Quarant’anni il prossimo 20 luglio, 36 dei quali trascorsi a Reggio Emilia, indossa sempre l’hijab – anche se tra i più… sobri – e quando scrive sui social usa la schwa, Marwa Mahmoud è la prima assessora musulmana della Città del Tricolore. A lei il sindaco Massari ha affidato le Politiche educative con deleghe a Scuole e Nidi dell’infanzia, Scuola dell’obbligo, Comunità educante, Formazione professionale, Intercultura e Diritti umani. “È una che ci crede e che si impegna tanto”, dicono gli amici. “Una carrierista che non ha mai fatto un lavoro vero”, sibilano i maligni.
Nata ad Alessandria d’Egitto il 20 luglio 1984, a 4 anni è arrivata a Reggio dove ha frequentato la scuola dell’infanzia, le elementari, le medie, il liceo Moro e infine l’Università a Bologna, Lingue e Letteratura straniera studiando “l’arabo perché volevo recuperare le mie origini, l’inglese e il persiano moderno”.
Proprio ai tempi dell’Università ha iniziato a battersi per promuovere una riforma della Legge sulla cittadinanza, poi finalmente ottenuta a 22 anni. “Il mio percorso personale di acquisizione della cittadinanza italiana è stato l’esperienza che più di tutte mi ha ispirata a impegnarmi affinché nessun’altra ragazza o ragazzo potesse vivere le difficoltà che ho vissuto – racconta – Di fatto mi sono sentita sospesa in un limbo per ben 22 anni, in attesa di essere riconosciuta come cittadina quando di fatto mi sentivo italiana già da lungo tempo. Ho fatto tutte le scuole a Reggio, ma in questo percorso ho dovuto rinunciare a tante opportunità. Non ho potuto fare il servizio civile, partecipare al programma Erasmus, iscrivermi ad una facoltà che avrebbe previsto allora l’iscrizione all’albo nazionale, partecipare a concorsi pubblici e più di ogni altra cosa non ho potuto votare fino ai 22 anni. Tutto ciò mi è sempre sembrato estremamente ingiusto e iniquo rispetto alle opportunità che i miei amici e i miei coetanei potevano vivere. Per questo ad un certo punto ho deciso che dovevo fare qualcosa, che dovevo attivarmi e mi sono appassionata al mondo dell’associazionismo, dei movimenti nati dal basso dalle nuove generazioni e, con moltissime compagne e compagni, ho fondato il Movimento Italiani senza cittadinanza per porre all’attenzione di politici, giornalisti e dell’opinione pubblica la necessità di una riforma della Legge 91 del 1992”.
Ha lavorato per vent’anni al Centro interculturale Mondinsieme dove ha seguito fra l’altro l’ambito dell’Educazione interculturale, inclusiva e plurale ed è stata eletta per la prima volta in Consiglio comunale nel 2019, dove ha presieduto la Commissione consiliare ‘Diritti umani, pari opportunità e relazioni internazionali’. Nel 2023 Elly Schlein l’ha coinvolta nella Segreteria nazionale del Partito democratico per occuparsi di formazione e partecipazione politica.
“Ogni giorno ricevo feedback di tanti cittadini che vivono, in modi molto differenti ma estremamente profondi, il mio impegno in politica e nell’attivismo – spiega – Da una parte sono certa che ci sono cittadini che vedono in me un punto di riferimento culturale e politico, un esempio di chi ce l’ha fatta e sono per loro motivo d’orgoglio, di riscatto sociale. Altri invece che mi vivono ancora come una minaccia, un affronto, una sfida alla loro identità culturale, alla loro italianità. Altri ancora mi vedono come la sintesi di chi tra un mondo e l’altro ci vive tutti i giorni, che incarna il dialogo e la possibilità di vedere nel confronto e nella convivenza, difficile, faticosa ma possibile, il proprio modus operandi”.
Il rapporto con la fede
Alla fondazione Oasis, qualche anno fa, ha spiegato in una intervista anche il suo rapporto “a fasi differenti” con la fede. “Durante l’adolescenza la fede è stata un punto di riferimento importante – ha raccontato – Per questo motivo quando ho iniziato l’università mi sono messa il velo. Inizialmente lo portavo in maniera diversa, indossavo un hijab classico, ed ero molto più osservante… cioè in realtà è difficile dire osservante e praticante per la fede musulmana perché in realtà, se sei fedele, dovresti essere praticante nel senso che i cinque pilastri li dovresti vivere tutti. Io credo che un fedele musulmano in Europa dovrebbe vivere la fede in maniera che tenga conto del contesto europeo. Se nei Paesi dove l’islam è la religione maggioritaria, stare in una birreria o a tavola con persone che bevono alcool è haram, oppure fare una spesa condivisa con altri amici dove c’è anche l’alcool è haram (proibito, ndr), qui non puoi pensare a una cosa del genere. Negli anni, mi sono resa conto che quelle erano delle rigidità, dei blocchi mentali che mi portavo dietro. Io mi ero fissata che non bisognava bere alcool, che il velo non bisognava toglierlo davanti a un uomo, che andare a ballare o in birreria era sbagliato, magari ci andavo ma non ero serena. Crescendo mi sono resa conto che non era un torto che facevo alla cultura dei miei genitori o alla mia famiglia, ma era un torto che facevo a me stessa. Bisogna raggiungere dei compromessi perché vivi in una società diversa rispetto a quella in cui i tuoi genitori sono cresciuti. C’è una questione di valori legati alla fede che puoi continuare a condividere: la misericordia, la pace, la fratellanza, la tolleranza. Poi, ripeto, c’è tutto un assetto di protocollo comportamentale, di essere e vivere la realtà, che bisognerebbe mettere un po’ in discussione, non dico smantellare però mettere in discussione, perché finché la comunità italiana musulmana continuerà ad avere quella corazza e quella rigidità non riuscirà a vivere in sintonia con la società circostante”.
