Ciò che ci contraddistingue come esseri umani è il fatto che possiamo decidere. L’animale segue l’istinto, non ha possibilità di uscire da questa legge di natura.
Tutte le volte che rinunciamo alla possibilità di scegliere rinunciamo al nostro essere umani.
Ci sono due modi attraverso i quali l’essere umano rinuncia a questa possibilità: una è rimanere nell’intenzione: Hegel nei Lineamenti di Filosofia del Diritto diceva che la strada per l’inferno è lastricata dai teschi delle buone intenzioni e ciò perché queste ultime non raggiungono l’azione.
L’altra modalità è nel permanere nel fare, nell’azione perpetua, come fossimo un ingranaggio di una macchina.
Entrambi i tipi di non scelta non possono che degenerare nelle più grandi catastrofi, di cui la storia è colma.
Se guardiamo alla nostra storia personale, quante volte ci è capitato di non aver detto quella parola di consolazione, o non essere intervenuti in situazioni in cui sarebbe stato bene intervenire, oppure non aver detto ad una persona che le volevamo bene… Ciò provoca dei sensi di colpa che ci accompagnano fino alla fine dei nostri giorni. Il miglior modo per lasciare questo mondo senza sensi di colpa è osservarli e, se ci ricapitano situazioni simili a quelle che li hanno generati, agire in modo diverso, ossia non rimanere nell’intenzione ma dire quella parola buona in più, intervenire se lo riteniamo giusto, esprimere il nostro affetto quando lo proviamo.
Per ciò che riguarda invece il sentirsi un ingranaggio senza alcuna responsabilità, nel 1961 fu condotto un esperimento da Milgram, uno studioso dell’università di Yale. L’obiettivo era lo studio del comportamento di soggetti ai quali un’autorità (in quel caso lo scienziato stesso, ideatore dell’esperimento) avrebbe ordinato di eseguire delle azioni in conflitto con i loro valori etici e morali. Milgram aveva concepito l’esperimento per rispondere all’interrogativo: “È possibile che Eichmann e tutti i funzionari e collaboratori nazisti stessero semplicemente eseguendo degli ordini?”.
Come soggetti dell’esperimento vennero invitati degli insegnanti, ai quali era stato fatto credere che l’esperimento sarebbe servito a valutare l’effetto della punizione sull’apprendimento degli studenti. Agli studenti (un attore ed un collaboratore di Milgram) gli insegnanti avrebbero dovuto somministrare scosse (che ignoravano fossero finte) di intensità via via crescente su richiesta dello sperimentatore.
Sebbene agli insegnanti fosse stata preliminarmente spiegata la pericolosità delle scosse all’aumentare dell’intensità, la maggior parte di essi le somministrarono obbedendo agli ordini dello sperimentatore, al punto che se non fossero state finte avrebbero ucciso tutti gli studenti.
Attraverso questo esperimento Milgram riuscì a dimostrare che se un’autorità imprime degli ordini, chi è sottoposto si sentirà giustificato nelle sue azioni, rinunciando alla sua possibilità di scelta.
Questo è ciò che capita continuamente nella nostra mente, agiamo attraverso autorità che abbiamo introiettato durante tutta la nostra vita.
Quante volte siamo consapevoli di ciò che accade? Quante volte possiamo dire di essere autori delle nostre azioni?
Nel momento in cui ci accade di sentirci autori di ciò che agiamo, noi diventiamo interi e infiniti, perché siamo consapevoli. Interi perché il nostro pensiero è tutt’uno con ciò che stiamo agendo, infiniti perché possiamo percepire la libertà nello scegliere.
Nel momento in cui siamo consapevoli, possiamo anche percepire l’esistenza di un disegno più grande al quale possiamo arrenderci, è per esempio il percepire di essere parte dell’umanità, di essere una goccia dell’oceano umano e percepire l’oceano dentro la goccia.
Nel momento in cui portiamo la consapevolezza che siamo “fabbricati” dalle relazioni presenti e passate che ci circondano, il nostro esistere acquista un altro sapore, ci sentiamo più interi ed anche più infiniti ed è per questo che Eraclito scrisse nel frammento 108: “I confini dell’anima, per quanto lontano tu vada, non li scoprirai, neanche se percorri tutte le vie: così abissalmente si dispiega”. Se osserviamo i nostri alberi genealogici a ritroso fino alla sesta generazione, ci accorgiamo di essere tutti imparentati, di essere tutti fratelli e sorelle l’un l’altra.
La vera malattia che affligge la nostra epoca è l’egolatria, il pensare di essere sciolti dagli altri, di avere un’identità indipendente. Alcuni si sentono addirittura assoluti, ab-soluti, sciolti per fino da se stessi, cioè la loro identità non dipende nemmeno dalla relazione che intrattengono con se stessi.
Tale patologia ci fa percepire come esseri isolati, sciolti dal resto, delle unità a se stanti senza porte né finestre. L’antidoto proposto dalla nostra società è il consumismo ed il possesso, tanto così da poterci identificare con la materia che ci circonda.
L’essere umano è effimero, dovrà un giorno lasciare la materia che lo circonda e ciò produrrà tanta più sofferenza, quanto maggiore è l’identificazione dell’individuo con la materia stessa.
La vera medicina è essere consapevoli che siamo tutti una sola umanità. Non solo, anche la Natura fa parte di noi: siamo infatti esseri umani vivi, interi ed infiniti.
Jyoti grazie! Sento che è proprio così. Un abbraccio
Grazie Corvo, importante specifica/approfondimento sul nostro modo di vivere. Questo è un sicuro aiuto per raggiungere la ns. Preziosa Consapevolezza.