Quando ritornavo da scuola alle medie o alle superiori ogni tanto andavo a pranzo dalla nonna Gjovanute, la trovavo che leggeva il Manifesto, anche se imprecava contro i comunisti… Suoi figli che acquistavano solo il Manifesto, lei avrebbe voluto leggere anche il Messaggero Veneto, perché raccontava i fatti e la politica locale.
Era interessata alla politica, tanto che una volta le feci credere, facendo alcuni santini politici con la sua foto, che era candidata alle elezioni nazionali, feci sì che politici di sinistra le telefonassero, quelli del mio paese, in fine il giorno di Natale, telefonò anche Romano Prodi, qualcuno che si fingeva tale, per invitarla a candidarsi. Il tutto finì in una grande risata.
Mi raccontò un aneddoto in cui il giornalista Indro Montanelli andò a trovare lo scrittore Dino Buzzati e il giornalista si faceva gradasso con paroloni al paese dello scrittore, quest’ultimo gli disse: “Le persone di questo paesino hanno un vocabolario di cento parole, è inutile tu gonfi il petto con discorsi troppo complessi”, poi aggiungeva: “Grazie signore che hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. Mi ammoniva ad essere semplice.
Mi raccontava anche della guerra, della Seconda guerra mondiale, che lei aveva vissuto, della miseria e di tutti i poveri che battevano alla porta per chiedere una manciata di farina. Di una prozia che portò messaggi ai partigiani nel tacco delle scarpe, di mio nonno, suo futuro marito, che fece il disegno del territorio da consegnare agli alleati, lo fece con i guanti per non lasciare impronte.
Mi raccontò di una volta che i tedeschi, che erano accampati sopra casa loro, arrivarono ubriachi cercando qualcuno in casa e spararono sul portone d’ingresso, il giorno dopo il loro comandante venne a scusarsi per l’accaduto.
Mi raccontò quando la guerra stava finendo di un tedesco che con la lente dell’orologio faceva una lucetta in casa per attirare l’attenzione di sua sorella Luigina. Mi diceva: “Mi facevano pena anche quei soldati imprigionati, tedeschi”.
Mi raccontò di come suo zio prete nascose alcuni ebrei in canonica e li fece scappare.
Agli inizi della guerra i giovani e molta gente andavano in piazza a inneggiare alla guerra e il padre di mia nonna, mio bis-nonno Pio diceva che erano degli stolti, che non sapevano la miseria e la sofferenza che avrebbe portato un tale conflitto.
Da tutti gli spargimenti di sangue, miseria e violenza è nata la nostra democrazia la possibilità di votare, la possibilità che anche le donne possano votare. Ora, Molti si rifiutano per protesta, per pigrizia, per ignoranza, perché i politici sono corrotti. Io onoro ciò che è stato nei racconti, nella storia e mi inchino alle forze e persone che ci hanno fatto vivere in un Paese democratico, grazie ai racconti in prima persona di mia nonna.
Quella memoria si sta andando perdendo e ci troviamo con la guerra alle porte a pochi chilometri di distanza… La stessa guerra produce gente che fugge… In diversi modi, la miseria, la gente che soccombe in mare, i feriti, i morti. Ci troviamo ad essere “dotti” della nostra ricchezza e non vogliamo sentire il frastuono che si avvicina in un’amnesia collettiva.
A dire il vero nel ns paese abbiamo tanti che inneggiano alla guerra su carta stampata e schermi televisivi, per fortuna nelle piazze hanno un seguito molto scarso, e di questo addirittura se ne rammaricano…..
In realtà, l’indifferenza è la forma più grave di disumanità prodromo di guerre future. Il fatto che molti si pronuncino solo nel virtuale è segno di questo… Ciò implica il disordine mentale che regna sovrano nella società senza alcun collegamento con la prassi. Ringrazio lei Paolo per tale riflessione, mi dà l’occasione di riflettere per procedere a scrivere il prossimo articolo. Cari saluti