“Ja ti la crediasa crasa”, che in sardo significa “Non te lo saresti aspettato”, è quello che Mahmood dice rivolgendosi alla madre dopo l’ultima vittoria di Sanremo.
Un momento travolgente (di una carriera entusiasmante) al centro di “Mahmood”, il nuovo docufilm – in arrivo al cinema e solo per tre giorni, dal 17 al 19 ottobre – che racconta l’incredibile storia di uno dei talenti più amati della scena musicale italiana di oggi.
Un film che ricalca con rispetto la genuinità di un artista che parla la lingua dei suoi fan, li rappresenta e dà loro una voce. Un documentario che, per lo stesso motivo e grazie al suo protagonista, annulla il divario che si può creare tra la celebrità e lo spettatore, ricalcando la genesi della sua musica.
Distribuito da Nexo Digital, in collaborazione con i media partner Radio DEEJAY e MYMovies.it, “Mahmood” è diretto dal pluripremiato Giorgio Testi (nominato ai Grammys per il suo lavoro con i Blur in “No distance left to run/Live at Hyde Park” e in carriera al lavoro con alcune delle più influenti bands del pianeta); scritto da Virginia W. Ricci e prodotto da Red Carpet, Società del Gruppo ILBE, in collaborazione con Tulipani Management e Prime Video.
Dallo sgabuzzino di casa dove si rifugiava a sognare, ai palchi d’Europa.
Un racconto fedele, cronologico e finanche troppo didascalico – piuttosto conforme alla struttura classica del documentario biografico – della vita di Mahmood tra Milano e l’Egitto: i suoi affetti più cari, li suoi più profondi dolori personali e la musica. Dalla delusione di Xfactor alla vittoria di Sanremo Giovani con Gioventù bruciata; dai successi di Sanremo con Soldi e Brividi, all’Eurovision Song Contest.
La produzione del documentario si è sviluppata esattamente nel periodo che va dall’inizio del tour europeo dell’artista nella primavera del 2022, fino all’estate – seguendo l’artista sia nella sfera pubblica che in quella privata – ricostruendo per gli spettatori un viaggio introspettivo che ha la musica come colonna portante e dove l’amore e l’assenza trovano il loro modo di coesistere.
<<Non sono mai stato bravo a parlare di me, per questo ho iniziato a scrivere canzoni… Alle volte scrivo delle cose che, rileggendole, mi vergogno di aver scritto e sono quelle cose che sono vere>>: è Mahmood a costruire una narrazione intima che va bel oltre ai bagni di folla durante le performance live; una narrazione fatta di momenti solitari e delle relazioni con le persone che hanno lasciato un segno nella sua vita personale. Il rapporto con la famiglia, gli amici, i collaboratori sono i veri retroscena ad alzare l’asticella e a generare interesse.
La diretta voce di Alessandro Mahmoud, si alterna alle testimonianze di Blanco, Carmen Consoli, Dardust e Paola Zukar.
Il piano di produzione – corretto più d’una volta in corsa, per adattarsi in tempo reale alle istanze che man mano emergevano nel corso dei mesi e per avvicinarci ad una dimensione sempre più autentica dall’artista – si fa flessibile, sposando in toto l’essere umano prima che il personaggio.
<<Non mi piace mai arrivare troppo preparato>> – si legge nelle note di regia di Giorgio Testi – <<Preferisco avere una base di partenza, e poi far sì che strada facendo possa crearmi il mio punto di vista o parere sull’argomento o personaggio protagonista del film. Con Mahmood è stato così. C’è voluto del tempo per capire chi avessi esattamente di fronte. Per settimane, in giro, in tour, a casa o nei giorni off, abbiamo girato quello che accadeva, con un approccio observational, senza invadere i suoi spazi e tirar fuori le cose contro voglia. Alessandro è una persona molto socievole ma che non si apre facilmente su temi intimi e personali: quelli li mette nelle sue canzoni. Anche nelle interviste c’è bisogno di tempo, devi guadagnarti la sua fiducia. Abbiamo avuto modo di fotografare da vicino lo splendido rapporto che ha con sua mamma Anna, assoluta co-protagonista di questo film. Alessandro mette nei suoi testi tante cose che nella vita di tutti i giorni fa fatica a comunicare; per questo molto spesso ho optato per un approccio di ripresa molto intimo durante le parti live, non di rado in piano sequenza, come se quei brani, in quel momento fossero uno speech, piuttosto che una performance>>.
“Dei”, “Baci dalla Tunisia”, “Dimentica”, “Klan”, “Inuyasha”, “Gioventù bruciata”, “T’amo”, “Brividi”, “Soldi”, “Zero”, Kobra” sono le musiche scelte per esplorare il mondo di Alessandro (AKA Mahmood), capirne l’accanimento – quella ricerca che l’ha portato ad avere più di quanto potesse sognare – e interpretarne in parte l’insaziabile sguardo, ancorato alle radici ma sempre pronto a nuovi orizzonti.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]