History. L’ultimo incontro tra Mussolini e Nenni

nenni

L’anno 1922 resta nella storia d’Italia come una data importante per molti motivi. Innanzitutto nel mese d’ottobre i fascisti danna vita alla marcia su Roma e Mussolini riceve l’incarico dal re di formare un nuovo governo. Da quel momento ha definitivamente fine lo stato liberale postrisorgimentale.
Il paese è dilaniato dalla violenza, il sangue scorre nelle strade e gli omicidi non si contano ormai più. Il contesto europeo non certo più roseo.
In Russia Lenin è al potere e la “violenza rivoluzionaria” regna sovrana, l’economia dei paesi usciti sconfitti dal primo conflitto mondiale è a pezzi e le popolazioni sono alla fame a causa delle sanzioni imposte dai vincitori, che a loro volta non sanno come rimediare all’errore fatto.
I partiti socialisti europei sono a loro volta profondamente divisi al loro interno e non riescono ad impedire la nascita dei vari partiti comunisti abbagliati dalla luce di Mosca.
Questo ovviamente vale anche per quello italiano che nel gennaio 1921 a Livorno subisce la ennesima scissione e la nascita del Partito comunista d’Italia di Bordiga, Gramsci e Bombacci.
Il clima politico in Europa non può essere dunque più cupo e preoccupante. Poiché la ricostruzione economica europea appare decisiva per tutti, vincitori e vinti, su iniziativa del Primo ministro britannico David LIoyd George e del Presidente del consiglio francese Aristide Briand, la cui politica estera di riconciliazione è fortemente avversata da larga parte del parlamento e dallo stesso Presidente della Repubblica Millerand, è convocata una Conferenza internazionale per ridurre e/o dilazionare i debiti di guerra della Germania, impossibilitata a onorarli.
Due giornalisti speciali seguono i lavori della Conferenza. Sono Benito Mussolini per Il Popolo d’Italia e Pietro Nenni per l’Avanti!. Entrambi romagnoli, in gioventù hanno condiviso lotte, arresti e prigionia, pur essendo uno socialista e l’altro repubblicano. Ora si ritrovano su sponde politiche opposte e inconciliabili. I due infatti hanno avuto un percorso politico che si è sviluppato in direzione contraria.
Mussolini, dopo essere stato direttore dell’Avanti! e padrone del PSI, ora è il duce del fascismo, Pietro Nenni invece è arrivato al socialismo preveniente dal partito repubblicano. In sostanza, mentre il primo era uscito dal PSI perché cacciato per tradimento, avendo abbracciato la causa dell’interventismo, il secondo a compimento di una maturazione politica sofferta ma convinta, pur essendo stato un interventista, aveva scelto il socialismo.
Ora a Cannes, diventata dal 6 al 13 gennaio 1922, capitale d’Europa, ci sono tutti. Primi ministri, alti funzionari di Stato, ambasciatori, il premier italiano Ivanoe Bonomi e quello belga, tutti s’incontrano sulla passeggiata della Croisette, che il mite inverno della Costa Azzurra rende piacevole. I protagonisti della Conferenza si salutano, parlano tra loro, cercano soluzioni ai punti più delicati in discussione, cercando sempre d’evitare fotografi e giornalisti venuti da tutta Europa e che ora assediano l’ingresso del Circolo nautico, dove, si tiene la Conferenza. Le notizie che giungono da Parigi parlano però di crisi imminente del governo Briand. Non è cero un segno d’incoraggiamento per nessuno.
A ora tarda, i pochi passanti vedono due uomini parlare animatamente tra loro ma ignorando la loro identità, guardano e passano indifferenti. Tra pochi mesi invece ne sentiranno a lungo parlare. Il destino mette i due nottambuli per la prima volta l’uno di fronte all’altro. In gioco vi è il futuro dell’Italia, che ormai è dilaniata da una guerra civile crudele e sanguinosa. Sarà Nenni stesso a ricordare quanto accadde quella notte nel suo libro “Venti anni di fascismo”, pubblicato per l’Ed, Avanti! nel 1965.
La discussione si fa serrata.
M. “La guerra civile è stata una tragica necessità. Ne assumo la responsabilità. Si doveva spezzare la minaccia bolscevica, salvare la vittoria nel conflitto mondiale”.
N. “Sei diventato strumento delle classi che considerano bolscevismo il diritto dei lavoratori a organizzarsi per la difesa dei loro interessi e per la conquista del potere”.
M. “Non ignoro nulla dei sentimenti e dei risultati delle classi alle quali ti riferisci. Non sono il loro strumento. Ho anche esortato a fuggire dal cerchio sanguinoso della violenza. Quando ho parlato di pace mi si è riso in faccia”.
N. “Il tuo individualismo ti mette fuori carreggiata. Ignoro che cosa diverrai, ma sono sicuro che tutto quello che farai sarà bollato dal ferro bollente dell’arbitrio, perché ti manca il sentimento della giustizia. La pace che tu offri ai miei compagni comporterebbe la rinuncia ai loro ideali. E poi dimentichi i morti, dimentichi che sei stato il capo del Partito socialista, dimentichi che gli operai sui quali s’avventano le tue camice nere erano diventati socialisti al tuo appello”.
M. “So che i morti pesano. Spesso penso al mio passato con profonda malinconia. Ma non ci sono solo le poche decise di morti della guerra civile. Ci sono le centinaia di migliaia di morti della guerra. Anche questi bisogna difenderli.
N. “Il proletariato contro il quale dirigi l’offensiva difende i morti lottando contro la guerra”.
La discussione dura fino all’alba, facendosi sempre più aspra.
M. “Bisogna che i tuoi amici lo comprendano. Sono pronto alla guerra, come alla pace”.
N. “Non puoi più scegliere. Non ti è concesso”.
M. “In questo caso sarà la guerra”.
I due ex amici non hanno più nulla da dirsi e prendono direzioni diverse. Non si vedranno mai più. Otto mesi dopo Mussolini sarà il dittatore degli italiani. Nenni, di otto anni più giovane, si dedicherà alla causa del proletariato e alla lotta al fascismo.
Mentre il fascismo trionfa il PSI non trova di meglio che dividersi ancora una volta. Appena qualche settimana prima della “marcia su Roma”, invece di serrare le fila, i riformisti di Turati, Prampolini, Treves e Matteotti sono espulsi dalla maggioranza massimalista del partito per adeguarsi a una delle più pesanti condizioni imposte da Mosca per aderire alla Terza Internazionale. Il giorno dopo nasce il Partito socialista unitario (PSU) con segretario Giacomo Matteotti, l’incubo di Mussolini.




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