Solo il 50% delle donne italiane ha un lavoro, e a parità di mansione guadagnano mediamente il 18% in meno dei colleghi uomini. Una parte di queste, inoltre, risulta sfruttata e maltrattata sul posto di lavoro. Oltre il 30% delle donne lavoratrici è part-time, ma nel 60% dei casi questa modalità è imposta e non frutto di una libera scelta. Molto basso anche il numero delle donne manager: nonostante ormai le donne si laureino in misura quasi pari agli uomini, rappresentano solo il 18% dei vertici delle aziende.
Sono i dati emersi nel corso di “Una su due”, la Conferenza regionale delle elette riunitasi giovedì 5 maggio durante la commissione parità dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna.
“Il nostro appuntamento, che tra l’altro è stato convocato a pochi giorni dalla celebrazione del primo maggio, ci impone riflessioni sul mercato del lavoro: negli ultimi due anni, infatti, è stata penalizzata soprattutto l’occupazione femminile”, ha sottolineato la presidente dell’assemblea legislativa Emma Petitti: “Le donne, lo dicono i dati diffusi dall’Istat, guadagnano circa il 18% in meno rispetto agli uomini a parità d’impiego e in generale vivono condizioni di maggiore precarietà. Investire sul lavoro delle donne, quindi, deve diventare una priorità”.
“Credo, inoltre, che sia arrivato il momento di affrontare il tema degli stipendi, perché siamo tra i Paesi che hanno il blocco dei salari da più tempo”, ha aggiunto Petitti: “Dobbiamo cogliere tutte le opportunità, a partire dal Pnrr, nel quale è stata inserita una clausola che prevede che il 30% delle assunzioni sia rivolto alle donne. E poi l’importantissimo strumento per raggiungere la parità salariale, cui si è data attuazione con la legge 162/2021. Pur trovandoci di fronte a un quadro ancora complesso, qualcosa si sta muovendo ed è il momento di sfruttare al meglio gli strumenti per raggiungere questi obiettivi”.
“Realizzare una società realmente paritaria è un impegno strategico della nostra Regione”, ha commentato l’assessora regionale alle pari opportunità Barbara Lori, “in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Il nostro impegno è consolidare la rete dei servizi, rafforzare gli investimenti in istruzione e formazione professionale e soprattutto promuovere e sostenere un’occupazione di qualità e l’imprenditorialità femminile: il protagonismo femminile è leva per uno sviluppo complessivo e per una modernizzazione della società”.
Ecco perché, oltre alle tante iniziative già messe in campo, in primis il fondo dedicato all’imprenditoria, “contiamo di riuscire ad aprire nuove opportunità nell’ambito della programmazione dei fondi europei per il 2021-2027, in particolare il Fesr (Fondo europeo per lo sviluppo regionale) e il Fse+ (Fondo sociale europeo). Le parole chiave, però, rimangono: cambiamento culturale, collaborazione e visione, concetti che come Regione, insieme alle istituzioni locali e alle varie realtà in prima linea per le donne, possiamo rendere una realtà consolidata”.
Netta anche la posizione dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil: “Part-time, gender gap ed emergenza salariale sono un problema grave su cui interrogarci. Come sindacati ci siamo impegnati in primo luogo affrontando il problema delle diseguaglianze economiche e la necessità di coniugare lavoro e famiglia. I dati sono noti, ma ricordarli è giusto: nei “lavori poveri” la maggior parte del personale occupato è donna, e in Emilia-Romagna in ambito lavorativo c’è un gap salariale medio tra donne e uomini di oltre 7.000 euro. Non dimentichiamoci che tutto questo porta a un dislivello pensionistico altissimo, che nel lavoro privato è di oltre il 40% e poco più del 25% nel lavoro pubblico. Occorre mettere in campo nuove attività, nuove scelte per contrastare questa diseguaglianza e rendere più concrete le misure e le idealità portate avanti in questi anni”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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