Nel periodo 2017-2020, con la ripresa economica in Emilia-Romagna, si è registrato un miglioramento della situazione occupazionale dei cittadini stranieri (che contribuiscono al 12,1% del Pil regionale), ma la pandemia, a partire dal 2020 ha invertito la tendenza positiva. In questi anni il costante flusso non programmato di nuovi arrivi ha richiesto l’organizzazione della prima accoglienza (come nel caso dei profughi ucraini) e, contemporaneamente, si è assistito al consolidarsi di processi di stabilizzazione sul territorio regionale. I volti del fenomeno migratorio sono molteplici come emerge dalla clausola valutativa sulla legge regionale per l’integrazione sociale dei cittadini immigrati, presentata in commissione Politiche per la salute (presieduta da Ottavia Soncini) dove è stato poi approvato il “Programma 2022-2024 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri in Emilia-Romagna”.
Il programma triennale per l’integrazione è stato introdotto dalla Regione nel 2004, avendo riconosciuto come strutturale il fenomeno migratorio, e pone particolare attenzione a donne, adolescenti, minori non accompagnati, lotta alla tratta, allo sfruttamento e alle discriminazioni, salute, lavoro, scuola e formazione.
Il Sottosegretario Davide Baruffi ha spiegato: “In questi anni ci siamo trovati di fronte un quadro di forte evoluzione delle dinamiche economiche e sociali. Al 31 dicembre 2021 con 569.460 persone straniere l’Emilia-Romagna ha confermato un’importante incidenza sulla propria popolazione. Tuttavia, il flusso di ingressi è cresciuto ma è cresciuto sempre meno. Chi arriva qui porta un progetto di vita ed è sempre più positivo l’apporto alla ricchezza della regione. Gli occupati stranieri risultano il 13,1% pur con una battuta d’arresto per le donne impiegate. Col nuovo piano triennale abbiamo programmato interventi per la coesione all’altezza delle nuove sfide coinvolgendo diversi servizi in Regione, oltre agli enti locali e al terzo settore. Le principali linee di intervento riguardano: politiche abitative politiche sociali, salute, scuola e formazione, promozione fra generi e generazioni, lotta alla violenza di genere, mobilità e gestione dei flussi emergenziali, promozione dell’autonomia, accesso ai servizi digitali e alle prestazioni”.
Per Daniele Marchetti (Lega): “La clausola valutativa ci consegna un quadro non proprio roseo. Per quanto riguarda il lavoro, emerge un aumento dell’incidenza delle attività straniere sulle imprese attive ma dimentichiamo di esaminare la vita media delle stesse attività: molte attività commerciali chiudono e riaprono con cambi di intestazione frequenti e non possiamo non tenerlo in considerazione. E poi: che impatto anno sui bilanci regionali i servizi sociali, gli alloggi popolari e i servizi sanitari per la popolazione straniera? Sono dati che dovremmo tenere in considerazione”.
Francesca Maletti (Partito Democratico) ha aggiunto: “Un nuovo programma triennale è importante perché la clausola valutativa mette in evidenza diverse fragilità, in particolare per donne, bambini e ragazzi, per quanto riguarda lavoro e integrazione scolastica. Verificare quali sono le comunità che hanno saputo fare rete e quali no diventa fondamentale per il nuovo programma. Dobbiamo dare risposte efficaci perché dopo il Covid siamo tutti chiamati a riprogettare le nostre comunità”.
Marta Evangelisti (Fratelli d’Italia) ha sottolineato: “Ci sono aspetti che vanno approfonditi come i dati sull’occupazione femminile e sui minori presi in carico, che in alcuni casi presentano problemi socio-educativi e relazionali. Altro elemento da approfondire: i criteri di assegnazione degli alloggi Erp, in crescita soprattutto tra la popolazione straniera. Infine, la comprensione linguistica: è fondamentale per l’inclusione”.
Federico Alessandro Amico (ERCoraggiosa) ha commentato: “Il sistema italiano è inadeguato sia dal punto di vista legislativo che regolamentare per porre le condizioni ad una migrazione regolare. Questa carenza si riverbera anche sul territorio regionale. Positivo il programma triennale ma rimangono elementi critici: i minori nati in Italia che acquisiscono la cittadinanza al compimento del 18° anno di età sono frutto di esclusione che contribuisce a fenomeni di marginalità”.
Valentina Stragliati (Lega) ha rimarcato: “Ci sono ancora diverse criticità: tanti bambini stranieri nelle classi creano difficoltà ad integrarsi e serve porre più attenzione sulle baby gang, composte per la maggior parte da giovani stranieri. Altro dato, nelle carceri italiane la presenza di stranieri è significativa. Abbiamo dato prova di essere una regione inclusiva ma rispetto alle problematiche dobbiamo attivare iniziative che garantiscono una buona integrazione e il rispetto delle regole”.
Per Lia Montalti (Pd): “Per le seconde generazioni la cultura di riferimento è quella italiana ed è assurdo che ancora non si possano chiamare italiani. Il tema delle seconde generazioni è importante per il futuro delle nostre comunità. Attraverso un salto culturale possiamo dare risposte all’Emilia-Romagna”.
Per Francesca Marchetti (Pd): “Quando parliamo di scuola siamo di fronte a questioni fondamentali perché il successo formativo ha un valore aggiuntivo nei processi di integrazione. La scuola rimane il luogo privilegiato per il senso di appartenenza. Infine, non va fatta una semplificazione sul tema delle baby gang”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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