«Crepa poeta!» è il titolo della nuova raccolta di poesie di Stefano Raspini (qui nella foto Libreria del Teatro – via Crispi, Reggio Emilia), figura ormai mitica dei poetry slam e dell’underground poetante italiano.
Raspini lascia che la poetessa e curatrice Rosaria Lo Russo, – autrice anche della postfazione critica,- raccolga e scelga parte del suo incandescente «versificare» quotidiano riversato per un paio di anni nella piazza virtuale di facebook; un «versificare scritto» che è l’esatto rovescio della medaglia dell’oralità deglislam.
«Finchè c’eri tu nella mia assenza / il giorno stava fermo come in un catino …»
Il libro di Raspini si scaglia violento e preciso contro il cosiddetto «poetese», – o lingua dei poeti edificanti da casa editrice, – sovvertendolo in nome di altitudini metaforiche e liriche mai liricheggianti ma sempre performative, capaci di superare in furore e acrobazia tante esperienze surrealiste, futuriste o di altre avanguardie o neoavanguardie ormai storiche.
«Mi ha invaso il tuo amore / mi immergo come in una lava tiepida / nel vulcano del sentimento / non brucio che di forza placida e silenziosa / l’universo è ai miei piedi / tu lustri le medaglie sul mio petto / in questo eterno tempo di pace».
Il Raspini orale degli slam «è il poeta naif in versione Bambino incazzato», scrive Rosaria Lo Russo, «ma la sua rabbia non fa paura, è catartica, fa ridere a crepapelle».
«Il primo giorno di pioggia / alzarono il ponteggio sbattendo / le ali con convinta rassegnazione / presero le madonne / sul tetto intente a scappare…»
Nell’apparente sproloquiare della produzione scritta, invece, la Lo Russo rileva uno stile più letterario, «con metafore straboccanti, deliziose, ironiche, strazianti».
«Sai che mi frega di dante petrarca neruda / io cerco un lavoro non di colmare il nulla con parole di panna» .
Nel suo errare da un palco e da un libro all’altro, come nel suo versificare eclettico e inarrestabile, – fatte le dovute proporzioni spazio temporali, – Raspini può ricordare il Campana dei «Canti orfici». O l’Antonio Delfini delle «Poesie della fine del mondo» che voleva portare il surrealismo a Modena e gridava «diamo fuoco al piano padano». Non è una caso, allora, che «Crepa poeta!» sia pubblicato da Argolibri, stesso editore dell’opera omnia di Corrado Costa e tanti altri sperimentatori italiani. Nè è casuale che chiuda il libro una ballata: «Ci sarebbe se ci fossi stata sempre / un solo pianeta / senza frontiere / senza la pelle dei camaleonti coltivati in serra. / Ci fossi stata sempre / non ci sarebbero troni edificanti / da tonnellate di neuroni uccisi / per dare fiato ai preti / ai generali / ai possidenti di terreni iniqui / consegnati all’eterno monopolio / dell’ignoranza / nel catasto / mai censito del potere perpetuo. / (…) Ci fossi stata sempre / come ora ci sei / Anarchia».
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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