Il leggero rallentamento della curva dei contagi muove il governo a ipotizzare una tregua in vista del Natale. Si tratterebbe di una decina di giorni “free”, a ridosso della festa della Natività, nei quali verrebbero riaperti tutti i negozi e ampliata la fascia oraria fino alle 22. È una mossa che piacerebbe a una parte del governo, anzitutto al premier Conte, per riuscire a far digerire meglio agli italiani questo lungo periodo di riposo obbligato e di chiusure forzate, con evidenti riflessi su reddito e investimenti.
Esiste nell’esecutivo un’area meno incline alla distensione rappresentata dai ministri Speranza e Franceschini, i quali da tempo invocano misure rigoriste per evitare il peggio. La loro posizione è basata sulle analisi del Cts, le quali confermano la dinamica compresa ormai da tutti: più si sta a casa e meno il virus si diffonde, mentre a ogni allentamento corrisponde una crescita dei contagi.
La discussione sul cenone natalizio ha nel frattempo raggiunto livelli che sarebbero comici se non ci si trovasse in una situazione di emergenza. Davvero il principale problema degli italiani consiste nel non farsi mancare la festa, i parenti, il panettone e lo spumante? E si avverte perfino il bisogno di farsi dire dal governo come ci si regoli in materia di baci, abbracci e intimità?
Gli italiani di oggi, o meglio una larga parte di essi, sembrano essere tornati bambini perché intimoriti dal timore di ammalarsi e addirittura di morire. Hanno bisogno di sicurezze, e le sicurezze si ritrovano soprattutto nel recupero della tradizione.
Per questo si discute parossisticamente del Natale, la festa tradizionale per eccellenza. E ciò riesce bene a un presidente del Consiglio sbucato dal nulla ma evidentemente condizionato dalle proprie origini e amante del paternalismo come atteggiamento psicologico nel rapporto con i cittadini.
In questa logica sconcertante va ricordato che dopo il Natale viene il Capodanno e con esso una sorta di “liberi tutti” nei comportamenti sociali. Se non viene fatta passare adeguatamente la regola dello stare a casa, il rischio che in molte città si festeggi il Capodanno per le strade, alla faccia del divieto di assembramenti e di mascherine, diventa altissimo.
Dieci giorni per lo shopping, il cenone di Natale, la festa di Capodanno: se il calendario è questo – i virologi ci hanno già avvertito – sarà inevitabile una terza ondata di attacco pandemico tra gennaio e febbraio. Considerati i picchi influenzali stagionali e le possibili complicazioni diagnostiche possiamo mettere in conto nuove difficoltà nella gestione della domanda sanitaria. Viene da chiedersi: ne vale la pena?
A mio avviso, no. Rischiare di compiere considerevoli passi indietro nella difesa dal virus mi sembra un’assurdità. Mi sembra grave la non comprensione dell’eccezionalità storica della fase che stiamo attraversando. Non solo a casa nostra: in tutto il mondo o quasi.
Anche se presto arriveranno vaccini, ed è previsto che il 2021 possa essere l’anno buono, è chiaro che non ci libereremo facilmente della pandemia. Con il Covid dovremo convivere forse per sempre. Una volta neutralizzati gli effetti più gravi potremo rilassarci, ma bisognerà continuare a prestare attenzione e quindi abituarsi a nuovi stili di vita.
Entro la fine del 2021 potremo essere vaccinati, chi lo vorrà, mentre chi non lo vorrà forse potrà essere additato come untore negazionista. Nel cambio degli stili di vita ci sarà anche questo, e sarà un problema in più da affrontare.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]