Dopo oltre due mesi di chiusura quasi totale a causa del Covid – 19, le strade e le piazze della nostra città ricominciano cautamente a vivere, costruendo passo a passo una nuova normalità fatta di cura, attenzione e responsabilità. Negli ultimi mesi la cultura ha dimostrato di saper essere un forte punto di riferimento per una comunità in cerca di risposte alla condizione messa in campo dalla pandemia e ha saputo adattarsi con velocità agli unici spazi di fruizione disponibili: quelli virtuali. In questo senso, il Comune di Reggio Emilia ha tempestivamente colmato il vuoto lasciato dalla chiusura degli spazi della cultura con Eventi a casa tua, un hub online di raccolta e fruizione di contenuti e punti di vista provenienti dal panorama culturale contemporaneo.
Adesso però le cose stanno gradualmente cambiando e rimanere in casa non è più un obbligo, l’intero paese si sta affacciando alla cosiddetta fase 2, che per settimane ha rappresentato un miraggio e un traguardo e che ora è qui, e va costruita giorno per giorno insieme.
Qual è la proposta della cultura per questa nuova fase in cui non vi è più il divieto di uscire di casa, ma resta vitale la necessità di mantenere le distanze e usare grande accortezza in ogni fase della vita? Come si può pensare di tornare a fare e fruire cultura in sicurezza, quando il pericolo connesso alla presenza delle persone negli spazi chiusi è ancora così reale? In questo contesto di incertezza e rilancio, Reggio Emilia riparte dalla fotografia, rivendicando così un ruolo centrale per la cultura tra le priorità su cui costruire il futuro della città nei prossimi mesi.
La risposta che arriva dal Comune di Reggio è quella di ripensare alla fruizione delle mostre e di far uscire l’arte dalle sedi espositive per andare a occupare lo spazio pubblico con Spazio libero. Immagini per riabitare la città, una grande installazione open air, curata da Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, dedicata ai nuovi protagonisti della fotografia nazionale under 35, che è stata presentata questa mattina a Reggio Emilia, nei Chiostri di San Domenico dal sindaco Luca Vecchi, dall’assessora a Cultura e marketing territoriale e pari opportunità Annalisa Rabitti, dall’assessora a Educazione Raffaella Curioni e dai curatori Ilaria Campioli e Daniele De Luigi.
Gli impianti destinati all’affissione di manifesti pubblicitari sono rimasti in silenzio per due mesi, esposti agli agenti atmosferici e all’incuria dovuta al ripensamento di tutte le priorità imposto della pandemia e sono ora pronti ad ospitare le visioni di undici artisti italiani: Domenico Camarda, Emanuele Camerini, Marina Caneve, Tomaso Clavarino, Lorenza Demata, Irene Fenara, Luca Marianaccio, Luca Massaro, Iacopo Pasqui, il collettivo romano Vaste Programme e Martina Zanin per circa due settimane a partire dal 31 maggio lungo un ampio percorso cittadino percorribile in bicicletta o a piedi.
Tutti i fotografi sono stati selezionati dall’attuale e dalle scorse edizioni di Giovane Fotografia Italiana, il progetto dedicato ai talenti under 35 nell’ambito del festival reggiano Fotografia Europea.
“Credo – dichiara il sindaco Luca Vecchi – che non dobbiamo dimenticare che se non fosse accaduto nulla, in questo periodo la città avrebbe ospitato Fotografia Europea e si preparerebbe a un’estate culturale alle porte. Possiamo facilmente ricordare e immaginare come avremmo vissuto la nostra città in un momento come questo dove il fattore della creatività culturale è sempre stato e deve continuare ad essere un elemento molto importante.
Abbiamo alle spalle dei mesi in cui sappiamo bene quali sono stati i significati, le parole chiave e le immagini che ci hanno accompagnato e tra queste ci sono i display lungo la nostra circonvallazione che restituiscono con un certo grado di tristezza e malinconia il senso profondo di quel momento in cui abbiamo fermato tutto. Questa fase di ripartenza è molto complessa, perché non è mai capitato di dover riaccendere e rimettere in moto una città che si è interamente fermata: passiamo dai parchi ai mercati, dai centri sociali agli impianti sportivi e a un certo punto serve la consapevolezza di quale dev’essere il ruolo della cultura in senso lato nella vita civile di una comunità.
