Doppio incarico, assessore Tria nel mirino

caso Tria

E’ finito all’attenzione anche del Fatto quotidiano la doppia veste di Nicola Tria, di professione avvocato, ma al contempo anche assessore (per altro alla Legalità) del Comune di Reggio Emilia. Un doppio ruolo inevitabilmente borderline diventato ancora più scomodo nei giorni scorsi, in occasione del processo per la brutta storia del detenuto tunisino sottoposto a un brutale pestaggio il 3 aprile 2023 nel carcere di Reggio Emilia. Una vicenda di cui nelle scorse settimane l’Ansa aveva anche diffuso lo sconvolgente video ripreso dalle telecamere a circuito chiuso ma, soprattutto, per la quale 10 agenti di custodia sono sotto inchiesta. E, di questi, uno è per l’appunto difeso dall’avvocato Nicola Tria.

“Torture: Comune assente, l’assessore difende l’agente” il titolo con cui il Fatto quotidiano, con un articolo di Valeria Pacelli, ripercorre la vicenda. Dallo sdegno generale dei ministri Piantedosi e Nordio (“Non sono cose accettabili”, “Sono immagini indegne per uno Stato democratico”) all’ispezione in carcere il 15 febbraio scorso da parte di una delegazione di parlamentari Pd (Graziano DelrioAndrea Rossi e Debora Serracchiani) accompagnati dal sindaco dem Luca Vecchi. Fino all ‘udienza preliminare del 14 marzo quando – e qui cascherebbe il Tria secondo il Fatto – “tra chi ha chiesto di costituirsi parte civile non c’è il Comune di Reggio Emilia”. “C’è però nella veste di avvocato, e non dunque con il ruolo politico, l’assessore alla legalità Nicola Tria – scrive Pacelli – In quel momento non rappresenta i cittadini, ma un agente accusato di tortura e lesioni personali. Glielo consente la legge: non c’è incompatibilità, ma il caso è quantomeno singolare”.

Il 14 marzo chiedono di costituirsi parte civile ovviamente il denunciante, ma anche il Garante nazionale e quello regionale dei diritti dei detenuti nonché le associazioni Antigone e Yairaiha (il prossimo 8 aprile il giudice deciderà chi ammettere). La richiesta di costituzione di parte civile, che per altro non è obbligatoria, non arriva né dal ministero della Giustizia, né dal Comune di Reggio Emilia. “Il Comune non è obbligato – spiega al Fatto l’assessore-avvocato Tria-. Io svolgo la mia professione, difendo una persona indagata che è presuntivamente innocente”.
Al Fatto quotidiano Tria ribadisce che la scelta di costituirsi parte civile è della Giunta. “Se ci fosse stata una decisione in questa direzione, e non c’è stata, sarei uscito dalla stanza nel momento in cui si discuteva questa cosa. Se ci fossero state delle situazioni che potevano condurre a una incompatibilità avrei assunto le mie decisioni. La costituzione del Comune peraltro non è un automatismo”.

Ed è vero, conferma il Fatto ricordando i casi “come quello di Santa Maria Capua Vetere, dove il Comune non si è costituito parte civile, ma anche altri in cui sono state prese decisioni opposte come nel processo per le vicende del carcere Le Vallette a Torino”.
“È già capitato in passato che il Comune si costituisse in processi con imputati difesi dall ‘assessore Tria – spiegano invece dall’ufficio stampa del sindaco Vecchi al Fatto quotidiano – In queste decisioni non c’entra nulla l’assessore. Che peraltro è molto attento: non partecipa al voto quando ci possono essere dei possibili, chiamiamoli, conflitti di interessi”.
E assicurano: in questo processo “c’è stata una verifica tra Giunta e ufficio legale in cui è stata rappresentata una problematicità rispetto alla possibilità di vedere accolta una richiesta di questo tipo”.

Insomma, dura la vita per gli avvocati che si prestano alla politica, sempre alle prese con il labile confine tra incarico amministrativo (pro tempore) e professione, che invece è per sempre. Ne sa qualcosa anche Rossella Ognibene, ex candidata sindaco M5s, che nel 2019 poco dopo l’elezine in Consiglio comunale per difendere Federica Anghinolfi, una delle principali dell’inchiesta Angeli e demoni.

La cosa curiosa è che, dei 4 candidati sindaco alle prossime amministrative a Reggio, ben 2 sono avvocati: Paola Soragni, anche lei ex M5s, e soprattutto Giovanni Tarquini, che a sua volta ha avuto più di un problema a ottenere l’appoggio del centrodestra proprio per essere tuttora il difensore del sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, altro imputato eccellente in quella inchesta.

E altrettanto curiosamente, gli altri 2 sono medici: Marco Massari del centrosinistra a guida Pd e Fabrizio Aguzzoli di Coalizione civica. Ma ai medici, evidentemente, va meglio degli avvocati: nessuno chiede loro conto se hanno mai curato o operato un fascista, un comunista o qualcuno in conflitto di interessi con il Comune…