La giunta dell’Emilia-Romagna, nella seduta di metà luglio, ha dato il via libera al nuovo piano regionale contro gli incendi boschivi. Fin dal 1978 la Regione si è dotata di un piano di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, ma quello appena approvato – che sarà valido fino al 2026 – assicura, tra le altre cose, revisioni annuali di monitoraggio degli eventi e una verifica del fenomeno secondo le linee guida ministeriali.
Il nuovo piano indirizza le attività antincendio e coordina una serie di attori responsabili fino al livello comunale; comprende inoltre uno studio di previsione che analizza il rischio di incendio in ciascuna zona del territorio regionale, fissa le strategie di controllo e prevenzione del fenomeno e indica le modalità di spegnimento degli incendi.
L’aggiornamento del piano perfeziona l’analisi della vulnerabilità territoriale sulla base dei modelli di combustibile e approfondisce le problematiche relative agli incendi di “interfaccia”, ovvero di un fuoco di vegetazione che si diffonde o può diffondersi su linee, superfici o zone dove costruzioni o altre strutture si incontrano o si compenetrano con aree vegetate creando condizioni di pericolosità particolari.
Un tema particolarmente rilevante per l’Emilia-Romagna, regione popolosa, di transito e dal paesaggio molto diversificato al confine tra l’area biogeografica continentale e quella mediterranea, dunque al limite dei grandi incendi: finora sono stati registrati solo episodi abbastanza contenuti, ma a causa del cambiamento climatico non si può dire esente dal rischio di fenomeni di maggiore gravità, con danni potenzialmente incalcolabili al patrimonio economico e ambientale.
“Questo nuovo piano – ha sottolineato l’assessora a montagna, parchi e forestazione, aree interne e programmazione territoriale Barbara Lori – è stato pensato nel segno della prevenzione e dell’adattamento contro i cambiamenti climatici. Sappiamo bene come anche in Emilia-Romagna lo scenario climatico stia cambiando e con l’innalzamento delle temperature, soprattutto in estate, aumenta il pericolo degli incendi. Per questo il nostro piano guarda, ad esempio, al coinvolgimento degli agricoltori, affinché siano più consapevoli nella gestione dei residui”.
Circa il 95% delle aree forestali dell’Emilia-Romagna si trova nel territorio collinare e montano, che potenzialmente è pressoché integralmente soggetto a rischio di incendi boschivi. Gli indici di boscosità risultano così differenziati: 38% nella fascia collinare, 57% nella fascia submontana, 80% nella fascia montana, mentre la pianura presenta un indice ridotto al 3%. Circa il 23% dei boschi regionali è compreso nel sistema Aree protette – Rete Natura 2000, che a sua volta risulta boscato al 45%.
La distribuzione dei boschi, tuttavia, è generalmente frammentata, con diffuse soluzioni di continuità dovute alla presenza di praterie, pascoli, incolti e qualche coltivazione, per lo più di carattere estensivo. Tali discontinuità nella copertura forestale sono più frequenti ed estese lungo la fascia collinare, mentre tendono a ridursi nella fascia montana del territorio regionale. Complessi forestali continui e accorpati di grandi dimensioni (centinaia o migliaia di ettari) sono presenti solo in alcune zone montane a ridosso del crinale appenninico.
Solo il 14% delle foreste dell’Emilia-Romagna è di proprietà pubblica, mentre il 27% ricade all’interno di aziende agricole e il restante 59% è di proprietà privata non organizzata in un contesto aziendale, altamente frazionata e priva di una gestione attiva e consapevole: condizioni che sono presupposti per un maggior rischio di incendio boschivo. Un altro elemento di criticità è rappresentato dal fatto che solo il 60% dei boschi emiliano-romagnoli ha attitudini produttive; nel rimanente 40% dei casi, invece, si tratta di boschi di protezione, su pendici molto acclivi e di problematico accesso.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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