Penso che in questi mesi, nella narrazione pubblica dell’intero Paese si è parlato troppo poco di quello che poteva essere il contributo, anche solo di pensiero, che la cultura può dare anche in un frangente storico come questo. Non dobbiamo perdere la consapevolezza di come accompagnare questa fase attraverso il contributo dell’arte, della creatività e dei tanti linguaggi artistici. I mesi che abbiamo alle spalle, più di quanto non sia mai accaduto nelle nostre vite, ci dicono che la bellezza e il dolore convivono insieme ogni giorno. Sappiamo bene cos’è stato il dolore di questi mesi, in quasi seicento persone che abbiamo perso sul territorio provinciale, ma sappiamo anche qual è la bellezza dello spazio pubblico, di una città e una comunità col suo sistema di relazioni e della possibilità dell’arte e della cultura di dare un contributo fondamentale. Siamo un Paese che può essere capitale mondiale dell’arte e della cultura, ma che in questi mesi a mio avviso non ha dato la giusta centralità a questo aspetto. Reggio Emilia, come città contemporanea di medie dimensioni e che si misura con tutte le città medie italiane ed europee, non può perdere di vista la centralità della cultura nel suo modo di essere quotidiano e di costruire la sua visione del futuro.
Questa fase 2, che durerà oltre l’estate, è una fase in cui ci riappropriamo degli spazi di libertà e di iniziative che avevamo interrotto e che ora dobbiamo condizionare, in certi casi pesantemente, in ragione del contesto in cui viviamo. In questa fase, nella quale siamo chiamati ogni giorno a prendere decisioni con grande velocità, non dobbiamo perdere di vista la consapevolezza che le nostre scelte perdureranno nella fase 3. Ad esempio, se decidiamo di ampliare le pedonalizzazioni o investire sulla mobilità sostenibile in questo contesto, lo faremo immaginando una città che guarda più lontano. Lo stesso discorso vale per la cultura. Torneremo certo ai concerti e alle mostre di prima, ma ci sarà un modo di essere della cultura e dei suoi linguaggi artistici che inciderà anche sulla visione delle fasi successive, che ci permetterà di costruire una nuova normalità e che ci metterà nella condizione di capire come guardare il mondo negli anni a venire.”
“In quest’occasione – dichiara l’assessora alla cultura Annalisa Rabitti – stiamo cercando di rilanciare una cultura che sia fisica, più reale e meno virtuale perché crediamo che la cultura non possa semplicemente essere vissuta online. Siamo tutti soffocati da questi mesi di overbook da video, quindi l’idea è quella di fare un’altra operazione. Cos’è quindi questa mostra? Prima di tutto penso sia il segno di una cultura che batte un colpo con una presenza reale che contaminerà la città con l’esposizione di circa cento manifesti che occuperanno strade in cui dominava l’assenza. In città erano presenti tutti questi display scrostati, vuoti, che raccontavano un momento in cui la città è stata abbandonata dai cittadini. Questi spazi ci sono sembrati idonei per provare a dialogare. Nei prossimi giorni si riempiranno con una mostra open air, un regalo ai cittadini green, pubblico, gratuito, fruibile in bicicletta, a piedi, con la famiglia o in solitudine. Un progetto sviluppato con i giovani artisti e la fotografia, un linguaggio che Reggio Emilia mastica da anni ed è parte di noi, che rappresenta un modo per ribaltare la prospettiva e immaginare cos’è possibile fare nonostante la situazione attuale. Avremo inoltre un contributo molto importante di Max Casacci dei Subsonica che ha realizzato una playlist sul profilo Spotify del Comune che si può ascoltare mentre si cammina e si fruisce la mostra.”
“Abbiamo sentito l’esigenza – afferma Raffaella Curioni, assessora a Educazione, Conoscenza, Città universitaria e Sport – di far ripartire la città non solo nei suoi servizi essenziali, ma anche nella sua vivacità creativa e artistica, perché questa è stata una città che ha saputo dare tanto, sia in termini di proposte per i cittadini, sia in termini di opportunità offerte agli artisti. Ripartire con arte e creatività giovanile è un messaggio simbolicamente molto forte di inizio di un nuovo futuro. Per farlo ci siamo connessi con questa comunità di artisti che ha fatto parte dell’esperienza di Giovane Fotografia Italiana, progetto che seguiamo dal 2012 in collaborazione col GAI – Giovani Artisti Italiani e che nasce con importanti festival partner internazionali, da Parigi a Barcellona a Brighton, che lo rendono già connesso con il mondo. Gli undici giovani fotografi che hanno risposto alla chiamata ci hanno offerto le fotografie che raccontano della loro esperienza del lockdown e ci consegnano l’idea di come può essere il futuro dal loro punto di vista. La fotografia è un’arte potentissima che arriva a tutti e che consegna le immagini di difficoltà delle scorse settimane, ma anche di un futuro che in qualche modo va ricostruito in una nuova dimensione. Quest’anno Giovane Fotografia Italiana è un progetto ancora più importante grazie alla nascita della collaborazione con Comune di Cortona, che resta valida per l’ottava edizione non appena sarà possibile organizzare mostre e collaborazioni. Credo che questo sia un bel momento per la città, che segna una ripartenza, che mette in valore l’arte, la creatività, i giovani e naturalmente la fotografia, che è un’importante competenza di Reggio Emilia.”
