«E ho sempre pensato che l’Europa avesse bisogno di una ricorrenza che unisse tutti gli europei oltre le macerie delle “guerre civili europee” che l’hanno dilaniata nel Novecento. Per questo individuammo [come destra] la data nel 9 novembre, in memoria di quella sera del 1989 in cui un funzionario della DDR comunicò che sarebbe stato possibile transitare da Est a Ovest senza controlli, e poche ore dopo il Muro veniva abbattuto da una folla festante. Ma i presunti europeisti di oggi, comunisti di ieri, hanno ancora la coscienza troppo sporca e preferiscono enfatizzare altri momenti, decisamente più divisivi. O forse è la voglia di rimuovere un macigno dalla nostra coscienza di occidentali. Perché fingiamo di non sapere che alla fine della Seconda guerra mondiale abbiamo barattato la nostra libertà e la nostra tranquillità consegnando i popoli dell’Est Europa alla dittatura comunista. No, la democrazia in Europa non è tornata nel 1945 con la sconfitta della Germania nazista e dell’Italia fascista, come ci piace raccontare, ma solo nel 1989, quando si è dissolto anche il blocco sovietico».
Poi, così argomentando, pensa di salvare il suo postfascismo: «Se poi mi si chiedesse un giudizio sull’infamia delle legge razziali non potrei che rispondere raccontando le mie personali sensazioni all’interno dello Yad Vashem di Gerusalemme. O meglio all’uscita … Credo che nessuno possa uscire da quel luogo essendo la stessa persona che vi è entrata … Si tratta del punto di caduta del genere umano, non ho dubbi su questo». Una persecuzione avvenuta in Germania, afferma, ma anche in Italia. Tuttavia, se non ci fossero stati gli Alleati e l’Urss tutto quell’orrore chissà quando avrebbe avuto fine. Allora i “buoni” ci furono, particolare che Meloni nega. Sul dopo, poi, si può discutere. E si discute.
Le radici della “sua” Europa cristiana e classica, le ritrova ricordando gli “eroi” che la difesero: Leonida alle Termopili, Carlo Martello a Poitiers, Costantino XI, ultimo imperatore di Costantinopoli, i Veneziani a Lepanto, Giovanni III di Sobienski a Vienna e, infine, Jan Palach, che si diede fuoco a Praga per protestare contro l’invasione sovietica. Una formazione culturale e politica che si completa con Louis-Ferdinand Céline, Ezra Pound, Ernst Jünger del “Trattato del Ribelle”, John Ronald Reuel Tolkien (mai capito perché lo scrittore inglese sia diventato icona della destra) e … con Antonio Gramsci, accompagnata da una colonna sonora composta fra gli altri da Guccini, Gaber e… la Compagnia dell’Anello. Giovanni Paolo II, la sua guida spirituale.
A un certo punto del libro spiega che cosa l’ha spinta a «fare politica a destra», «in quell’angolo angusto che allora era considerato [negli anni Novanta del Novecento] il luogo dei perdenti, o degli esuli in patria. Può sembrare paradossale a molti, ma la verità è che io sentivo a destra una libertà che non sentivo a sinistra. La libertà dal conformismo, la libertà di non piegarsi allo “spirito del tempo”, la libertà di una critica radicale che la sinistra, chiusa nella sua visione ideologica, non consentiva». Da qui la seguiamo nelle varie tappe della sua carriera politica, dall’iscrizione al Fronte della Gioventù (non proprio quello del partigiano Eugenio Curiel nato durante il secondo conflitto mondiale) alla nascita dei Fratelli di Italia e alla sua attività ventennale in Atreju, fondata da Azione giovani, nel 1998.
“Io sono Giorgia” è un libro costruito sapientemente: capitoli che hanno titoli che ti si stampano nella testa (“Sono una madre”, “Sono di destra”, “Sono cristiana”…); argomenti politici, culturali e antropologici si mescolano perfettamente alla propria filosofia di vita e di visione del mondo che trasformano un programma politico in un libro accattivante, per certi versi potente, grazie alle forte carica empatica che con parole semplici, alle volte dette in romanesco, dice, in sostanza, che «il personale è politico e il politico è personale». Senza annoiare, affabulando.
Facendo il verso a Mazzini, quando riprende, distorcendole e trasformandole in uno slogan (dal sapore molto fascista e poco post) le parole del patriota genovese: Dio, Patria, Famiglia; dimenticandosi della quarta parola “umanità”, che nega gli egoismi individuali e afferma il sogno degli Stati uniti d’Europa, non proprio la Confederazione auspicata dalla presidente di Fratelli d’Italia, e attuale Presidente del Consiglio.
Ci siamo soffermati soprattutto sugli aspetti storici e culturali (l’idea di patria e di nazione), ma vanno segnalati altri temi che Meloni affronta nel libro quali l’immigrazione, la sicurezza, i diritti civili (vedi Ddl Zan), i rapporti nel centrodestra italiano, in particolare con Berlusconi e Fini, la nascita di Fratelli d’Italia, e le relazioni con i “sovranpopulisti” europei e americani. E abbiamo sorvolato sulla sua complicata vita privata fatta di dolore e di gioia; quarantacinque anni del Presidente del Consiglio che possiamo riassumere, senza ironia ma con profondo rispetto, con l’espressione “self made woman”.
Si può dire, chiusa l’ultima pagina, che Meloni è cresciuta a «pane e politica», per citare le parole di Gianfranco Fini.
Un libro consigliato agli amici ma, soprattutto, agli avversari.
(Giorgia Meloni, Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee, Rizzoli, 2021, pp. 336, 18 euro, recensione di Glauco Bertani).
(Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia).
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]