Un forte messaggio rivolto a tutti i lavoratori dello spettacolo.
Perché, <<solamente stimolando e incoraggiando la capacità di espressione e la creatività dei giovani, puntando sulla loro naturale propensione alla bellezza e quindi all’arte, sarà possibile costruire un futuro migliore>>.
Sono le parole di Cris La Torre, nome d’arte del tenore e scrittore bolognese Cristiano Cremonini che vanta 20 anni di carriera e centinaia di performance sui palcoscenici dei più prestigiosi teatri d’opera del mondo e che ha presentato il video di “Fidati dei tuoi sogni” il suo nuovo brano da solista.
Cominciamo da qui, da com’è nato il processo creativo del videoclip?
<<Questa canzone è nata perché da parecchi anni ho affiancato all’attività lirica e cantautorale a quella di promotore di giovani talenti. Da 5 anni sono il direttore artistico di un concorso musicale classico che in breve tempo è diventato il concorso più grande dell’Emilia Romagna: si chiama Premio Giuseppe Alberghini, dedicato ad un famoso violoncellista del territorio che è diventato primo violoncellista del Metropolitan di New York ed è morto a New York.
Un personaggio che abbiamo voluto far tornare in auge perché ci sembrava fosse importante.
Io sono in contatto stretto con centinaia di ragazzi che tutti gli anni vengono a fare le audizioni e quello che mi colpisce di più è la loro determinazione. So bene cosa significhi, per essere pronti per un’audizione di tipo classico si deve poter rinunciare a tante cose, dedicare quotidianamente ore di studio a questa passione e tutto questo lavoro che c’è dietro va tutelato e volevo che venisse ricordato e valorizzato.
Mi sono ricordato di quello che facevo io negli stessi anni: rinunciavo ad una partita a pallone per rincorrere il mio sogno. Soprattutto in questo di grande difficoltà, volevo dare un incentivo a questi ragazzi che vedo misurarsi tra loro sul palco: il mio messaggio è rivolto a loro; la canzone è nata naturalmente osservando loro, entrando in contatto con il loro “mondo”, entrando un po’ nella psicologia del ragazzo>>.
In questo, preziosissima la collaborazione con l’educatrice – oltre che regista del video – Federica Lecce…
<<Assolutamente. È stato fondamentale e non è la prima volta che collaboro con lei. Federica ha fatto anche il videoclip del primo singolo uscito in pieno lockdown, “Dalla finestra di Lucio”, un brano che prodotto e arrangiato da Rod Mannara in collaborazione con Ricky Portera è liberamente ispirato ad una lettera che di congedo dal mondo che Lucio Dalla aveva scritto nel 2010 e che si ambientava, fatalità, ad una finestra. Ha fatto una sorta di riflessione su tutte le finestre delle case in cui aveva vissuto, fino a Via D’Azeglio di Bologna, che oggi è la Fondazione. La canzone era stata scritta a dicembre del 2019 e nessuno avrebbe poi immaginato che pochi mesi dopo, tutto il mondo sarebbe stato costretto ad affacciarsi ad una finestra.
In quell’occasione, la grande intuizione che ebbe la regista, fu quella di coinvolgere il sosia ufficiale di Lucio, facendolo apparire come uno spirito guida sapiente che aleggia sulla città di Bologna, ponte ideale fra la terra e il cielo.
C’è quindi questa bellissima intesa con Federica, nata appunto con la canzone precedente, che si reitera. Pensa che la conobbi perché venne a vedere la premiazione del concorso lo scorso anno e fu colpita da uno dei vincitori, un violoncellista – fatalità, quasi a voler emulare un giovane Alberghini – accompagnato al piano dalla sorella maggiore: c’era questo atteggiamento di protezione che aveva la sorella nei confronti del fratello, che lo appoggiava nella realizzazione del suo sogno. Una strada tortuosa in cui non c’è nessun vincitore né vinto, ma semplicemente un’anima pensante che corre verso il proprio percorso evolutivo. Questo fu il punto di partenza dello storyboard>>.
