«Viviamo le nostre piccole vite, nella nostra piccola città, e abbiamo paura, di tutto, e quel tutto lo definiamo come la crisi. “Cosa possiamo fare? Chi si ricorderà di noi, che cosa resterà del nostro passaggio qui, se non l’amore, quello stesso amore che a volte non abbiamo avuto e non abbiamo mai conosciuto, e quel nostro straordinario desiderio di vivere, nonostante tutto?”».
Riflessioni di uno dei personaggi del romanzo di Marco Truzzi che – insieme ad un’altra affermazione, dal retrogusto vagamente nichilista, espressa da un altro personaggio in un contesto simile ma con un esito diverso: «Tutto questo tempo. Per Niente» – sono la cifra esistenziale, fin dal titolo, che caratterizza il romanzo dell’autore correggese.
Truzzi è un “narratore della pianura”. Racconta di vite normali, ma per certi aspetti straordinarie, consumate a Cogrosso, un paese immaginario, che il lettore di “queste parti” (il reggiano) non farà fatica a identificare. Entreremo nella famiglia Cantagalli con Luciano e Ninni e i figli, di carattere opposto, Leonardo e Roberto, e la moglie Elena; conosceremo l’immigrato “terrone” Salvatore La Mantica e i giovani sposi, cioè accompagnati, Alessandro Verrocchi e Camilla.
La calura, la nebbia, l’umidità di questa terra, che somiglia moltissimo alla pianura emiliana, avvolgono i personaggi principali a cui l’autore dedica a ciascuno di essi un capitolo, le cui vite si incrociano, insieme a diversi comprimari, nello sviluppo della trama.
La scrittura ha un andamento lento e malinconico, procede senza scossoni tanto nelle gioie quanto nelle tragedie avvenute o solo annunciate. Una malinconia, però, che rimane, forse, un po’ attaccata all’autore piuttosto che ai personaggi puntigliosamente scandagliati nel loro rapporto col mondo e con sé stessi. Ognuno fa il conto con la propria vita.
In Luciano Cantagalli, socio con Gregorio Carugati, nella ditta meccanica Cantagalli&Carugati, ritroviamo l’Heimat di “questa” pianura fatta di lavoro, di intraprendenza e di etica, intaccata solo dalla crisi economica, un agente importante che percorre minaccioso il romanzo, in cui trova eco anche l’epopea della Resistenza. In Salvatore La Mantica, arrivato dal Sud, e con l’intraprendenza dettata anche dal volontà di essere “accettato” nella nuova comunità, fonda l’impresa Edila2000, anch’essa aggredita dalla crisi e dalla mancanza del certificato antimafia. Roberto, impegnato nell’impresa del padre, percorso da un’insoddisfazione rugginosa, in crisi con la moglie Elena, in cerca di compensazioni affettive. Ninni, cattolica e sostanzialmente “pura”, frequenta la chiesa e non capisce perché i due nipoti, figli di Roberto ed Elena, non frequentino il catechismo. E Leonardo, inseguito dal sospetto di omosessualità, frequenta la chiesa e cerca ancora un posto nel mondo. E forse lo troverà in un amore soffiato dal fato fin davanti la sua porta.
Alessandro e Camilla, sono la nuova “classe operaia” degli anni 10 del XXI secolo, lui lavora come magazziniere alla Cantagalli&Carugati, lei in un Iper. Rabbia, in lui, dovuta alla vita lavorativa divenuta improvvisamente precaria che metaforicamente si scontra con l’arredamento in okite, un materiale praticamente inscalfibile, acquistato da Garbanotti Arredamenti, quando «ancora ci credeva in qualcosa, nell’amore, nel futuro, nel mondo, nella giustizia, almeno un po’», pronto, però, a difendere «quella dannata superficie in okite, a tutti i costi, come se fosse l’ultimo fronte, la Linea Gotica della sua dignità».
Camilla, invece, ci crede nell’amore, nel futuro, nel mondo, anche se non lo sa, o lo sa senza saperlo, dovrà scoprirlo.
(Marco Truzzi, I segni sulla terra, Arkadia, 2022, pp. 220, 16 euro. Recensione di Glauco Bertani).
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]