Con la fine del 2020 alla rigenerazione urbana dell’area delle ex Officine Meccaniche Reggiane si affiancherà anche la “rigenerazione umana” – sociale, sanitaria, abitativa ed economica – delle persone in condizioni di marginalità che da tempo hanno trovato alloggi di fortuna nella parte dismessa e ancora abbandonata dell’area industriale: si tratta di un’ottantina di persone, quasi tutti migranti da paesi extra-europei, che vivono per lo più di espedienti (e, in alcuni casi, di attività illecite) e che formano uno degli insediamenti definiti tecnicamente “informali” più rilevanti dell’Emilia-Romagna.
Da un’analisi della situazione è risultato presente, in termini di regolarità giuridica, un mix di persone con situazioni legali sicure ma economicamente aggravate dalla crisi economica pandemica, giovani richiedenti asilo, soggetti fuoriusciti dai percorsi di accoglienza, oltre a presenze meno stabili che trovano in quella zona un rifugio occasionale, rendendo pertanto necessario anche un controllo da parte delle forze dell’ordine in attuazione degli indirizzi del Comitato reggiano di ordine e di sicurezza pubblica.
Dal 18 dicembre anche per la parte non ancora rigenerata della vecchia fabbrica si è avviato un percorso nuovo sotto il profilo dell’assistenza e della coesione sociale grazie alla costituzione di “corridoi umanitari locali”. Ad unire le forze sono stati il Comune di Reggio, l’azienda Usl, la diocesi di Reggio e Guastalla, la Regione Emilia-Romagna e la società Stu Reggiane spa, che hanno sottoscritto un protocollo di collaborazione per la realizzazione del progetto “Reggiane-Off”, con l’obiettivo di dare una risposta alle condizioni di miseria e ai bisogni sociali, sanitari e di sicurezza emersi in quella zona della città. Il protocollo ha una durata di 12 mesi, rinnovabile alla scadenza per un altro anno. Si tratta della prima sperimentazione di questo genere in Italia.
Con l’aumento delle presenze nell’area e l’utilizzo crescente di edifici fatiscenti come sede di alloggi occasionali, dal 2018 il Comune, i volontari (tra cui sacerdoti e diaconi cattolici), le cooperative sociali del territorio e la Caritas diocesana hanno predisposto presidi di aiuto, oltre ad avviare contatti e relazioni con le persone presenti. Con l’arrivo della pandemia, inoltre, è stata attivata una collaborazione con l’Ausl di Reggio sul piano socio-sanitario.
Tali presidi avevano portato a un miglioramento della situazione, che dovrà comunque essere integrato con ulteriori strategie per non pregiudicare i progressi raggiunti. Il perdurare dell’emergenza sanitaria Covid-19, infatti, ha ricreato una situazione di degrado sanitario e sociale che ha aggravato le condizioni dell’area e delle persone presenti, rendendo evidente la necessità di una collaborazione strutturata e continuativa tra i vari soggetti promotori del protocollo sia sul piano del presidio che del controllo sanitario. Gli interventi si prefiggono inoltre di intervenire anche sulle situazioni di illegalità consolidate, dando una risposta in termini di sicurezza urbana.
I sottoscrittori, come si legge nel protocollo, “intendono promuovere la dignità della persona umana e non ritengono l’attuale situazione di degrado degli stabili degna di ospitare anche temporaneamente persone di qualsiasi nazionalità”. Da qui l’esigenza di attuare iniziative per la ricollocazione degli occupanti, per ripristinare le condizioni di legalità nell’area e allo stesso tempo per affrontare le singole situazioni personali.
Per costruire i “corridoi umanitari locali’ è stata dunque costituita una cabina di regia composta da rappresentanti delle istituzioni e degli enti firmatari e dalla prefettura di Reggio: questo soggetto coordinerà i diversi ruoli e le competenze, la progettazione e la realizzazione delle azioni riguardanti le condizioni del territorio e l’assistenza sanitaria e sociale alle persone con percorsi di inclusione; elaborerà periodicamente un documento sullo stato di avanzamento dei lavori; si occuperà di eventuali strategie di fundraising per la ricerca di fondi da investire nel progetto.
I campi di intervento sono sostanzialmente tre:
1) le persone: azioni di individuazione costante e puntuale delle persone senza fissa dimora, avvio di una relazione con le stesse e accompagnamento in percorsi di accoglienza, inclusione sociale e ospitalità; individuazione di possibili percorsi per l’accompagnamento al lavoro, per favorire l’uscita da condizioni di degrado, favorire l’inclusione nella società ed evitare il ripresentarsi di situazioni irregolari;
2) gli spazi e gli immobili: risistemazione dei capannoni oggi liberamente accessibili con la chiusura o la riduzione degli spazi potenzialmente occupabili per evitare nuovi accessi irregolari (contestualmente al trasferimento delle persone oggi presenti);
3) l’area: attivazione di un servizio di presidio e vigilanza sull’intera area per impedire o comunque contrastare il permanere o lo svilupparsi di attività illecite di qualsiasi natura.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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