Rimani nella nostra terra anche con gli ospiti di eccezione che hai scelto per il video: Roberta Giallo, in primis, che ha lavorato con Lucio e che ti ha peraltro ospitato nella sua trasmissione per parlare del nuovo video…
<<Con Roberta è scoccata una bellissima amicizia, che dal punto di vista artistico non è ancora emersa, ma che sono convinto che presto produrrà qualcosa anche in tal senso. Roberta è affascinata dal mondo da cui provengo e c’è un bellissimo scambio culturale: è una grande artista e una persona di grande cultura, che apprezza l’Opera. E’ stato come se ci conoscessimo da sempre.
Poi c’è la grande attrice Angela Malfitano, che viene dal teatro di prosa serio, impegnato. Donna di grande sensibilità, che ho voluto perché desideravo che nel video fossero rappresentate tutte le grandi arti dello spettacolo dal vivo: teatro, musica e danza – ci sono infatti anche due giovanissime danzatrici, sempre del territorio – perché volevo espressamente che il messaggio di speranza fosse rivolto ai principali settori dello spettacolo dal vivo>>.
Ti sei preso a cuore la causa, anche come testimonial di Pro.Di.Da per il diritto di chi crea…
<<Sì, è il settore maggiormente colpito, non c’è nulla da fare. Non poter entrare in teatro è un grosso colpo, ma anche gli autori vanno tutelati. In generale, la figura dell’artista non viene compresa, figuriamoci quella degli autori. Siamo quelli meno considerati. Tutte le volte che creo un post cito gli hashtag #artiswork e #ildirittodichicrea perché porto avanti entrambi i messaggi. Bellissima la protesta pacifica fatta in Piazza Duomo per #bauliinpiazza, l’appoggio in pieno. Sono attento al sociale da molti anni, ma bisogna essere anche franchi sinceri: noi adesso taciamo, forse, e sebbene con questa canzone il mio voglia essere un messaggio di speranza, siamo quelli che hanno subito il colpo maggiore in questa situazione. Non voglio risultare amaro, ma con la pandemia bisogna riconoscere che il nostro messaggio di sofferenza non sia stato preso molto in considerazione>>.
Hai girato il mondo, sei stato nei teatri più prestigiosi: ecco, tra tutti i palcoscenici che hai solcato, quello che ti ha sorpreso di più qual è stato?
<<A un teatro fa riferimento la cultura di un Paese, di una civiltà. Sono due le culture che mi hanno principalmente colpito. Da una parte il Giappone, quando sono stato a Tokio con La Scala in tour: il Giappone è forse l’emblema dell’evoluzione, almeno per me, un punto di riferimento. Nonostante non parlassi una parola di giapponese e loro parlino pochissimo l’inglese, ho viaggiato in lungo e in largo il Paese sentendomi a casa, con un senso di sicurezza e di equilibrio che non ho sentito altrove. Una civiltà superiore, come senso civico: hai l’impressione che non ti possa accadere nulla.
Poi c’è l’Iraq. Ho partecipato con il Ministero degli Affari Esteri a “Un Ponte di Pace”: facevo parte di una delegazione di artisti che avevano sposato questa causa. Sono stato il primo cantante lirico ad aver partecipato a questo evento dopo la caduta di Saddam Hussein e fu un appuntamento molto importante. Lì sentii tutto il calore per la nostra cultura. La gente, dopo il concerto al Teatro Nazionale di Baghdad, mi è saltata addosso: una cosa che non mi è mai capitata prima, mi abbracciava e mi baciava sulla gola, per baciare il mio strumento. Siamo stati invitati a casa del Primo Ministro, a cena, come fossimo di famiglia. Lo stesso calore che un po’ c’è nel nostro sud Italia>>.
