Il Mincio e l’abbraccio al grande Po.
Governolo, centro della verdissima pianura mantovana dove la quotidianità della vita è ancora, in qualche modo legata alla forza e all’eleganza dei due fiumi.
Lino Lebovitz, di antiche origini cecoslovacche, scorrazzava con il suo carro a cavallo i cascinali della zona. Lo conoscevano tutti. E tutti lo amavano.
Quando arrivava lui era un momento di festa capace di allietare le dure e infinite giornate a lavorare i campi.
Portava con sé il Lambrusco accompagnato al suo caldo sorriso.
Lambrusco perfetto per sgrassare quei piatti super calorici della tradizione contadina mantovana in grado di garantire forza ed energie per il duro lavoro.
Una benzina del sorriso a cui nessuno sapeva e voleva più rinunciare. Dalla miseria della fine della Seconda guerra mondiale, piano piano, Lebovitz, quella parola così lontana dai cognomi locali, è diventata per tutti sinonimo di vino di grande qualità ma allo stesso tempo accessibile a tutti.
“Fare vino buono però”. Il fondamento principale.
Una sorta di missione sociale per aiutare la comunità locale a trovare in quel bicchiere di vino un attimo di spensieratezza.
Fondamento che diventerà poi pilastro per l’apertura della Cantina da parte del figlio Luigi nel 1951.
Dare al Lambrusco mantovano una sua personalità puntando all’eccellenza attraverso lo studio di nuove tecniche di vinificazione.
Negli anni 80 e 90 farà la differenza la dottrina e la sperimentazione del figlio Gianni, enologo con formazione professionale presso la prestigiosa scuola di Conegliano Veneto, lavoro poi proseguito dal nipote Paolo Zamboni che attualmente gestisce la produzione.
Arrivano premi e riconoscimenti prestigiosi a livello nazionale. L’azienda è lanciata nella sperimentazione ma allo stesso tempo fortemente ancorata alla tradizione.
Rosso dei Concari è la sintesi. Con il mix di uvaggi di Viadanese, Maestri e Marani si ottiene un rosso rubino carico con spuma molto intensa. Confezionato in una bottiglia importante ed estremamente elegante, risulta un vero omaggio agli antichi lavoratori della conca di Governolo, costruita nel 1609 dall’ingegner Bertazzolo per il collegamento della città di Mantova con il fiume Po.
Fin dai tempi dei Romani venivano chiamate con il nome Lambrusca Vitis le viti selvatiche (ruscus) che crescevano ai margini (lambrum) dei compi coltivati.
Tradizioni molto profonde che le Cantine Lebovitz hanno saputo conservare ed evolvere. La comunità mantovana ha esaltato questi prodotti facendoli entrare nella loro quotidianità. “A vot bèar un vin bun? Eco Al Scagarün”. Il nome deriva dal dialetto parlato dai contadini di una volta e sta ad indicare il vino molto scuro, al punto da lasciare profondamente macchiate le tovaglie se versato per sbaglio sul tavolo.
Ed eccolo Lebovitz ai giorni nostri, nei giorni del digitale.
Quel Lambrusco inconfondibile quasi nato apposta per sposarsi coi piatti della tradizione mantovana come risotti, tortelli e agnoli.
Profumi, aromi e abbinamenti perfetti al palato da provare a trasmettere con il web.
E il web ha divulgato in maniera esponenziale le peculiarità dei vini Lebovitz fino a divenire popolari anche in Usa ed ora anche nei mercati orientali.
A guidare con grande successo l’evoluzione marketing digitale della cantina, c’è da qualche anno Davide figlio di Gianni. È ingegnere. E come ingegnere ha dato alla cantina processi produttivi innovativi e un marketing capace di raccontare il cuore del vino. Quasi un milione di bottiglie vendute all’anno e un trend in grande crescita soprattutto in Canada, Giappone e Stati Uniti.
E i trend del mercato si seguono anche per la famiglia Lebovitz. Ma sempre con il rispetto della tradizione e dei principali parametri di qualità. Il Rosè è l’ultimo ingresso nella famiglia. Da uvaggio 100% Sorbora è uno spumante con un bellissimo vestito rosa con profumi unici di violetta, rosa canina e glicine.
Un aperitivo, che sorseggio insieme a Davide nel suo ufficio a Governolo accerchiato da foto ingiallite, bottiglie, premi e tanti ricordi. Sorseggiando quella spuma rosata leggermente rumorosa, disquisendo di come attraverso il web marketing quel calesse carico di buon lambrusco Lebovitz, di quasi cento anni fa, possa tornare a mettersi in moto questa volta per le vie della Seta.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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