Può la destra vincere a Reggio Emilia per la prima volta dopo oltre settant’anni di vita repubblicana? Può farlo in una città medaglia d’oro della Resistenza, controllata dal Pci dal secondo dopoguerra sino al crollo del blocco sovietico e oltre, nel sue varie reincarnazioni? E ciò può accadere dove l’incontro tra le istanze più nobili e avanzate del cattolicesimo democratico si sono frammiste, seppure con qualche frizione, a un consolidato filone di riformismo di sinistra all’emiliana capace di governare, quasi sempre con buoni risultati, quel pezzo di terra che lungo l’asse della via Emilia collega Milano al mare Adriatico?
Sì. La destra, questa volta, può vincere. Ma affinché ciò accada non sarà sufficiente restarsene accucciati sull’onda lunga e sinora vincente di Matteo Salvini e del suo populismo grezzo, populista e securitario. A Reggio serve qualcosa in più. E quel qualcosa si chiama candidato (o candidata) giusto.
Per ora in campo c’è solo Luca Vecchi, sindaco in carica, erede della lunga tradizione di centrosinistra che ha governato sin qui le città emiliane e per prima Reggio. La sua riconferma è complicata a prescindere dai risultati, spesso positivi, raggiunti durante il primo mandato. La crisi devastante che ha spezzato il Pd e, più in generale, l’incapacità del centrosinistra di riunificarsi in un progetto culturale, sociale, antropologico ancor prima che politico-elettorale investono i singoli candidati di missioni spesso superiori alle loro proprie forze.
Eppure la voglia del “change” che si respira in città non ha ancora trovato quella scintilla necessaria per trasformarsi in passione e voglia di vincere. Lega e alleati stanno perdendo tempo. Hanno altre priorità, certo. Ma la prima regola che qualsiasi spin insegna all’aspirante candidato ha un solo nome: popolarità. E ogni giorno che passa senza che gli sfidanti abbiano un nome da contrapporre a Vecchi (il quale, oltre a essere già largamente conosciuto, sfrutta il vantaggio delle migliaia di persone che incontra fisicamente ogni settimana per ragioni istituzionali o amministrative) è un giorno perso per alzare il margine di popolarità del candidato alternativo.
Si obietterà: la Lega, come d’altronde i 5Stelle, hanno eletto in passato al Parlamento perfetti sconosciuti. Verissimo. Ma le elezioni locali sono altro. La tua città è altro. Il sindaco (o la sindaca) lo puoi vedere, ascoltare, dialogare di persona. Il sindaco si occupa di casa tua. Non a caso, se qualcosa non va, gliene dai la colpa.
Alla Lega non basta un candidato purchessia. Per prima cosa deve arrivare al ballottaggio – e credo vi riesca, perché i 5Stelle scontano il prezzo della solitudine e perché l’esplosione di un mare di liste e listini civiche disperderà una parte di voti verso amici, cugini, compagni di scuola e compagnia bella, penalizzando il voto al candidato grillino. Poi, al probabile ballottaggio, se la dovrà vedere con Vecchi.
E qui si apriranno due settimane di allegra tregenda. Il voto 5Stelle si dividerà in tre: ampia astensione, voto al leghista per voglia di cambiamento, voto a Vecchi a naso turato pensando ai nonni, alla famiglia e ai partigiani.
Ma l’anti-Vecchi, chi sarà? L’asse decisionale tocca due sole persone: Gianluca Vinci e, sopra, Salvini stesso. Può essere che il capo della Lega scavalchi il segretario emiliano e si faccia consigliare da altri. Non è escluso, anche se verosimilmente non lo sapremo mai.
In ogni caso, l’identikit è pronto.
Il candidato potenzialmente vincente sarebbe maschio, reggiano doc, testa quadra, curriculum da piccolo-medio imprenditore o da professionista di buona levatura, in grado non solo di polemizzare ma capace di ragionare soprattutto di economia, di tasse, di fisco.
Non è sulle pulsioni xenofobe o addirittura razziste che la Lega può vincere qui. Assolutamente no. Qui può vincere una Lega con la testa quadra, appunto: localista, concreta, razionale, non troppo aggressiva, ma capace di ragionare come ragionano i reggiani. Senza grilli per la testa.
Con Lega e 5stelle che corrono separati( e non può essere altrimenti) dipenderà tutto dalla scelta dei candidati, e nel caso di candidati di buon livello neppure il ballottaggio di Vecchi è scontato, anzi.
Traducendo il pezzo: i reggiani sono abitudinari e privi di fantasia.