I SickTeens si raccontano: così il lockdown ci ha portati a XFactor

Sickteens

Giovanissimi e bravissimi, ma (solo per il momento…) ancora poco noti. Sono i SickTeens, la band reggiana che ha conquistato la fase finale (gli ambitissimi live, che inizieranno giovedì 26 ottobre) di XFactor 2023.

Alex (Alessandro Ruzza, ex studente dell’iti Nobili) il frontman, Rick (Riccardo Bertani) il batterista e Gonza (Francesco Gonzaga) sono nati tutti nel 2003 e si conosco fin dai tempi delle medie. Hanno iniziato a suonare e cantare da piccoli, per strade diverse che a volte si incrociavano, ma è stata la pandemia a far nascere i SickTeens: “Durante il lockdown invece abbiamo sentito la necessità di fare qualcosa e lavorare insieme a qualcosa di nuovo. Il nome rispecchia anche quello che vogliamo fare e arriva dal modo in cui ci sentivamo durante quel periodo: “gioventù malata”. Durante il Covid ci siamo sentiti più stretti, più chiusi, più “malati” in testa, volevamo fare i pazzi”.

Durante quelle difficili settimane, a unirli è stata anche la chat creata dal titolo “I film di sera”: “Commentavamo i film che guardavamo in contemporanea, ognuno a casa sua – hanno raccontato – Dal guardare i film siamo passati a diverse stesure di testi. Poi c’è stato quel mese in cui eravamo in zona gialla e ci siamo incontrati e abbiamo registrato uno dei nostri primi video freestyle. È stato strano rivedersi dopo quattro mesi: la cosa bella è stata vedersi già diversi dopo quel poco tempo, era come vedere persone nuove. Da quella sera e da quel video è nata l’idea di fare un disco insieme”.

Facevano sport, come quasi tutti i ragazzi, ma l’hanno abbandonato, perché la musica – se fatta seriamente – richiede tempo. “Non smetteremo di fare musica e non rinunceremo al tempo che vogliamo dedicarle per una relazione d’amore. E forse questo, cioè che nessuno riesce a distoglierci dalla musica, dipende soprattutto dal fatto che siamo amici che si conoscono da tutta la vita E questo è il cuore della nostra band – hanno detto – Abbiamo sempre avuto persone che sono entrate in studio con noi, che stavano lì mentre facevamo musica, sapendo che poi, una volta finito, sarebbe venuto il tempo di uscire, e non il contrario. Se non fosse stato così quelle persone non sarebbero state lì. E comunque è molto importante avere persone attorno perché sono fonte d’ispirazione, ti danno qualcosa da raccontare”.

Come tanti altri artisti, hanno frequentato anche loro la SD Factory, lo spazio di formazione a linguaggi espressivi e di produzione creativa under 35 realizzato in via Brigata Reggio dal Comune in collaborazione con la Regione e il centro sociale Giovanni XXIII. Proprio il sito di SD Factory permette di conoscere di più i tre musicisti, a partire dalle loro auto-presentazioni, nonché di vederli agli esordi nelle foto che corredano questo articolo.

Alex (Alessandro Ruzza) il frontman

“Io ho iniziato molto presto, vengo da una famiglia di musicisti: mio padre era nella banda dell’esercito e ha fatto il conservatorio. Mi ha trasmesso la passione per il cantare: ho toccato anche vari strumenti ma non mi sono sentito appassionato come per la voce. Mi ha sempre portato in giro per i suoi concerti, da piccolo. Poi ho iniziato a studiare a otto anni ma ho smesso subito, a dieci, e da lì il percorso è stato più semplice, per certi versi: ho incontrato dei ragazzi nella zona in cui abitavo che mi hanno detto: “Tu da oggi fai freestyle con noi”, così senza una motivazione, ma sono andato ed è stato così che ho iniziato. Vengo dal rap e dal pop-rock e la mia scuola di musica sono stati i campetti e i parchi. Alle medie non avevo ancora una concezione ampia di musica e mi focalizzavo solo sul rap, ma mi sono subito concentrato sullo scrivere: poesie, in italiano, su di me, su come mi sentivo. Poi ho smesso di fare freestyle perché i ragazzi con cui rappavo se ne sono andati, e ho iniziato a scrivere testi interi, ed è stato in quel periodo che ho capito che era una cosa che mi piaceva fare, che sapevo fare e che avrei voluto fare. Ho iniziato quindi a dedicarci tutto il tempo che avevo. L’arrivo al pop punk è stato il passo finale: mi sono sempre piaciute chitarre e melodie. Ci siamo chiusi in montagna con Gonza qualche giorno, senza linea, telefono, niente, solo suonare ed è nato un progetto emo-trap. E poi, dopo un po’, abbiamo sentito esigenza di aggiungere una batteria vera, perché fino a quel momento le avevamo usate solo digitali”.

Gonza (Francesco Gonzaga) il chitarrista

“Quando ci siamo conosciuti, alle medie, probabilmente non ascoltavo neanche musica, però mio fratello aveva comprato una tastiera, una di quelle con cui si inizia, e casualmente ho iniziato a suonarla. Ho iniziato con la musica classica e il pianoforte, mi interessavano solfeggio e armonia, ho studiato per cinque anni.

A un certo punto mi sono chiesto se non fosse più divertente suonare la chitarra elettrica e così  è iniziato anche il discorso delle produzioni, casualmente, quando ho scaricato alcuni programmi sul pc e abbiamo iniziato a fare delle prove”.

Rick (Riccardo Bertani) il batterista

“Ho iniziato molto presto con la batteria; mio padre mi ha sempre spinto a fare lezione di musica, forse perché l’ha sempre voluto fare lui, e mi ha sempre detto: “Fidati che un giorno non te ne pentirai”. Dopo aver provato vari strumenti, alla scuola di musica di Canali, ho provato la batteria, che sentivo passare attraverso ogni muro con la sua confusione. E da quel momento son partito e non ho mai più smesso, vado a lezione tutt’ora alla Drum Professional School del quartiere Orologio”.

Molto interessanti anche altri passaggi dell’intervista.

I talent? Sì, ma valutando “a che costo”

“Alcune settimane fa siamo andati a Milano per parlare con una giovane etichetta che è interessata al nostro lavoro e ci ha contattato per un pezzo che abbiamo fatto in inglese, che si chiama Sometimes, che segue il filone del pop-punk. Nel caso in cui ci indirizzassero verso i talent, noi valuteremo “a che costo”, perché ci teniamo a mantenere la nostra integrità anche di linea di pensiero”.

Le origini e i modelli

“Alcuni ci definiscono vicini alla nuova era pop-punk che sta nascendo adesso in America. Veniamo da background diversi: musica classica, rap e rock anni Settanta. Questo secondo me ci ha aiutato un sacco, è un arricchimento reciproco totale. A volte siamo anche in contrasto ovviamente, ma alla fine nasce sempre qualcosa”.