Si chiama “Il Teatro della Gente – Da Farinelli a Wagner “(Calamaro Edizioni) l’ultima “fatica” di Cristiano Cremonini – per tutti, il Tenore Cris La Torre – già autore di pubblicazioni di poesia, di narrativa e di storia del melodramma italiano.
Un libro sulla storia del Teatro Comunale di Bologna, raccontato attraverso i suoi protagonisti: persone, eventi e fatti del primo teatro pubblico d’Italia, dalla sua nascita all’Ottocento.
Il suo terzo “acuto scritto”, come lo definisce ironicamente lui stesso, facendo un rapido parallelismo con le precedenti pubblicazioni.
<<Un moto campanilistico, un bisogno impellente, proprio come quando scappa la pipì (per citare Anna Marchesini) scaturito in occasione del 150° dall’approdo della musica di Wagner in Italia grazie alla mia città, Bologna. Non potevo non tornare sui miei passi (lirici) alla vigilia di questa importante ricorrenza. Così ho deciso di dedicare i mesi estivi alla stesura del progetto, che ho volutamente interrotto nel 1876, anno dell’unico breve soggiorno di Wagner a Bologna: due giorni documentati meticolosamente e appassionatamente dai cronisti dell’epoca>>.
Un testo pensato per tutti, appassionati e neofiti, che si prefigge di raccontare in breve ma con dovizia di dettagli, e verve tipicamente petroniana, la grande tradizione musicale legata al Teatro Comunale e a Bologna, città creativa delle arti, attraverso i protagonisti dello scenario lirico internazionale che qui hanno studiato, lavorato, soggiornato o vissuto a lungo fra Settecento e Ottocento, come Farinelli, Mozart, Rossini, Donizetti e Verdi; fino ad arrivare, appunto, a Wagner, la cui musica approda per la prima volta in Italia 150 anni fa, proprio al Comunale, influenzando, in seguito, tutti gli illustri esponenti della cosiddetta Giovane Scuola Italiana: Puccini, Mascagni, Giordano, Catalani.
E la tua prima volta, Cris, quando è stata?
<<Sono entrato per la prima volta al Teatro Comunale di Bologna all’età di 15 anni, per vedere il Sigfrido di Richard Wagner con la regia di Pier’Alli; dirigeva Peter Schneider. Ho assistito a quella rappresentazione dal loggione, come i veri melomani, dopo aver fatto giorni prima il consueto iter: code su code, e ripetuti appelli per garantirmi il posto; insomma, si poteva già dire da allora che ero pazzo per l’opera>>.
In carriera, hai debuttato con una quarantina di titoli operistici, fra cui dieci prime rappresentazioni assolute, spaziando dal repertorio settecentesco alla musica contemporanea. Collaborando con registi e direttori d’orchestra di chiara fama e ti sei esibito in alcune fra le più importanti istituzioni teatrali e concertistiche italiane ed estere.
Poi hai convertito in scrittura la tua passione per l’opera.
Quando hai deciso di “tirare la riga” e riavviare il percorso ma con un altro registro?
«Per vent’anni ho fatto il tenore d’opera, cantando in vari teatri d’Italia e d’Europa. Ma la dimensione dell’interprete cominciava a starmi stretta: sentivo una forte spinta creativa e la necessità di proporre ciò che si stava sviluppando dentro di me. E così quattro anni fa ho deciso di dare una svolta alla mia vita: ho abbandonato il palcoscenico, ma non il mondo del teatro, convertendo nella scrittura la mia passione per l’opera e abbracciando altri generi musicali».
Sei fondatore e presidente del “Progetto Cultura Teatro Guardassoni”, associazione culturale a cui si deve la riapertura dell’antico omonimo teatro bolognese, e del “Concorso lirico internazionale Città di Bologna”, prima competizione lirica del capoluogo emiliano romagnolo istituita nel 2007 e giunta alla settima edizione.
Nell’ultimo decennio si è trasformato il mercato con un’evidente ripercussione sull’industria musicale che si è dovuta adattare. Il mondo della lirica come ha reagito all’evoluzione?
<<Il problema maggiore è sempre stato quello di raggiungere le nuove generazioni. E’ da molto tempo che si cerca di incoraggiare l’ingresso nei teatri e la partecipazione dei giovani, e sono tante le attività che si sono sviluppate e organizzare in tal senso.
E’ cambiato anche il modo di comunicare la lirica. Le fondazioni si sono adeguate e hanno evoluto le loro strategie di comunicazione, diventando ovviamente anche più “social” rispetto al passato: dal momento in cui un artista entra in una produzione, viene seguito passo a passo; grazie ad un accurato lavoro, anche sul backstage, si può permettere al pubblico di conoscere il processo di costruzione dello spettacolo stesso e questo può incuriosire i giovani>>.
C’è un velo un malinconia? Ti spiace aver smesso, durante questa fase di cambiamento?