“Con questo progetto – afferma la curatrice Ilaria Campioli – ci muoviamo nel solco dell’arte che si riappropria dello spazio pubblico; dimensione essenziale della condizione umana, luogo della pluralità che sorge dall’agire insieme, dal condividere parole e azioni. La cultura riprende la sua dimensione sociale, di fruizione e condivisione collettiva delle idee, per generare nuovi immaginari.
Nel periodo del lockdown ci siamo abituati a vedere le immagini attraverso lo schermo e il mondo si è trasformato in una immagine vista. Queste immagini ora escono dagli schermi che hanno abitato in questi ultimi mesi, subiscono una metamorfosi e occupano finalmente lo spazio fisico. Ci guardano, ci interrogano, facendoci passare da semplici consumatori ad osservatori capaci di attivare lo sguardo ed i pensieri”.
“Gli undici artisti coinvolti – Domenico Camarda, Emanuele Camerini, Marina Caneve, Tomaso Clavarino, Lorenza Demata, Irene Fenara, Luca Marianaccio, Luca Massaro, Iacopo Pasqui, il collettivo romano Vaste Programme e Martina Zanin – tutti provenienti dall’esperienza di Giovane Fotografia Italiana – ha sottolineato l’altro curatore Daniele De Luigi – hanno accolto con entusiasmo il progetto. Si è creata una vera comunità, che con proposte realizzate site specific racconta dei mesi passati, ma ci coinvolge anche nella riflessione su un nuovo futuro da costruire assieme, ricordandoci che fotografare il mondo è anche un modo per capirlo. Sono diversi i temi affrontati dagli artisti: dalle visioni nate durante il lockdown, ad approfondimenti sul tema dell’ambiente, fino alla proposta di immagini catturate dalle telecamere di videosorveglianza nel mondo o a serie di scatti sul tema dell’identità”.
La ripartenza della cultura a Reggio Emilia è pubblica, giovane e green. Infatti, il percorso espositivo di Spazio libero. Immagini per riabitare la città è completamente percorribile a piedi o in bicicletta e tratteggia il perimetro del centro portando gli undici progetti ad occupare spazi che sorgono lungo la circonvallazione, con due deviazioni su via Matteotti e via Verdi, come in un grande abbraccio della fotografia al nostro centro storico. Sono ottanta gli impianti di affissione che diventano display espositivi per gli undici progetti proposti dai protagonisti della mostra.
Spazio libero è un’iniziativa ideata Comune di Reggio in collaborazione con il Comune di Cortona e una rete di partner nazionali e internazionali: GAI – Giovani Artisti Italiani, Fotografia Europea, Circulation(s) Festival de la jeune photographie europeénne di Parigi, Photoworks – Brighton Photo Biennial, Festival Panoràmic di Granollers, Barcellona.
Il percorso prende il via dai Chiostri di San Domenico, vetrina reggiana della creatività under 35 e luogo dell’annuale appuntamento con la mostra collettiva Giovane Fotografia Italiana. È su via Dante Alighieri che trova posto I miei sogni non rimangono a casa, la prima parte della grande installazione Spazio Libero, dedicata alle visioni di Luca Marianaccio, uno dei protagonisti dell’edizione 2019 di GFI, che per l’occasione ha riflettuto sul ruolo che le immagini rivestono nella narrazione di una personale condizione ipocondriaca che trova nello spazio onirico nuove prospettive e immaginari.
La seconda zona ampiamente interessata dal progetto è quella di via Matteotti, che costeggia il Mirabello e diventa sede dei lavori di Emanuele Camerini, che con l’intimo e poetico progetto Nel vento restituisce le sensazioni e le attese del tempo sospeso della quarantena visto dagli occhi del figlio Zeno. Nella stessa area Irene Fenara, artista bolognese che lavora sulle immagini delle telecamere di videosorveglianza, offre alla città Extraordinary Appearances, una serie di scatti sugli spazi di cui il regno animale si è riappropriato durante il lockdown.
Tornando sulla circonvallazione si incontra il progetto Waithood di Domenico Camarda, una riflessione visiva su quella fase della vita che scorre in sospeso tra l’adolescenza e l’età adulta, permeata di incertezza e attese e che porta a una spasmodica ricerca di stabilità. Continuando a percorrere l’anello che cinge il centro storico ci si imbatte in Don’t have much to say today, il progetto di Lorenza Demata che occupa la zona di viale Timavo e Piazzale Fiume, con una serie di scatti realizzati durante la quarantena mostrando quei paesaggi domestici che insieme alla lentezza delle giornate spingono a una riconnessone intima con sé stessi e col tempo, percependosi in relazione con l’esterno.
