“Sono esausto fisicamente e mentalmente, non posso continuare a stare qui ancora a lungo e mi deprimo ogni volta che c’è un momento importante nell’anno accademico, mentre io sono qui invece di essere con i miei amici a Bologna”: sono queste le parole che Patrick George Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna fermato lo scorso 7 febbraio dalla polizia all’aeroporto del Cairo, in Egitto, dove si era recato per trovare la sua famiglia e i suoi amici, ha detto alla madre nel corso di una visita avvenuta sabato 19 dicembre nel carcere di Tora, dove il 29enne è detenuto da allora.
Il giovane, collaboratore dell’ong per la difesa dei diritti civili Eipr, è accusato di aver diffuso informazioni dannose per lo Stato nordafricano attraverso la sua pagina Facebook, di aver fomentato propaganda sovversiva, di aver pubblicato notizie false sui social network, di promuovere l’uso della violenza e di istigare al terrorismo: secondo Amnesty International rischierebbe fino a 25 anni di carcere.
Una visita “che ci ha spezzato il cuore”, ha raccontato la famiglia in una dichiarazione diffusa su Facebook dalla rete di attivisti che ne chiede la liberazione. Durante la visita, ha spiegato la stessa famiglia, “lui non era in sé del tutto, ma diverso da ogni altra volta e ci ha letteralmente spezzato il cuore. Le sue parole ci hanno lasciato in lacrime, incapaci di aiutare nostro figlio in questa straziante situazione. Inoltre siamo rimasti scioccati dal vedere che era depresso al punto che ha detto che raramente esce dalla sua cella, perché non riesce a capire perché si trova lì e non vuole affrontare il fatto di dover uscire per camminare per pochi metri fuori solo per essere rinchiuso di nuovo in una cella di pochi metri”.
“Nostro figlio – hanno aggiunto i genitori di Zaki – è un innocente e brillante ricercatore e dovrebbe essere celebrato, non chiuso in cella. Dieci mesi fa stava frequentando il suo master e facendo piani, adesso il suo futuro è completamente vago. Non sappiamo quando potrà continuare a studiare, o lavorare, o tornare alla sua ricca vita sociale. Chiediamo che Patrick venga rilasciato subito, rivogliamo nostro figlio e la nostra vita”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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