Via Francesco Crispi non è in una sperduta o dimenticata periferia di Reggio, ma nel cuore della città. Anzi, incrociando la via Emilia lungo la stessa direttrice che unisce il Comune con il Teatro Municipale, rappresenta uno dei due assi che costituiscono l’architrave stradario del centro storico.
Da più di cinque mesi in via Crispi una delle panchine volute dall’ex assessore comunale alla città storica Mimmo Spadoni – era la prima giunta Delrio – è sparita. Qualche balordo l’aveva spezzata in due durante una notte alticcia; qualche giorno di imbarazzata agonia davanti al passeggio tardo primaverile della città, poi la scomparsa. Non se ne sa più nulla e nemmeno il sindaco Luca Vecchi, avvicinato da alcuni abituali frequentatori della centralissima via Crispi e stanchi di aspettare, ha saputo dare, dopo tanto tempo, una spiegazione. Ma ha detto che avrebbe chiesto ai suoi uffici.
Certo, una panchina sparita nel nulla – al di là della legittima curiosità di sapere che fine fanno i soldi pubblici e gli oggetti di arredo di proprietà comunale – è poca cosa rispetto ai problemi di una città. Ma questo ragionevole dubbio fa il paio con il quesito che riguarda il pavimento – trappola (perché in più punti sconnesso) della rinnovata piazza Martiri del 7 Luglio dove pure i cantieri per la manutenzione (compresa quello della poco amata fontana) si susseguono con imbarazzante frequenza, senza soluzione di continuità né delle magagne.
O con il sovrappasso pedonale di viale Isonzo, chiuso da agosto e, a quanto sembra, ora abbandonato a se stesso dopo che mai nessun intervento di manutenzione è stato programmato per salvare quel ponte in legno usato da migliaia di studenti diretti al polo scolastico di via Makallè e finito per ingrossare solo le casse di chi vi ha montato sopra un maxi cartellone pubblicitario luminoso. Un ragionevole dubbio che abbraccia anche molte delle rotonde stradali dove, evidentemente terminata la formula della sponsorizzazione in cambio della manutenzione, ora l’abbandono la fa da padrone mentre alberi e piante selvatiche crescono in libertà. Un dubbio – ci perdonerete l’insolenza – che arriva a dire che il maestoso viale Umberto I avrebbe avuto bisogno di un buon manutentore per le due fontane davanti all’ospedale ferme da anni più che sperare nel maxi progetto Estense per tornare a dare vita alla passeggiata verso la piccola Versailles di Rivalta.
Lo stesso dubbio, infine, che perseguita – e non da oggi – quanti si chiedono come mai in questa nostra città sia così difficile trovare un’intera strada ben asfaltata, senza buche o interventi stradali realizzati con un minimo di buon senso evitando che ruspe e betoniere si inseguano in un costoso gioco dell’oca.
Accanto al degrado urbano di alcune aree, ai grandi cantieri che stanno mettendo sotto sopra alcune parti della città, il tema della cura della città e della sua piccola manutenzione quotidiana merita uno spazio adeguato nell’agenda di che si prepara a correre per le prossime elezioni amministrative di primavera. Decoro, bellezza e sicurezza procedono di pari passo.
Bravo: non solo grandi progetti (che pure apprezzo), ma anche e soprattutto cura dell’esistente