I carabinieri di Campagnola Emilia hanno denunciato una donna pakistana di 38 anni e il padre di quest’ultima, un uomo connazionale di 70 anni, con l’accusa di maltrattamenti in famiglia: secondo quanto emerso dalle indagini, i due avrebbero sottoposto la figlia della donna, una ragazza di 14 anni, a continue e gravi vessazioni fisiche e psicologiche per impedirle di “occidentalizzarsi”.
La ragazza, fin dall’età di 11-12 anni, sarebbe stata sistematicamente colpita dalla madre, anche con il manico di una scopa, su istigazione del nonno. La prassi prevedeva schiaffi ogni volta che secondo la madre o il nonno qualcosa non andava bene, o che la ragazza non si era comportata secondo il loro volere. La giovane veniva anche obbligata a svolgere i principali lavori domestici – a volte aiutata dalla sorella minore – e le era vietato l’uso del telefono cellulare, per impedirle di comunicare con l’esterno. Le era proibito, inoltre, di parlare in presenza di adulti.
Era inoltre insultata di frequente con epiteti denigratori in lingua pakistana e bersaglio di maledizioni, oltre a essere sottoposta a una serie di rigide restrizioni: fin dall’età di 10 anni, ad esempio, le era stato imposto l’uso del velo, anche contro la sua volontà; le era stato vietato di proseguire gli studi oltre le scuole medie e di iscriversi quindi alle superiori (secondo l’idea che l’istruzione non fosse necessaria per una donna), di avere amicizie maschili, di guardare la televisione, di indossare abiti occidentali, di praticare qualsiasi attività sportiva, di uscire da sola (doveva sempre essere accompagnata dalla madre o da un altro parente). La ragazza, poi, sarebbe stata più volte minacciata di essere riportata “per sempre” in Pakistan, nel tentativo di isolarla completamente dal contesto sociale in cui viveva.
La Procura di Reggio, alla luce degli esiti investigativi, ha immediatamente richiesto e ottenuto per entrambi – madre e nonno – la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima e in quelli immediatamente adiacenti agli stessi, con obbligo di mantenere dalla quattordicenne una distanza di almeno 1.500 metri e con il divieto di comunicare con lei con qualsiasi mezzo. Per garantire il rispetto delle misure cautelari, è stata disposta anche l’applicazione del braccialetto elettronico; non solo, madre e nonno dovranno anche sottostare all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria in orari prestabiliti.
La terribile vicenda di maltrattamenti in famiglia è emersa in primo luogo grazie alle segnalazioni provenienti dalla scuola frequentata dalla giovane, che aveva inviato una comunicazione urgente relativa alla situazione dell’alunna: la ragazza, infatti, aveva rivelato ai compagni di classe e ad alcuni insegnanti di essere spesso stata picchiata a casa, e che la madre e il nonno le avrebbero impedito – una volta terminata la terza media – di proseguire ulteriormente gli studi. La quattordicenne temeva anche di essere riportata in Pakistan per essere costretta a un fidanzamento o a un matrimonio forzato.
Nella vicenda è stata fondamentale l’attività di coordinamento tra la Procura reggiana e quella del Tribunale per i minorenni di Bologna, che ha consentito di collocare immediatamente la minore in una struttura protetta.
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