il numero delle copie, che vennero distribuite spesso gratuitamente o, visto l’alto tasso di analfabetismo, letti e commentati in gruppo nelle sezioni, nelle cooperative o presso l’abitazione di singoli compagni. Tutti facevano la loro parte, tutti si sentivano protagonisti e artefici del risultato finale.

Nel tentativo di descrivere come poteva svolgersi una campagna elettorale è utile ricordare quanto accadde nella bassa reggiana in occasione appunto delle elezioni politiche del 1892, che vedevano il ritorno al sistema maggioritario e quindi lo scontro diretto con l’avversario.
La crisi il governo di Rudinì nel maggio 1892, portò inevitabilmente alle elezioni politiche previste per il mese di novembre. Se la situazione politica viveva, infatti, una profonda crisi di credibilità, mentre quella economica risultava ancora più drammatica, specie nel meridione e in alcune aree del Nord come il Polesine e in generale nella pianura padana a forte vocazione agricola.

Nel collegio di Guastalla si presentò l’ex deputato Camillo Prampolini per i socialisti e, per i monarchici, il colonnello ex garibaldino Enrico Guastalla.

Dopo un primo comizio socialista, che le cronache del tempo definirono molto partecipato, tenuto a Novellara il 2 ottobre, i due contendenti si ritrovarono ad incontrare il loro elettorato nella stessa piazza il giorno 23. In quella occasione, seppur in momenti diversi, ebbero modo di confrontarsi e polemizzare tra loro. Enrico Guastalla parlò nel teatro locale gremito in ogni ordine di posti, da un pubblico che le cronache locali descrissero molto soddisfatto e convinto dalle argomentazioni di Guastalla; Camillo Prampolini invece, dopo aver ascoltato il suo rivale, prese una seggiola e davanti alla sede della locale posta improvvisò un discorso per confutare tutte le argomentazioni portate da Guastalla a sostegno della sua candidatura.
Il giornale moderato di Reggio L’Italia Centrale, dichiaratamente sostenitore di Guastalla, ironizzò pesantemente sull’oratore, nell’intento di screditarlo agli occhi degli elettori, definendolo “il frate socialista”.

Nei giorni seguenti scesero in campo altri oratori tra i quali Angiolo Cabrini, uno dei più stretti seguaci di Prampolini. Il primo novembre Prampolini, l’avv. Cocchi e Cabrini furono accolti a Guastalla da oltre 3.000 persone, dalla banda musicale e dalle società operaie con le loro bandiere. Il clima d’entusiasmo e di determinazione che in quella occasione si respirò in piazza, fece presagire a molti la possibilità conquistare la vittoria finale.
Molti dei convenuti nel capoluogo del collegio elettorale furono visti con La Giustizia sotto il braccio e ostentare un garofano rosso sui mantelli.

In ogni comune del collegio fu inoltre organizzato un pranzo sociale per sostenere i costi della campagna elettorale e contribuire alla diffusione della stampa di partito.
I comuni del collegio di Guastalla più orientati verso i socialisti si rivelarono essere quelli rivieraschi, anche se Prampolini ottenne molti consensi in tutti gli altri comuni.
I risultati diedero la vittoria, seppur di misura, a Camillo Prampolini con 1506 voti contro i 1449 di Enrico Guastalla.

La battaglia elettorale nel collegio di Guastalla fu dunque molto combattuta e aspra. L’esito finale si presentò talmente incerto che perfino L’Italia Centrale, quotidiano clerico-moderato, pensò bene di scendere nella polemica più spicciola per screditare il candidato socialista.
Gli attacchi del direttore Roberto Baratozzi alla persona di Prampolini furono talmente velenosi da costringere Prampolini a sporgere querela per diffamazione.
Solidarietà e appoggio gli giunse da Cabrini con queste parole: “…Hai fatto benissimo a querelare il Baratozzi! Quando un mascalzone di pennaiolo ti attacca nell’onore, perché non regalargli i 10 mesi di reclusione e le 833 lire di multa di prammatica?”.

Il Baratozzi, d’altra parte, era noto per essere un calunniatore di professione, tanto da essere stato in passato schiaffeggiato anche dal sindacalista Vergnanini e condannato a venti giorni di confino a Pavullo nel Frignano. Anche L’Italia del Popolo, giornale repubblicano di Milano, diretto da Dario Papa, solidarizzò con Prampolini, invitandolo a continuare sulla via intrapresa.