History. La donna di Prampolini

Prampolini con donna

Il 1886 rappresentò un anno particolarmente importante nella vita politica e in quella personale di Camillo Prampolini. Dopo le esperienze giornalistiche a Lo Scamiciato e alla Plebe, il 29 gennaio Prampolini fondò il settimanale La Giustizia. Nelle intenzioni del suo fondatore – direttore esso avrebbe dovuto educare i proletari e il popolo tutto alle idee di progresso, giustizia sociale e libertà, propri del socialismo. In effetti il giornale rappresentò per circa trent’anni la guida, la speranza dei sfruttati e un formidabile strumento di propaganda politica e di elevazione culturale e morale del popolo.

Lo stesso anno fu caratterizzato anche dalla decisione di iniziare la convivenza, con la giovane donna che aveva conosciuto da poco tempo e che amava profondamente. Non credendo entrambi nel valore dell’istituto matrimoniale, decisero di dare vita ad una unione civile, indifferenti alle critiche provenienti anche dai loro nuclei familiari. Tale decisione rappresentò però un chiaro, coraggioso e inequivocabile atto di ribellione nei confronti del moralismo religioso della società borghese, bigotta e reazionaria, che i compagni di fede di Prampolini apprezzarono molto.

Il loro amore fu sempre sostenuto e rafforzato da una comune fede nel socialismo e dalla esigenza di rompere gli schemi civili, etici e sociali di una società che consideravano ormai al tramonto. Purtroppo, come vedremo, quell’amore si rivelò breve e sofferto e tale da segnare profondamente e per tutta la vita l’animo di Camillo.

La ragazza che fece innamorare il padre del socialismo reggiano rispondeva al nome di Giulia Giovanna Segàla, nata il 6 agosto 1866 a Reggio, in via della Missione, dal calzolaio mantovano Giuseppe e dalla casalinga milanese Maria Mancini. La sua umile origine, dunque, la connotò come la classica donna del popolo.

Sarta di mestiere, bella, gentile e di forti convinzioni positivistiche e radicali, convisse con Camillo Prampolini in un appartamento al numero 1 di via Guidelli per circa cinque anni. Sofferente da qualche anno di tisi, Giulia, amorevolmente curata dalle sorelle di Prampolini Silvia e soprattutto Lia, per breve tempo sembrò riprendersi, riuscendo a condurre una vita quasi normale.

Nel giro di poco tempo la situazione però mutò radicalmente e ogni cura fu inutile. Perfettamente consapevole della sua condizione, decise di vivere intensamente il poco tempo a sua disposizione.

Giulia pregò pertanto il suo compagno di attenersi alla sua volontà, ignorando i consigli dei medici che consigliavano una vita di riposo, ritirata, tranquilla e lontana da ogni attività amorosa. Nel gennaio 1890, contrariamente a quanto raccomandato dall’amico e medico di famiglia dott. Del Rio, diede infatti alla luce una splendida bambina di nome Piera, detta Pierina.

Il tempo corse velocemente e Giulia morì il 29 ottobre 1891 a soli venticinque anni, rifiutando i conforti religiosi. Per Camillo fu un dolore immenso che finì per lasciarlo a lungo prostrato e incapace di proseguire l’attività politica.

Il destino volle che a causa della stessa malattia fosse morta nel 1883 anche Matilde Scandiani, la madre di Camillo.

L’aggravarsi della malattia della sua compagna aveva convinto Prampolini a diradare il suo impegno politico. Proprio in quei giorni comunicò ad Andrea Costa la sua impossibilità di allontanarsi da Reggio per recarsi al II Congresso della II Internazionale Socialista, convocato a Bruxelles per il 15 agosto 1891.

La Giustizia del 1° novembre ricordò Giulia Giovanna Segàla con un breve articolo che sottolineò che “Essa è spirata nella fede sicura del suo amore, resistendo alle paurose minacce della religione, che s’appiatta al capezzale della morte per corrompere col problema dell’eternità le coscienze prostate nell’estremo conato della vita”.

I funerali, organizzati dalla Lega socialista, furono celebrati in forma civile, rispettando il desiderio della defunta. Il corteo funebre, preceduto dalla banda cittadina, partì dalla sua abitazione, attraversò la via Emilia, piazza maggiore, via Farini, Porta castello per giungere al cimitero suburbano, dove parlarono l’avv. Cocchi, l’anticlericale signora Masoni-Spaggiari e l’anarchico Martinelli. Il corteo fu accompagnato dalle bandiere della Lega socialista, dell’Internazionale e da quelle di molti circoli.

Camillo si trovò dunque a fronteggiare uno dei periodi più difficili della sua vita. Al dolore per la perdita della sua amata compagna, si aggiunse infatti la preoccupazione di crescere la figlia di poco più di un anno e mezzo di età. Per fortuna lo coadiuvò nell’impresa la sorella Lia, che non lo abbandonò mai e seppe crescere la piccola Piera come una figlia.

L’animo sensibile e malinconico di Prampolini, già incline per natura a periodici momenti depressivi, ne soffrì molto. Solo l’affetto della figlia Pierina, delle sorelle e dei compagni furono in grado di sostenerlo e di rincuorarlo. Anche per questi motivi, oltre che per le sue indiscusse capacità giornalistiche e politiche, Turati e Anna Kuliscioff insistettero molto perché, alla vigilia del Congresso socialista di Genova del 1892, assumesse la direzione del giornale milanese e poi del neonato Partito dei lavoratori italiani, Lotta di classe.