Gli afosi giorni di giugno mi hanno suggerito una pausa dalla linea dei libri scelti ultimamente per le recensioni. Una pausa, quindi, che riguarda pure voi cari lettori. Così, guarda qui-sfoglia là-guarda su-sfoglia giù tra le montagne di libri raccolti alla Libreria del Teatro di Reggio Emilia, con la fronte imperlata del sudore padano e Patrizia che elenca titoli. Fino a che non mi mette fra le mani questo romanzo L’impero della polvere. Il primo lavoro sulla lunga distanza della reggiana Francesca Manfredi che segue l’esordio narrativo dal titolo Un buon posto dove stare (2017), una raccolta di racconti vincitrice del Premio Campiello Opera Prima. Una raccolta (che non ho letto) con un titolo, però, ricco di promesse e misteri pari a quelli evocati da quello del romanzo di Hemingway Di là dal fiume e tra gli alberi o dal titolo di una canzone dei Talking Heads This Must Be The Place.
Bene, dopo queste divagazioni preliminari provo a trattare questioni che mi sono, per motivi di genere e anagrafici, estranei ma “nulla di ciò che è umano mi è estraneo”, perciò dopo le prime pagine in cui, la protagonista, Valentina racconta, se non ho capito male, dell’effetto del primo mestruo arrivato di notte, sono stato trascinato dentro le pagine dell’Impero della polvere, un romanzo di formazione, come si diceva una volta, scritto con gusto e leggerezza. Non crediate però che leggerezza sia sinonimo di spensieratezza. Avreste sbagliato libro. Un romanzo che si muove su piani diversi tra realtà e magia, forse nera, un mondo surreale (echi murakamiani?) che ogni tanto si manifesta aggressivo, un mondo che aleggia minaccioso sulla “casa cieca” dove Valentina vive insieme alla nonna religiosa, se non bigotta, e la giovane madre. È l’estate del 1996, nella casa cieca, forse oggetto di qualche maleficio, come si vocifera nel vicino e non indentificato paese di campagna (emiliana o piemontese?), Valentina vive la separazione dal padre che va in Russia, l’efficiente durezza della nonna e l’affettata leggerezza della madre. Circondata da animali domestici e d’allevamento, da piante da frutto e dal mistero, la dodicenne Valentina prova a scrollarsi di dosso le ingombranti presenze familiari molto diverse fra loro, ma assillanti allo stesso modo. E non ci sono maschi in quella famiglia. Solo qualche maschio ogni tanto entra ed esce di scena, ma senza lasciare tracce profonde. Se non un ragazzo, Marco, e l’assenza/presenza del padre.
Manfredi non solo ci accompagna nella storia dell’adolescente Valentina ma ci fa entrare nel suo mondo: un mondo interiore da costruire, un mondo esterno da conquistare e non solo da cui difendersi.
Buona lettura.
Francesca Manfredi, “L’impero della polvere”, La nave di Teseo, 2019, pp. 169,17,00 euro (recensione di Glauco Bertani).
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia
Colonna sonora:
Talking Heads, This Must Be The Place
Richard Sanderson, Reality (Il tempo delle mele)
Manfred Mann’s Earthband, Father of Day Father of Night
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]