Mancano ormai soltanto poche settimane alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre, e con il deposito delle liste da parte di partiti e coalizioni è stato definito ufficialmente anche il quadro dei candidati e delle candidate in corsa per un posto alla Camera o al Senato nella prossima legislatura.
Nonostante le tante voci e ipotesi di riforma che si sono rincorse nel tempo, negli ultimi anni la legge elettorale non è stata modificata dal Parlamento: anche nel 2022, quindi, si andrà a votare con il cosiddetto “Rosatellum”, già in vigore in occasione delle precedenti elezioni del 2018 e così denominato dal nome del relatore della legge Ettore Rosato – all’epoca, nel 2017, deputato del Partito Democratico, ma oggi esponente di Italia Viva.
Nel frattempo, però, è intervenuta una novità importante: la riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, approvata nel 2019, che ha disposto il taglio di oltre un terzo dei componenti di entrambi i rami del Parlamento, facendo scendere da 630 a 400 i seggi alla Camera dei deputati e da 315 a 200 quelli al Senato della Repubblica (più i senatori a vita). Il taglio è stato poi confermato nel settembre del 2020 dai cittadini italiani con il voto del referendum costituzionale, che ha visto prevalere nettamente i sì (69,96%). Quest’anno, dunque, per la prima volta si eleggerà un Parlamento composto da soli 600 deputati e senatori, e non più 945 come in passato.
La legge elettorale “Rosatellum” delinea un sistema misto. Più di un terzo dei seggi complessivi sono assegnati nei cosiddetti “collegi uninominali” (sono 147 per la Camera e 74 per il Senato), con sistema maggioritario: ogni partito o coalizione può presentare in ciascun “collegio” (una porzione del territorio italiano definita in base al numero degli elettori residenti e ad altri criteri geografici) un solo candidato o una sola candidata, e l’unico seggio in palio in quel collegio viene assegnato alla persona che ha conquistato più voti in assoluto in quel collegio.
I restanti due terzi dei seggi del Parlamento (245 alla Camera e 122 al Senato), invece, vengono assegnati nei cosiddetti “collegi plurinominali”, con sistema proporzionale. In questo caso ogni partito o coalizione può presentare in ciascun collegio territoriale una lista di candidati e candidate, in un ordine prestabilito e vincolante: dopo lo spoglio delle schede, il numero di seggi in palio in ciascun collegio viene ripartito in modo proporzionale tra i partiti e le coalizioni, in base al numero di voti ricevuti in quel collegio. Non è possibile esprimere la preferenza per una specifica candidatura all’interno della lista, ma solo per l’intero “listino” nel suo complesso.
I restanti 12 seggi (8 alla Camera e 4 al Senato) saranno assegnati infine nelle quattro circoscrizioni estere: Europa (compresi i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia); America meridionale; America settentrionale e centrale; Africa, Asia, Oceania e Antartide.
Sono previste anche delle soglie di sbarramento: per eleggere rappresentanti in Parlamento un partito deve conquistare almeno il 3% dei voti su base nazionale, soglia che sale al 10% in caso di coalizione tra più partiti. Per garantire rappresentanza anche ad eventuali partiti locali, sono ammesse alla ripartizione dei seggi per il Senato anche le liste capaci di ottenere almeno il 20% dei voti in una singola regione.
Si vota domenica 25 settembre dalle 7 alle 23. Sia sulla scheda elettorale per la Camera che su quella per il Senato sarà presente un numero di riquadri pari al numero di partiti o di coalizioni ammessi nel proprio collegio territoriale di riferimento: ciascuno degli spazi conterrà il nome di un candidato o di una candidata per quel collegio uninominale, associato al simbolo del partito di cui è espressione o dei partiti che compongono la coalizione che sostiene tale candidatura.
Tracciando una croce sul nome di un candidato o di una candidata si esprime il proprio voto per quanto riguarda la parte maggioritaria (i collegi uninominali), assegnando una preferenza diretta alla candidatura indicata; tracciando una croce sul simbolo del partito ad essa associato, oppure (in caso di coalizione) sul simbolo di uno dei partiti che sostengono tale candidatura, si esprime invece la propria scelta per quanto riguarda la parte proporzionale (i collegi plurinominali), assegnando il voto al listino presentato da quel partito o dalla coalizione di cui quel partito fa parte. In questa tornata elettorale non è ammesso il cosiddetto “voto disgiunto”: non è possibile, dunque, votare contemporaneamente un candidato o una candidata in un collegio uninominale e un partito che non lo/la sostiene direttamente.
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buffon sei il numero uno del pianeta terra
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!