Le emergenze ambientali sono qui, le viviamo ogni giorno.
Spettatori accorati e al contempo sollevati dal meschino pensiero che anche questa volta non sia toccata a noi. Ma toccherà domani a figli, nipoti o forse anche a noi stessi se siamo abbastanza giovani o abbastanza sfortunati.
Siamo concordi, ognuno deve assumersi la responsabilità di vivere in modo più sostenibile. Bisogna fare attenzione ai piccoli gesti, la differenziata, raccogliere la plastica dalle spiagge, ridurre il consumo di carne, non sprecare energia. E promuovere le energie rinnovabili, le scelte politiche lungimiranti: sappiamo tutto con chiarezza.
Succede però che domani mattina andiamo al lavoro e per tutta la durata del nostro impegno professionale sospendiamo la consapevolezza ambientale.
Il lavoro serve a sostenerci economicamente, e su quell’orizzonte si estingue l’impegno ambientale. Non ci sentiamo più responsabili. Le scelte sono state compiute da altri, non ci riguardano, ci dobbiamo adeguare. La necessità del denaro ci giustifica ai nostri stessi occhi. Si deve pur campare.
Prevale la ragione economica nel nostro quotidiano, non soltanto nelle sale riunioni delle grandi aziende. Nelle nostre piccole decisioni lavorative.
Per indurre cambiamenti reali è necessario riflettere sul ruolo delle piccole aziende, degli imprenditori. I soli che hanno la possibilità di sostituire in modo diretto, in ciò che fanno, un modello economico che ha creato le cause della situazione attuale.
Occorre un nuovo profilo di imprenditore, che dia vita a una rappresentazione diversa. L’impresa economica ha bisogno di un’ipotesi di futuro in cui collocare le proprie scelte. E ora è urgente che cominci a essere parte attiva nella creazione di quell’ipotesi. Ogni singola scelta può concorrere a creare un futuro diverso.
Gli imprenditori, insieme ai lavoratori indispensabili per qualsiasi idea d’impresa, sono la parte più resiliente, agile, scaltra del nostro tessuto economico. Se capiscono che la prosperità dell’ambiente è l’unica strada per un futuro economico sapranno inventarsi i modi per sostenerla.
Insieme, esigendo gli uni dagli altri standard e metodi differenti, controllando i risultati in tempo reale e attuando misure correttive condivise. Escludendo la competitività, perché in emergenza si è tutti sulla stessa barca, e chi lavora nel piccolo lo sa o impara per necessità. Lo devono sapere anche i lavoratori, devono assumersi il ruolo di imprimere una direzione alle scelte aziendali e farsi portatori di idee di qualità, finalmente responsabili del proprio operato rispetto non solo al datore di lavoro ma a società e ambiente.
Ci sono già molti piccoli imprenditori diversi, nuovi. Si muovono, scambiano esperienze presso altri per confrontarsi, sono colti e curiosi, dedicano tempo a informarsi, traggono spunti dal web, dai viaggi, da ogni relazione, e rapidamente li testano. Hanno occhi aperti e cuore generoso.
Sanno che il guadagno si misura su molti parametri, non solo sui segni + e – . Superano pregiudizi, svelano segreti, aprono il proprio recinto, condividendo con generosità ciò che sono e che sanno.
L’attività imprenditoriale ha un ruolo decisivo nel modellare la realtà che vivremo, rispetto alle azioni dei singoli ha maggiore capacità, rispetto all’industria ha velocità di cambiamento, può provare strade diverse.
La semplice idea di creare lavoro e profitto è scaduta, la piccola impresa oggi deve inventare la possibilità di un futuro.
Mi emoziona leggere: “La semplice idea di creare lavoro e profitto è scaduta, la piccola impresa oggi deve inventare la possibilità di un futuro.” Poi ci penso un attimo… e mi chiedo perche’ non è cosi’ per tutti, ma solo per un 5/10% delle persone. Mi rispondo che solo la percezione diffusa del senso di comunita’, del senso di un unione tra le persone, di interconnessione tra l’io, noi e cio’ che ci circonda.. in una fusione unica può far partorire certi pensieri. Speriamo che faccia molti proseliti…
Condivido in pieno io dal 90 ho iniziato seriamente ho riportsto le piantagioni di canapa sativa in italia a Ferrara con un gruppo di imprenditori ta cui Armani
Frederic Laloux nel suo “Reinventare le organizzazioni” spiega bene il superamento del modello “green” delle imprese, per introdurre quello “teal”, basato su uno scatto di coscienza non indifferente: dall’attenzione alle tematiche ambientali (spesso introdotte “per legge”) alla consapevolezza di ogni attore del sistema (attivata da una “volontà di responsabilità”). Sottile ma decisivo per il futuro.