Qual è l’opera che non hai ancora fatto e che invece vorresti o avresti voluto fare?
<<L’opera della tradizione classica che vorrei fare è “La Tosca” di Puccini. Il personaggio di Mario Cavaradossi non l’ho mai fatto perché è un po’ fuori dalla mia vocalità: io sono un tenore lirico di grazia, mentre il personaggio del pittore è una voce lirica piena; non faceva parte del mio repertorio, ma l’avrei sicuramente voluta fare.
Poi, conoscendo molto bene l’opera di Leonard Bernstein, che è una via di mezzo tra l’opera e il musical, fuori dal repertorio classico, vorrei fare “Candide”. E’ un altro piccolo sogno che non si è realizzato, ma chissà che un domani non accada>>.
Hai abbandonato il mondo dell’opera tre anni fa, dopo l’uscita del disco “Tempo presente”…
<<E’ stata una scelta graduale. Non era possibile conciliare entrambi i settori. Con la lirica stavo lontano da casa mesi e mesi. E’ iniziato per gioco, con i miei due“padrini”, Dodi Battaglia e Fio Zanotti: durante un concerto evento, una ventina di anni fa, fui notato da dodi Battaglia che venne in camerino durante l’intervallo e mi chiese di fare un finale in duetto con lui. Voleva che cantassi l’inciso di “Uomini soli”. Colsi l’occasione al balzo, nonostante non avessi mai cantato in pubblico qualcosa di pop. Due anni dopo, fui invitato all’Unipol Arena da Mingardi per un altro concerto evento e mi chiesero di cantare Caruso di Dalla e seppi solo dopo, che nel parterre c’era Lucio Dalla. Un’emozione grandissima. Nella stessa occasione, Dodi Battaglia mi presentò Fio Zanotti. Iniziò quindi questa collaborazione che durò 5 anni, molto intensa. Scrivemmo insieme la canzone per Lara Fabian, “Voce”, in gara al Festival di Sanremo del 2015. Una bellissima opportunità, che mi ha permesso di respirare l’atmosfera del Festival, che mi ha fatto conoscere una sensibilissima artista e gradualmente sono entrato nel mondo della musica pop>>.
Hai deciso di adottare un nome d’arte, però, solo da quest’anno. Come mai?
<<Ho deciso con questi due singoli, di far emergere la mia vena cantautorale. Ormai stava prendendo il sopravvento. Non sopporto i nomi artificiosi, quelli che ti vengono appiccicati addosso solo perché suonano bene, ma che non ti rappresentano. Ci voleva qualcosa che fosse in relazione con me: quindi Cris, perché semplicemente il diminutivo di Cristiano, poi La Torre, perché sono alto quasi due metri e da sempre, chi mi incontra mi dice che sembro una torre. Mi piaceva, non dimentichiamo che è un riferimento anche alla mia città: Bologna, in epoca medievale era detta “la turrita”. E anche oggi, sebbene ne siano rimaste poche, Bologna per sempre sarà “la città delle torri”>>.
Hai viaggiato tanto, sei stato molto lontano, ma sei tornato a casa, a Bologna. Il tuo nome d’arte ne consacra un aspetto. Mi par di capire che le radici siano essenziali…
<<Io sono bolognese da parte di mio papà, Cremonini è un cognome molto comune e ce ne sono moltissimi nel mondo dell’arte; ma da parte di mamma sono meridionale, di origine lucana. Sono importanti entrambe. L’Emilia, la mia terra – io abito in campagna – le pianure desolate, soleggiate in primavera e piene di nebbia d’inverno, fanno parte della mia vita; mi ci trovo pienamente. Ma amo tanto anche la parte forse meno conosciuta di me, legata al sud, legata a Matera>>.
Del doman non v’è certezza, o qualcuna l’abbiamo?
<<Con l’anno nuovo spero di riuscire a costruire un album tutto mio. Vedremo, per ora ci stiamo lavorando>>.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]