Appena trascorso il giorno di festa nazionale dedicata all’Assunzione, caratterizzata dal semi lockdown della seconda ondata di Covid, mi piace ricordare un importate evento accaduto a metà dell’Ottocento nel medesimo giorno. Vediamo dunque di riassumere i fatti.
L’8 dicembre 1869 fu inaugurato da Pio IX il Concilio Vaticano, il ventesimo dal primo tenuto nel 325 a Nicea. La data fu attentamente studiata per farla coincidere con la quinta ricorrenza del Sillabo (8 dicembre 1864) e festa dell’Immacolata Concezione, il cui dogma era stato definito dallo stesso Pio IX l’8 dicembre 1854.
Due erano le finalità affidate al Concilio: la condanna del razionalismo e del materialismo e la proclamazione della infallibilità del Papa. Se sul primo obiettivo non sorsero gravi divergenze, sul secondo si aprì un drammatico conflitto in seno allo stesso Concilio e nel corpo della chiesa. Specie in Francia, Germania e Austria molti cattolici liberali si pronunciarono contro tale imposizione. Tale divisione si palesò nella votazione finale, il 18 luglio 1870. Cinquantadue padri, compresi quattro cardinali, infatti, lasciarono Roma per non partecipare alla votazione.
Il disagio più forte fu comunque sentito dai democratici, specie quelli italiani, ai quali in Concilio con la condanna del razionalismo stava per dichiarare guerra.
Fu così che il democratico napoletano Giuseppe Ricciardi (1808-1882) prese l’iniziativa di promuovere in Napoli, in occasione dell’apertura del Concilio, un convegno di liberi pensatori, poi denominato Anticoncilio. Tra i primi ad aderire vi fu Giuseppe Garibaldi, che pubblicamente manifestò le sue convinzioni in numerose lettere anticlericali inviate ai giornali, e ai tanti amici sparsi nella penisola. Non meno significativa fu poi l’adesione di Victor Hugo. Mazzini scelse un’altra strada per manifestare il suo pensiero critico. Inviò una lettera Ai membri del Concilio residenti in Roma nella quale denunciò la decadenza del cattolicismo, orgoglioso di poter contrapporre alla miseria morale vaticana il patrimonio di sacrifici e di eroismi del Risorgimento. Anche il repubblicano-federalista Giuseppe Ferrari non andò a Napoli affermando: “Noi non possiamo tenere anticoncili, come pure non possiamo proclamare antipapi…Noi siamo liberi, siamo pensatori: la libertà assale da tre secoli l’unità, l’autorità, il dominio, la gerarchia della chiesa…”.
Come auspicato da Ferrari l’Anticoncilio fu l’incontro di eterogenee correnti di pensiero democratiche, repubblicane, federaliste, cattoliche liberali. Fra le altre adesioni autorevoli vanno ricordate quelli di Francesco De Sanctis, Benedetto Cairoli, Giuseppe Zanardelli, Nicola Fabrizi, Mauro Macchi, del generale Giuseppe Avezzana e di Fippo Abignente, docente di storia della chiesa presso l’Università di Napoli. I lavori congressuali si svolsero al teatro San Ferdinando e furono aperti da un discorso di Giuseppe Ricciardi. Erano presenti molti rappresentanti delle associazioni di liberi pensatori, italiane ed estere, società operarie, di mutuo soccorso, circoli internazionalisti, associazioni per l’emancipazione femminile. Delegazioni giunsero da molti paesi stranieri, perfino dalle lontane Americhe.
I lavori durarono poche ore, fino a quando intervenne il commissario di polizia che comunicò lo scioglimento del convegno, considerato pericoloso per l’ordine pubblico. I convenuti abbandonando il teatro si diedero comunque appuntamento la settimana successiva per votare un documento, che finì per acquisire il valore di una carta del laicismo militante:
“I sottoscritti delegati di varie nazioni del mondo civile riuniti a Napoli per prender parte all’Anticoncilio affermano i seguenti principi: Essi proclamano la libera ragione contro l’autorità religiosa, l’indipendenza dell’uomo contro il dispotismo della Chiesa e dello Stato; la solidarietà dei popoli contro l’alleanza dei principi e dei preti; la scuola libera contro l’insegnamento del clero; il diritto contro il privilegio. Non riconoscendo altra base che la scienza, essi proclamano l’uomo libero e sovrano nello Stato libero, e la necessità di abolire ogni Chiesa officiale. La donna deve essere liberata dai vincoli che la Chiesa e la legislazione oppongono al suo pieno sviluppo. Essi affermano la necessità dell’istruzione fuori di ogni intervento religioso, dovendo la morale essere interamente indipendente da tele intervento”.
Napoli, 17 dicembre 1869
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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