Al ritorno al lavoro in Italia, tampone per le badanti che arrivano dall’estero. Lo ha deciso l’assessorato regionale alla Salute dell’Emilia-Romagna, tenendo conto che in regione le assistenti familiari a contatto con gli anziani sono 61mia. Un passo necessario, spiegano dall’assessorato, “dettato anche dalla consapevolezza che la percentuale dei positivi negli ultimi 30 giorni relativa ai rientri dall’estero è pari a circa l’11%, e che tra queste ci sono naturalmente anche le assistenti familiari”. Il piano messo a punto dalla Regione prevede che le assistenti familiari debbano dichiarare alle Aziende sanitarie di riferimento il loro ingresso.
Sono 61mila solo in Emilia-Romagna, e svolgono un lavoro delicato e di grande impatto sociale, perché avviene direttamente a contatto con gli anziani.
Per questo la Regione, in particolare l’assessore alla Salute Raffaele Donini, ha deciso di affrontare con decisione il problema legato al contrasto al coronavirus per quanto riguarda le assistenti familiari, le badanti, che rientrano in Italia dall’estero.
Un passo necessario, spiegano dall’assessorato regionale alla Salute, dettato anche dalla consapevolezza che la percentuale dei positivi negli ultimi 30 giorni relativa ai rientri dall’estero è pari a circa l’11%, e che tra queste ci sono naturalmente anche le assistenti familiari.
Il percorso previsto dalla Regione. Il piano messo a punto dalla Regione prevede che le assistenti familiari debbano dichiarare alle Aziende sanitarie di riferimento il loro ingresso in Italia. Fatta questa comunicazione, all’arrivo in Italia – sia negli aeroporti che nelle autostazioni – scatta il tampone naso-faringeo, che sarà praticato da personale sanitario.
Se l’arrivo in Italia avverrà con modalità diverse da queste, sarà cura della stessa assistente familiare o della famiglia presso cui presta servizio, comunicare all’Ausl l’arrivo e le relative modalità.
Se il tampone risulta positivo, scatta l’isolamento nelle strutture alberghiere messe a disposizione dalle Aziende Sanitarie locali o il ricovero ospedaliero, sulla base delle condizioni cliniche della persona.
Se il tampone sarà negativo, rimane l’obbligo di isolamento domiciliare per 14 giorni, ma con un rigoroso protocollo di sicurezza da verificare con controlli a campione.
Non solo. E’ previsto anche un secondo tampone di verifica, che sarà effettuato dopo 7-10 giorni dal primo, per avere conferma dell’esito.
L’isolamento domiciliare. Se il domicilio della persona accudita ha caratteristiche che garantiscano l’isolamento, l’assistente familiare può seguire questa strada. Naturalmente, rispettando tutte le regole legate al protocollo di sicurezza consegnato (distanziamento, mascherina, guanti, misurazione della temperatura, igiene della persona e sanificazione degli ambienti domestici ecc.) a cui saranno sottoposti tutti i componenti della famiglia presso cui alloggia.
Se queste condizioni non ci sono, l’assistente familiare si dovrà trascorrere il periodo di isolamento in un albergo convenzionato.
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Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]