Chi sono gli altri assessori
Lanfranco De Franco, 32 anni, laureato in Giurisprudenza all’Università di Bologna, ha completato la Pratica forense in uno studio professionale che si occupa di Diritto del lavoro. E’ stato assessore a Casa, Quartieri e Partecipazione nel mandato 2019-2024 e consigliere comunale dal 2014 al 2019. In precedenza, è stato dipendente presso l’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna occupandosi della redazione di testi legislativi ed atti assembleari. Ha svolto attività di segreteria e coordinamento politico dal livello cittadino a quello regionale.
Stefania Bondavalli, 49 anni, sposata, è madre di due ragazzi. Laureata al Dams di Bologna, giornalista professionista dal 2003, è dipendente di Telereggio, attualmente in distacco per mandato amministrativo. Oltre ai telegiornali, ha condotto vari programmi televisivi ed eventi pubblici. Vincitrice dell’Ottava edizione del ‘Premio Ilaria Alpi’ nella categoria giovani, grazie ad un documentario sul campo di concentramento di Dachau, è socia fondatrice dell’Associazione di volontariato CuraRe Onlus. Nel 2020 è stata eletta in Consiglio regionale nella Lista Bonaccini Presidente ed è vicepresidente della Commissione Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità.
Carlotta Bonvicini, nata nel 1984, laureata in Architettura all’Università di Ferrara. E’ stata assessora alle Politiche per la Sostenibilità del Comune di Reggio Emilia, nel mandato 2019-2024. In precedenza ha avuto esperienze di studio, formazione e docenza in Università e Istituti italiani ed esteri. È iscritta all’Ordine degli Architetti come Pianificatrice territoriale. Ha svolto attività professionale di consulenza per la redazione di relazioni paesaggistiche e studi di impatto ambientale; di supervisione tecnica, project management e consulenza per le attività di pianificazione urbana e dei trasporti per Enti locali e studi di architettura italiani ed internazionali.
Marco Mietto, laureato in Filosofia all’Università di Bologna, nella prima fase della sua vita si è specializzato in ‘storia orale’, pubblicando una trentina di saggi e volumi che contribuirono a far riconoscere a livello nazionale prima la ‘scuola di Reggio Emilia’ poi quella dei ‘giovani storici’ che – opponendosi alle tesi revisioniste del ‘chi sa parli’ – di nuovo attrassero l’attenzione anche del sistema mediatico su Reggio Emilia. In questo contesto acquista, per la città, particolare significato il lungo lavoro di ricerca, scrittura, conoscenza del Popol Giost, a cui ha dedicato, insieme ad Antonio Canovi, Maria Grazia Ruggerini il volume Nascita di una città, uscito per Franco Angeli il primo gennaio 1990. Popol Giost che è anche il luogo d’origine del papà e dei nonni di Marco Mietto. A proposito delle ‘radici’ vale ricordare che il padre Alfredo e la madre di Marco Mietto, Carla Corbelli, sono stati prima l’uno poi l’altra segretari della Dc reggiana (lei – in quel momento – unico segretario donna di un partito), rappresentanti di quel ‘cattolicesimo democratico e popolare’ che poi ha portato all’esperimento legato a Romano Prodi e all’Ulivo. Di politiche pubbliche per i giovani Marco Mietto si è occupato dal 1994, per esempio come coordinatore delle politiche giovanili dei Comuni di Biella (1996-2005), Napoli (2009-2011) e Milano (2018-2020). Dal 2000 è direttore di Rete Iter Istituto Iard. Aveva già scritto di culture giovanili in diversi giornali e riviste, tra cui per diversi anni Linus. Tra il 2006 e il 2013 è stato il responsabile – per il Dipartimento Politiche giovanili e l’Anci – dell’assistenza tecnica dei progetti finanziati ai Comuni italiani dal Fondo nazionale Politiche giovanili che Iter aveva fatto inserire nel programma del primo governo Prodi. Tra il 2006 e il 2011 è stato consulente per le politiche giovanili prima per la Repubblica Federale di Bosnia poi per i Comuni di Celic, Lopare, Sapna, Sekovici e Srebrenica. Solo negli ultimi anni, sono stati oltre 70 i progetti culturali e sociali, molto legati ai singoli territori, realizzati per e con gruppi e associazioni giovanili in tutta Italia e in Europa. Cosa che ha fatto acquisire a Marco Mietto un’esperienza e una conoscenza diretta e approfondita, rara in un intellettuale, del funzionamento degli assessorati, della macchina comunale, dell’ottimizzazione dei risultati, e in particolare di tutto ciò che riguarda l’innovazione organizzativa degli Enti locali in genere.
