“Combatterò finché non tornerò a studiare a Bologna”: sono le parole di Patrick Zaki in una lettera alla fidanzata consegnata dallo studente egiziano dell’università di Bologna (dove stava frequentando il master europeo Gemma in Studi di genere e sulle donne) alla propria famiglia durante una visita dei genitori nel carcere dove il figlio è attualmente detenuto.
Fermato il 7 febbraio del 2020 dalla polizia all’aeroporto del Cairo, dove si era recato per trovare parenti e amici, Zaki è detenuto ininterrottamente da allora nel complesso penitenziario di Tora con l’accusa di “istigazione a manifestare, esortazione a rovesciare il regime e diffusione di false informazioni in grado di perturbare la sicurezza e la pace sociale”. L’accusa è relativa alla pubblicazione di alcuni post apparsi su un account Facebook, che tuttavia i legali di Zaki sostengono non essere riconducibile al giovane studente.
“So che nei nostri sogni più sfrenati – ha scritto Zaki nella lettera – non avremmo mai potuto immaginare questo scenario, e da quando sono partito per Bologna abbiamo fatto così tanti progetti, il primo dei quali è che tu venga a trovarmi lì e giriamo l’Italia insieme. Mi rende estremamente triste il fatto che non posso vedere questo accadere presto, dato che la mia situazione sta peggiorando di giorno in giorno”.
“La mia indagine è ripresa, il che potrebbe significare che un giorno andrò in tribunale e avrò un processo, e questo è molto peggio di quanto mi aspettassi. Dopo un anno e mezzo non potevo fare a meno di pensare che avrò presto la mia libertà, ma ora è chiaro che non accadrà presto. So che siete stati pazienti e avete sopportato l’insopportabile, mi scuso sinceramente per questo. Vorrei congratularmi con tutti coloro che sono stati lasciati andare di recente, ma non sono affatto ottimista sulla mia situazione”, ha ammesso lo studente egiziano.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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