Quello tra aprile e giugno 2020 è stato un trimestre a suo modo “storico” (ma in senso negativo) per le aziende bolognesi, con flessioni mai registrate prima per l’economia provinciale. A impattare duramente sul tessuto produttivo locale è stato soprattutto il periodo di lockdown, con diverse settimane di chiusura completa di quasi tutte le attività del territorio.
A fare il punto della situazione ci ha pensato la Camera di commercio di Bologna, secondo la quale nel trimestre considerato le imprese manifatturiere bolognesi hanno mediamente fatto registrare un calo del 19% della produzione, del 18% del fatturato, del 16% delle vendite all’estero e degli ordini.
Le imprese metalmeccaniche hanno fatto segnare una tendenza negativa ancora più incisiva, con riduzioni del 20% della produzione e un calo degli ordini del 17%. Nel manifatturiero artigiano la flessione è andata oltre il 20% per produzione, fatturato e ordinativi, con un rallentamento importante anche per quanto riguarda i mercati esteri: -17% per il fatturato e -14% per la domanda da oltre confine.
Flessione inferiore, invece, nel settore del packaging, dove si è attestata attorno al 10%; è anche l’unico comparto con un segnale positivo, il +4,5% nelle esportazioni rispetto alla metà del 2019. Tutti segni meno, invece, nell’alimentare, con cali tra il 9% e il 10% per produzione, fatturato e ordinativi: -8% le esportazioni, -6% la domanda estera.
Nessun dato positivo nemmeno nelle costruzioni, che hanno visto frenare il volume d’affari (-14%). Svolta in rosso anche la cooperazione, che pure nei primi tre mesi dell’anno aveva fatto registrare anche qualche segno positivo: produzione -3%, fatturato -5,6% e ordini -2,7%, mentre esportazioni e domanda estera sono poco al di sotto di variazioni nulle.
Pesante botta anche per i servizi, che hanno perso oltre un quarto del volume d’affari: -25,7% rispetto a giugno 2019. Va invece oltre il -13% la flessione delle vendite del commercio al dettaglio, con una forbice variabile tra il -7% del comparto alimentare e il -22% per il non alimentare. Rallentamento vicino al -20% per il commercio all’ingrosso, che ha raggiunto un picco negativo di -22% nell’ingrosso dei prodotti non alimentari. Situazione opposta per la grande distribuzione, che ha evidenziato un segno positivo: +9,5%.
Nel secondo trimestre dell’anno sono comprensibilmente crollate le attività turistiche nel loro complesso, perdendo oltre la metà del volume d’affari e facendo registrare un impietoso -54% di media: le strutture ricettive hanno lasciato sul campo il 63% del volume d’affari, la ristorazione il 52%, le agenzie di viaggio il 69%.
Se a fine marzo oltre sei imprese su dieci si aspettavano un’ulteriore riduzione di produzione, fatturato e ordinativi nei mesi a venire, a fine giugno la percentuale si è pressoché dimezzata: meno di un operatore su tre si attende un ulteriore calo della propria attività in vista di settembre. Sono invece ottimisti e sperano in un rimbalzo positivo prima dell’autunno solo poco più di due attività su dieci. È raddoppiata, nel frattempo, la percentuale di chi esprime cautela: oltre il 40% degli operatori prevede per i prossimi mesi una sostanziale stabilità.
Sul fronte occupazionale, tra agosto e ottobre le imprese bolognesi dovrebbero cercare poco più di 18.000 figure professionali, 6.570 in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Nello stesso periodo del 2019 il 13% delle imprese aveva in programma nuovi contratti di lavoro, mentre oggi la percentuale è quasi dimezzata. Un dato è rimasto inalterato rispetto al 2019: per un posto su tre le imprese cercano espressamente dei giovani.
Il calo della domanda è per due imprese su tre il motivo principale che ha determinato il rallentamento nella ricerca di nuove figure professionali; per il 43% il motivo è legato all’interruzione dell’attività, per un terzo alla carenza di liquidità. Anche la difficoltà negli spostamenti delle persone (21% delle risposte multiple rilevate) ha inciso sulla restrizione dei piani di ampliamento dell’organico.
Le principali azioni messe in campo in questi mesi dalle aziende nella gestione del personale hanno riguardato il ricorso alla cassa integrazione a zero ore, il ricorso all’utilizzo di ferie e permessi, la cassa integrazione a orario ridotto e il lavoro agile.
Il punto cruciale per la ripartenza è però la liquidità, il cui accesso ha avuto percorsi differenti a seconda delle dimensioni delle imprese: ha ottenuto finanziamenti il 49% di quelle piccole e piccolissime (da uno a 9 dipendenti), percentuale che sale all’81% per le imprese con più di 250 dipendenti.
Se le condizioni della pandemia rimarranno invariate, un’impresa bolognese su due prevede di riprendere l’attività ai livelli pre-Covid solo a partire dalla seconda metà del 2021; le imprese esportatrici e quelle che hanno piani di investimenti digitali, invece, prevedono un recupero dei livelli produttivi più rapido.
Secondo gli scenari di previsione, nel 2020 l’economia bolognese potrebbe perdere 3,7 miliardi di euro rispetto al valore aggiunto prodotto nel 2019, con una flessione che supera il 10%. Per le esportazioni è prevista una flessione vicina al 17%, per le importazioni invece superiore al 13%.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]