Protagonista dell’edizione 2018 di Giovane fotografia italiana, il fotografo torinese Tomaso Clavarino accompagna il visitatore nel tratto di circonvallazione fino all’incrocio con via Guasco con il progetto Quarantine Ballad, una ballata campestre prodotto delle settimane di lockdown vissute nel tempo sospeso del Basso Monferrato. Il progetto è stato pubblicato recentemente sulle pagine del “Washington Post”.
La seconda deviazione del percorso porta il visitatore sul lungo Crostolo, nel tratto di via Verdi che è destinato ad accogliere l’installazione di Luca Massaro, giovane reggiano che partecipò all’edizione 2016 di Giovane Fotografia Italiana e che in questa sede presenta 5 Billboard, Reggio Emilia, una ricerca site specific concentrata sullo spazio invisibile che separa una fotografia dalla sua didascalia e le immagini dalle parole.
Il percorso di Spazio libero prosegue, tornando sulla circonvallazione, con gli scatti di Martina Zanin che porta sulle strade di Reggio Emilia Take care, una riflessione sul legame tra uomo e natura in cui la bellezza diventa progressivamente provocazione.
In prossimità della Caserma Zucchi trovano posto le visioni di Marina Caneve, premio per la Giovane Fotografia Italiana 2018, che attraverso il progetto The Shape of Water Vanishes in Water crea un parallelo tra questo momento storico e la fase dell’adolescenza intesa come momento della ricerca emotiva di un equilibrio con gli altri e col mondo.
La stessa zona ospita i lavori di Iacopo Pasqui, vincitore dell’edizione 2019 dello stesso premio, che partecipa con una selezione di immagini intime e forti che ha come titolo una poesia ispirata dai giorni della quarantena “Io comunque voglio lo stesso l’estate / e noi felici che ci fotografiamo sulla spiaggia / come il giorno del tuo compleanno”.
Chiude il percorso ad anello che torna al punto di partenza attraverso via Piave il progetto What colour are your eyes? firmato dal collettivo romano Vaste Programme, che parla di identità e identificazione, sia in modo intimo che in un senso più ampiamente politico.
Nel cuore del centro storico c’è infine uno spazio in cui tutti i progetti si incontrano e dialogano tra loro, un concentrato delle visioni che è possibile incontrare percorrendo la mostra: il voltone di via della Croce Bianca, un piccolo gioiello centralissimo e intimo, come il cuore pulsante dell’intera operazione.
Spazio libero. Immagini per riabitare la città inaugura il 31 maggio e resta in città per circa due settimane, invitando a una fruizione lenta e consapevole, per concedersi una esperienza che faccia bene agli occhi e alla mente e per riappropriarsi degli spazi urbani in modo graduale. Non è previsto un vero e proprio evento inaugurale, perché la salute delle persone è e rimane al primo posto, ma anche perché Spazio libero emerge sulle strade della città con lentezza, un manifesto dopo l’altro, con il ritmo delle affissioni, e così deve essere scoperto, un pezzetto per volta.
Spazio libero su Eventi a casa tua.
Una playlist speciale realizzata in esclusiva da Max Casacci dei Subsonica. L’iniziativa Spazio libero non si esaurisce con le affissioni delle opere sulle strade della città. Ampio spazio sarà dedicato ai progetti e alle narrazioni degli artisti sul portale online Eventi a casa tua, che continua a rappresentare una piazza partecipata di produzione e fruizione culturale. Le immagini, il percorso e tanti approfondimenti curati dai protagonisti di Spazio libero e da importanti personalità del panorama culturale contemporaneo resteranno disponibili in rete anche dopo la fine della mostra open air, per lasciare una traccia aperta e accessibile della prima, ampia operazione culturale in città dopo la chiusura del Paese.
La fruizione del percorso espositivo si arricchisce delle note della playlist creata in esclusiva da Max Casacci, musicista, compositore, autore, produttore, direttore di festival, operatore culturale e chitarrista fondatore dei Subsonica. Ispirato dalle visioni degli undici fotografi in mostra, Casacci suggerisce l’ascolto di undici pezzi che compongono la playlist Spazio Libero, un commento in musica all’installazione, pronto a decollare sul profilo Spotify del Comune di Reggio Emilia, confermando il carattere giovane e multimediale del progetto.
In questo modo le esperienze in rete si uniscono a quelle in presenza nello spazio, in una sinergia di linguaggi che si arricchiscono a vicenda e dialogano per restituire un’esperienza a cavallo tra i due momenti storici del lockdown e della graduale riapertura.
Ultimi commenti
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]