<<No, assolutamente. Il mio percorso artistico è in continua evoluzione. Quello che ho dato alla lirica e che la lirica mi ha restituito è tanto, ed è un discorso chiuso. Dopo vent’anni tondi, ora sento di dover scrivere e credo di avere tante cose da raccontare sotto ogni punto di vista. Oggi sono un buon divulgatore e, ad esempio, potrei far parte di quella schiera di figure professionali che si preoccupano di coinvolgere, in questo mondo straordinario, le nuove generazioni>>.
Sei già un promotore tra i giovani, sei l’ideatore e il direttore artistico del Premio “Giuseppe Alberghini”, volto a valorizzare e sostenere la cultura musicale tra i giovani e che tu abbia un occhio di riguardo verso la modernità e il registro della “quotidianità”, lo si percepisce anche dalle scelte adottate per redigere questo volume.
Un storia raccontata con dovizia di dettagli, aneddoti, citazioni e documenti e che – come ricorda Fulvio Macciardi, Sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, che ha curato anche la prefazione del libro, <<restituisce una storia cittadina narrata con l’ironia, il sarcasmo e la leggerezza proprie di questo territorio, che l’autore interpreta perfettamente con calibrato equilibrio, grande rispetto e devozione per la tradizione musicale della città>>.
Il volume è corredato da dodici ritratti di celebri maestri del melodramma che hai disegnato tu stesso, a china e a carboncino, copertina inclusa…
<<Sì, anziché scegliere di mettere foto antiche, ho voluto che il libro avesse un taglio attuale e quindi che fosse illustrato attraverso dei disegni. Io e il disegno siamo legati da un filo indissolubile, fin dall’infanzia. E’ forse la prima passione ad essere nata in me: papà ero architetto e mamma una professoressa di educazione artistica.
Ho cercato di creare un’opera che potesse essere fruibile anche per le nuove generazioni, includendo un taglio linguistico ironico, con riferimenti legati agli aspetti tipici della città e della gente di Bologna, che infondono da sempre quel senso di cordialità e accoglienza palpabili; capaci di conquistare tutti, stranieri inclusi. Sicuramente, ho voluto dare un taglio divulgativo: questo non è un libro scritto da un cattedratico, ma da chi ha vissuto in prima persona il mondo di cui parla. E conoscerlo attraverso chi l’ha vissuto davvero, credo ne aumenti il fascino>>.
Bologna ha visto protagoniste grandi stelle della musica, compositori, esecutori e organizzatori, che hanno reso possibile un susseguirsi di eventi e vicissitudini a volte anche impensabili. Una storia ricca – quella di questa città – e per questo, probabilmente ancora da scoprire nella sua interezza.
Dimmelo tu, quindi, perché il Teatro Comunale di Bologna si può definire il “teatro della gente”?
<<Perché appartiene a tutti. È il 1756 quando il Senato bolognese ne stipula l’atto di nascita: il “Nuovo Pubblico Teatro” viene realizzato su iniziativa del Governo cittadino, mentre tutti gli altri grandi teatri italiani erano ancora espressione di un potere assoluto.
Su progetto di Antonio Galli da Bibbiena, viene inaugurato il 14 maggio 1763 con Il trionfo di Clelia, libretto di Metastasio, musica di Gluck scritta per l’occasione: un avvenimento d’importanza nazionale che raggiunse ben 28 repliche.
La storia del teatro e della sua città s’intreccia, poi, con quella dei grandi protagonisti dello scenario lirico nazionale e internazionale, da Farinelli a Wagner (come da copertina) ed è anche grazie al Teatro Comunale di Bologna, se la sua musica è approdata a noi>>.
Ora proiettiamoci al futuro, Cris: il tuo?
«Riprendo l’attività di cantautore. Quattro anni fa pubblicai un primo cd intitolato “Tempo presente” e sto ora ultimando il secondo. Nelle sue varie forme, e nei suoi vari stili, la musica continua a rimanere al centro della mia vita. Ebbi la grossa sfortuna di perdere Michele Mondella a tre mesi dal lancio del disco. Avevamo tantissimi progetti in essere, la produzione si fermò. Fu un grosso colpo, soprattutto psicologico, perché Michele aveva questa umanità – che oggi manca più che mai nel mondo del management – che gli aveva permesso d’inquadrarmi, di conoscermi nel profondo, di capire bene che persona fossi e anche come “usare” quegli aspetti, quelle attitudini naturali e altruistiche per presentarmi. Stiamo quindi lavorando per creare un bel progetto che includerà anche dei tributi. Farà parte del progetto, sicuramente la canzone per Lucio (“Dalla finestra di Lucio”), ormai scritta due anni fa con Ricky Portera; e confluirà nell’album anche l’ultimo singolo, “Fidati dei tuoi sogni”; ma ritroverete anche altri tributi a cantautori importanti della musica italiana. Ti posso dire in anteprima, che ci sarà anche un omaggio a Fabrizio De Andrè, per me da sempre un punto di riferimento. Un brano di protesta, come del resto erano i suoi; una dedica sincera, in cui credo di poter dire di aver messo la giusta ironia pungente>>.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]