Omicidio di Saman Abbas, l’accusa: “La ragazza condannata a morte da tutta la famiglia”

Saman Abbas a Novellara – QG

In un passaggio della requisitoria della procuratrice generale Silvia Marzocchi durante il processo d’appello – in corso a Bologna – per la morte di Saman Abbas, è arrivato un preciso atto d’accusa: la ragazza “è stata condannata a morte da tutta la famiglia”, e dunque la decisione di ucciderla non sarebbe maturata all’improvviso la sera del 30 aprile 2021 come sostenuto invece dalla Corte di assise di Reggio nel processo di primo grado – che con la sua sentenza, escludendo l’aggravante della premeditazione, avrebbe “offuscato la realtà”.

La diciottenne pakistana svanì nel nulla nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 dalla sua abitazione di Novellara, e fu ritrovata senza vita dopo un anno e mezzo, sepolta a tre metri di profondità nei pressi di un casolare abbandonato nelle campagne novellaresi, non lontano da dove aveva vissuto.

In primo grado sono stati condannati all’ergastolo la madre Nazia Shaheen e il marito Shabbar Abbas, mentre lo zio della vittima, Danish Hasnain, è stato condannato a 14 anni di reclusione. Fu proprio quest’ultimo, quando era già in carcere, a indicare agli inquirenti il luogo in cui cercare il cadavere della ragazza. Sono stati fin qui assolti, invece, i cugini della ragazza, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, ma la Procura di Reggio ha impugnato la sentenza in appello, convinta che anche loro due siano stati in qualche modo coinvolti nell’omicidio della giovane.

Dopo aver parlato per cinque ore, la pubblica accusa non ha terminato la sua requisitoria: nel pomeriggio di lunedì 7 aprile saranno formulate le conclusioni e le richieste di pena.

La pg Marzocchi si è soffermata, tra le altre cose, anche sulla testimonianza del fratello di Saman, valutando come “attendibili” le sue dichiarazioni, a differenza di quanto accaduto durante il processo di primo grado: “Racconta le cose per come sono. Nei passaggi fondamentali delle sue dichiarazioni”, rese in diverse occasioni, “dice sempre le stesse cose”.

Prima della requisitoria c’era stata l’audizione del perito archeologo forense Dominic Salsarola, secondo il quale a deporre il corpo senza vita di Saman Abbas nella fossa dove la ragazza è stata poi ritrovata il 18 novembre del 2022 sarebbero state “come minimo due persone”. Salsarola ha sottolineato come la salma della vittima sia stata adagiata “in modo particolarmente ordinato, in posizione supina, con lo sguardo rivolto verso il cielo, le braccia spostate verso destra”. Deposta, ha spiegato il perito, “quasi con ‘rispetto’, anche se rispetto forse non è la parola giusta. Come un defunto normale”, ha detto. La diciottenne, secondo Salsarola, “è stata calata” nella fossa, “non buttata”, e per questo motivo è difficile che a farlo in quel modo possa essere stata una sola persona. Circostanza che confermerebbe, dunque, quanto meno una “compartecipazione” di più persone all’omicidio della ragazza.



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