«Le donne del Gruppo femminile calciatrici milanese chiedono all’autorità dell’Ufficio sportivo della Federazione provinciale milanese ufficiale autorizzazione a praticare il giuoco del calcio…», firmato “Il Direttorio del Gfc milanese”. Siamo a Milano nell’inverno del 1933.
Marta Boccalini, voce narrante del romanzo storico di Seneghini, racconta le peripezie di quelle righe “anticonformiste” che dallo sbigottito ufficio milanese planarono, dopo vani atterraggi in uffici altrettanto allibiti, a Roma sulla scrivania di Leandro Arpinati, il presidente del Coni e della Figc, l’unico che avrebbe potuto dare risposta a una richiesta tanto bizzarra per l’Italia fascista.
“Un nome che la nostra famiglia – dice Marta — e non solo, conosceva bene da più di dieci anni” (se volete sapere chi fosse l’Arpinati, digitate il suo nome su qualche motore di ricerca).
Un gerarca, Arpinati, forse un po’ fuori dalle convezioni morali fasciste, almeno per quanto riguardava la possibilità per le donne di praticare sport “maschi” come il calcio, che “non è uno sport per signorine”, come avrebbe affermato Guido Ara, centrocampista della Pro Vercelli nei primi decenni del secolo e poi allenatore.
I giornali sportivi, e non solo, già scrivevano da mesi di questo Gruppo femminile calciatrici e, salvo poche eccezioni, con toni che andavano dallo scherno allo scandalizzato.
Carlo Brighenti, un giornalista “compiacente”, intervistò Rosetta, una delle calciatrici più giovani del gruppo. “Ma perché le piace il calcio?”, domanda. “Del calcio mi emoziona tutto… le dinamiche di gruppo, di spogliatoio, l’obiettivo, unirsi per raggiungerlo, risolvere le difficoltà, la comunicazione. La partita, gli allenamenti, li considero una piccola vita. Per questo forse mi piace così tanto, perché vedo nel calcio una vita in miniatura, forse un po’ migliore di quella che ci tocca in sorte di questi tempi”.
Un amore che il fascismo, ma anche una morale pregressa, voleva negare. Tuttavia, la risposta del fascista bolognese alla lettera del Gfc non ve la svelo.
Dovete leggervi tutte le pagine del libro che, scritte con mano lieve, trattano argomenti importanti: le donne e lo sport, la morale e il regime, lo stato dell’antifascismo (sempre vigilato dall’Ovra con le sue spie infiltrate ovunque) nel decennale del trionfo del fascismo. E non vi racconto nemmeno l’epilogo.
Sullo sfondo, ma con diverse zoomate, sfreccia l’asso del volante Tazio Nuvolari, si muovono figure di giornalisti come Carlo Brighenti e Max David, di medici di Genova come Pende, di antifascisti come Ettore Archinti, di atlete come Ondina Valla, ostacolista e velocista, di calciatori come Giuseppe Meazza e altri ancora.
Tutti personaggi che incontrerete nel romanzo di Seneghini e che avreste potuto incontrare se foste vissuti a Milano o nei dintorni in quegli anni. Marta, con le sorelle Giovanna e Rosetta, la loro madre antifascista, Losanna Strigaro, il motore organizzativo del gruppo di ragazze amanti del calcio, e le altre non sono personaggi di fantasia. Se foste andati, ad esempio, nella rivendita di vino di Ugo Cardosi (il presidente del Gfc), in via Stoppani 12 a Milano, sede del Direttorio, avreste potuto incontrarle.
Alcune di loro, poi, le ritroveremo nella Resistenza e nell’Italia del dopoguerra come politiche o atlete.
La seconda parte del libro da romanzo storico prende la forma del saggio storico a firma di Marco Giani “Storia di un pregiudizio e di una lotta”, di cui vi consiglio la lettura, perché inquadra e allarga il discorso che la trama del romanzo ha circoscritto agli anni 1932/33.
Toglie l’illusione che per le donne calciatrici, passato il fascismo, nell’Italia repubblicana tutto fosse diventato rose e fiori. I pregiudizi restavano, le donne potevano essere “tifosine” – come ai tempi del duce – ma non calciatrici. Chissà, forse solo in questi anni si sono fatti passi avanti.
Il saggio di Giani si apre con un’intervista (del 2016) di Nadia Toffa a Sara Gama, capitana della nazionale italiana di calcio femminile.
«Cioè, non è che siete delle fighette che poi dopo…»
«No, anzi!», risponde Gama all’ultima domanda dell’intervista. Toffa, infatti, si stupisce delle «cicatrici sulle gambe di Sara».
Altre domande sature di pregiudizi hanno preceduto quest’ultima; domande – chiosa Giani – che se retrodatate a ottant’anni fa “otterremmo quasi gli stessi pregiudizi”. Allora ci possiamo immaginare la coraggiosa lotta di Rosetta, Losanna, Marta, tutte tifose dell’Ambrosiana-Inter, e delle altre nella Milano del 1933 “combattenti di una lotta di lunga durata”.
Federica Seneghini, Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce, con un saggio di Marco Giani, Solferino, Milano 2020, pp. 331, 16,50 euro
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia
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Colonna sonora:
THE HOUSEMARTINS, Think for a Minute
NEW ORDER, World In Motion
BJÖRK, It’s Oh So Quiet
ARETHA FRANKLIN, Respect
MADONNA, Papa Don’t Preach
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Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]