Roberto Neulichedl, già docente di Pedagogia musicale presso i Conservatori di Alessandria, Bolzano e Modena, da sempre svolge attività di ricerca metodologico-didattica in campo musicale anche in rapporto ai diversi linguaggi performativi. Dal 1980 ha collaborato a progetti di studio e sperimentazione sull’esperienza musicale nei diversi livelli di età dello sviluppo (dai nidi alla formazione terziaria) occupandosi in particolare di formazione iniziale degli insegnanti di discipline musicali. Ha all’attivo la partecipazione a numerosi convegni nazionali e la pubblicazione di lavori teorici a carattere musicologico e didattico. Ha collaborato per il ministero dell’Istruzione e dell’Università in progetti nazionali d’indagine sullo stato della presenza della musica nella scuola italiana (e in particolare nei Licei musicali e coreutici) anche con riferimento all’uso delle tecnologie digitali. È stato membro del Comitato nazionale ministeriale per l’Apprendimento pratico della Musica.
Carlo Pasini è nato a Reggio Emilia nel 1960. Laureato in Economia e Commercio all’Università di Parma, dopo una breve parentesi nel settore della finanza, sviluppa la carriera professionale nel Gruppo Iren. Entra infatti in Agac nel 1989 e ricopre il ruolo di Responsabile Sviluppo del teleriscaldamento, per poi passare a una nuova esperienza nella Joint Venture costituita da Agac ed Edison spa per la vendita al libero mercato industriale di energia elettrica e gas metano, con il ruolo di direttore commerciale. Passa in seguito alla neo costituita Iren Rinnovabili quale direttore generale. Questa società sviluppa e realizza impianti a fonti rinnovabili, prevalentemente fotovoltaico – circa 20 MW tra impianti a terra e in copertura – e idroelettrico – di cui due nella provincia di Reggio Emilia. Iren Rinnovabili è anche il partner dell’Amministrazione comunale di Reggio Emilia per il progetto di riqualificazione dell’area delle ex Reggiane. La collaborazione si concretizza con la costituzione di Stu Reggiane che realizzerà il progetto. Nel 2016 Iren Rinnovabili acquisisce la società Studio Alfa, società che si occupa di monitoraggi delle emissioni, autorizzazioni ambientali, sicurezza nei posti di lavoro ed ingegneria e nel 2017 Pasini ne diventa l’amministratore delegato. Ruolo che manterrà fino al 2023 anno in cui interrompe il rapporto da dipendente nel Gruppo Iren. Rimane comunque all’interno del Gruppo con cariche di Amministratore. Il filo conduttore della sua esperienza professionale si potrebbe sintetizzare in due parole, che rappresentano anche lo spirito con cui intende affrontare anche le sfide future: sviluppo e sostenibilità.
Davide Prandi, 46 anni, ingegnere informatico. Abita nella frazione di Roncadella con la moglie Giovanna e i loro due bambini. Per 18 anni ha lavorato all’estero, prima come consulente per l’ottimizzazione e la sostenibilità del processo di manutenzione delle raffinerie petrolifere negli Stati Uniti. Poi ha iniziato la carriera nelle istituzioni europee a Bruxelles, Londra, Amsterdam e Parma da quasi 16 anni. Si occupa di pianificazione strategica, programmazione e innovazione digitale. Ha esperienza nella progettazione e gestione di sistemi complessi e di sostenibilità energetica e ambientale. Mette le proprie competenze al servizio della città per migliorare la qualità e la cura del territorio e favorire lo sviluppo di una città aperta, attenta ai più fragili e che funziona per tutti.
Annalisa Rabitti, laureata in Lettere, indirizzo Storia dell’Arte, con lode all’Università di Parma. Per 20 anni direttrice creativa ed imprenditrice nell’area del Design e della Comunicazione. Ex pallavolista e sportiva. Volontaria animalista, vive con due cani e tre gatti, tutti rigorosamente adottati, che accolgono spesso altri ospiti in cerca di casa. Ha fondato una associazione che sviluppa progetti creativi lavorando con persone con fragilità, di cui è attualmente volontaria. Consigliera comunale dal 2014 per portare avanti il progetto “Città senza Barriere”, diventa presidente delle Farmacie comunali riunite (Fcr) nel 2015. Nel andato 2019-2024 è assessora alla Cultura, Pari opportunità, Città senza barriere e Turismo del Comune di Reggio Emilia.
Una squadra triste, pressoché’ priva di professionisti con solide esperienze lavorative e con troppe persone provenienti dal mondo dell’associazionismo.
quindi mettiamo alle Politiche educative ed alla Scuola una che non scrive in Italiano ma utilizza la schwa……è tutto bellissimo. Siamo Peggio.