Le cose, le persone. Cosa è più importante? “La nostra priorità è salvare vite umane”, ci ripetono all’unisono i politici italiani di fronte all’emergenza della pandemia. Ma i conti non tornano. Perché per banche e industrie arrivano investimenti massicci, mentre per la scuola pubblica – che si occupa di persone, non di cose, – solo briciole.
La scuola a distanza è una grande foglia di fico per nascondere le vergogne di una scuola pubblica che in questi decenni è stata saccheggiata, con tagli profondissimi ai fondi e al personale, in maniera forse ancora peggiore della sanità pubblica. Case editrici, giganti del web e altri privati si sono gettati come iene sulla scuola azzoppata dalla pandemia accelerando il processo di mercificazione e privatizzazione della scuola pubblica.
Questa didattica e pedagogia di guerra che imperversa oggi non sono certo alla base della scuola di cui parla la nostra Costituzione. Non basta prestare in comodato d’uso un tablet a un ragazzo, per salvaguardare il diritto allo studio. Chiediamo al governo investimenti massicci in tempo scuola e per organici docenti e personale Ata coerenti con la grande sfida che dovremo affrontare nei prossimi mesi. Come si è fatto con il decreto per le banche e le imprese. Per non avere classi pollaio a pericolo di contagio: non più di 15 studenti, come era fino a 20/25 anni fa.
E, di conseguenza, con più docenti: per esempio 140.000 in più, come prima del 2008 quando ne sono stati licenziati 140.000. A cui si aggiungono altre decine di migliaia docenti di sostegno per gli studenti diversamente abili. Chiediamo al governo veri investimenti. Gli chiediamo di trattare i nostri figli e i nostri studenti come persone, non peggio di come sta trattando le cose. Come si è fatto con il decreto per le imprese.
Succede questo perché l’orizzonte di questa politica (e, non raccontiamoci balle, quello dei suoi elettori) è l’oggi. La scuola quale orizzonte traguarda? Almeno 10, 15, anche 20 anni. Perché dovrebbero sbattersi?