Cgil, Cisl e Uil dell’Emilia-Romagna hanno promosso per la giornata di mercoledì primo dicembre una mobilitazione regionale a Bologna per protestare contro la legge di bilancio del governo, una manovra giudicata “inadeguata” dai sindacati confederali emiliano-romagnoli.
La manifestazione (con diretta streaming sulle pagine Facebook delle tre sigle sindacali regionali) è in programma in piazza dell’Unità, in un’area transennata alla quale sarà possibile accedere solo con mascherina e green pass: a partire dalle 10 si alterneranno gli interventi di delegati e delegate, con le conclusioni affidate al segretario nazionale della Uil Domenico Proietti.
L’iniziativa, organizzata nel solco di una mobilitazione nazionale che ha già toccato diverse regioni e che arriva al termine di una campagna capillare di assemblee sui territori, assume ancora più importanza dopo la fumata nera dell’incontro di lunedì scorso al Ministero dell’economia tra governo e parti sociali: Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto al premier Draghi importanti correttivi su pensioni, fisco, lavoro, sviluppo e welfare rispetto alla manovra che si sta delineando, ma secondo i sindacati il confronto non ha prodotto alcun passo in avanti, lasciando chiusa ogni possibilità di trattativa.
“Se non dovessero arrivare risposte metteremo in campo tutte le iniziative che il sindacato conosce”, hanno annunciato i segretari generali Luigi Giove (Cgil Emilia-Romagna), Filippo Pieri (Cisl Emilia-Romagna) e Giuliano Zignani (Uil Emilia-Romagna).
“Dopo anni di sacrifici si poteva sfruttare questa manovra per ridurre le disuguaglianze sociali, di reddito, di genere, generazionali e territoriali”, ha attaccato Giove: “Invece i soldi pubblici verranno impiegati per ampliare le distanze e le ingiustizie. A partire dalla riforma fiscale, che si rivolge al maschio adulto e bianco e va contro i giovani e le donne, che hanno i redditi mediamente più bassi. Mentre non sappiamo che fine abbia fatto il decreto sulle delocalizzazioni, che serve a mettere un freno all’idea predatoria di alcune imprese, vedi il caso Saga Coffee di Gaggio Montano”.
“Assistiamo, e non da oggi, a un irrigidimento nel dialogo con le parti sociali”, ha aggiunto Pieri: “Anche sulle pensioni abbiamo la sensazione che il governo non abbia capito quale sia la situazione attuale. Ci sono persone che hanno lavorato decine di anni e faticano a continuare a lavorare in luoghi spesso non sicuri e poco accoglienti. Per questo la nostra proposta è semplice: andare in pensione a 62 anni o 41 anni di contributi, lasciando libertà al singolo di poter decidere cosa fare della propria vita”.
Secondo Zignani, infine, “abbiamo una visione del Paese diversa da quella neoliberista del governo. Sulla sanità siamo fortemente preoccupati, rischiamo di trovarci nel 2022 con altri tagli di posti letto e un aumento della tassazione locale. Serve quindi una maggiore ripartizione delle risorse centro-periferia, perché non vorremmo avvicinarci sempre più al modello sanitario della Lombardia. Noi rappresentiamo i cittadini che si curano attraverso la sanità pubblica, non quella privata”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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