Ha energia e grinta da vendere, forza d’animo e una solarità sprezzante e contagiosa, nonostante l’equilibrio – a detta sua – rimanga un sogno nel cassetto.
E’ sulla strada buona però, e lo dimostra con il suo ultimo lavoro in studio: il nuovo disco d’inediti Io e Bonnie.
Roberta Bonanno, storico volto di “Amici di Maria De Filippi” nell’edizione 2007/2008 esce con il terzo album in carriera, personale e atteso, realizzato dopo due intensi anni di lavoro in studio con Alberto Boi di Advice Music.
Un titolo che non a caso porta il suo soprannome e nove tracce che le si vanno a cucire addosso costruendo un racconto personale, intimo e sincero di tutte le esperienze che ha vissuto nella vita personale e nella sua carriera artistica.
Quando e quanto ti sei sentita la vera Bonnie Parker? E c’è stato, o c’è oggi un Clyde Barrow nella tua vita?
Direi di sì e sono entrambi io, sia Bonnie che Clyde. Ho trovato una grande complicità in me stessa, cosa che prima non avevo, e questo lo considero il traguardo più grande che io sia riuscita a raggiungere in questi anni. Seppur milanese, nasco ragazza di provincia, ingenua e sognatrice: la musica e la vita stessa mi hanno insegnato ad essere intraprendente, spericolata; mi hanno dato la facoltà di lasciarmi andare e ho sicuramente capito che una parte di me doveva venire davvero ancora fuori del tutto, ed è poi la parte di me che mi piace di più, quella “caciarona”, colorata, sorridente. La mia vera anima torna a galla. L’avevo messo in disparte, ma ho ripescato il gusto di lasciarla riemergere, ed è il motivo per cui l’album racconta di due persone: le radici, la famiglia e l’evoluzione di tutto; un album di fotografie molto vivace che racconta di me, di me e di Bonnie.
Tu e il tuo alter-ego che vi raccontate in canzoni piene di ironia e nuova consapevolezza. Un’esperienza ormai decennale alle spalle nel mondo della musica e quindi, anche la facoltà magari di fare scelte “controtendenza”.
Ci hai anche titolato un brano: Controtendenza rispetto a cosa? Cosa ti da più fastidio e cosa hai perso per strada, scegliendo di fare come sentivi?
L’omologazione. Rientro nel grande calderone del pop italiano, che è un bacino da cui non si scappa, ma punto ad avere una mia identità che non sia confondibile con la moltitudine d’identità che mi circondano. Cerco nei miei lavori di essere diversa. Qui, questa volta, ho voluto puntare sulla positività: tutti gli argomenti affrontati, magari con un pizzico di nostalgia, lasciano intravedere comunque del bello; quello che c’è stato e quello che magari arriverà poi, perché sai di meritartelo e vivi con consapevolezza e gioia qualsiasi frammento di presente. Ad esempio, canto de L’uomo che non c’è perché non ho un compagno di vita da una vita e questo sicuramente qualche anno sarebbe stato motivo di grande sofferenza. Oggi, a trentatré anni, con una nuova consapevolezza, capisco e accetto che arriverà quando sarà il momento. Perché c’è un momento per tutto. Anche in musica, ho aspettato anni prima che arrivasse questo album e in certi momenti, ho anche creduto che non sarebbe mai più arrivato, invece è successo: bisogna dare tempo al tempo.
Ecco, hai citato L’uomo che non c’è… e come dovrebbe essere (quello che manca da 8 anni)?
Sicuramente protettivo, capace di fare quello che io faccio per me da tempo: sostenermi. Un uomo che ti faccia dire che hai altre due mani oltre le tue. Poi credo dovrebbe essere sicuramente simpatico, che sembra scontato ma nemmeno troppo, visto che nella mia generazione attualmente vedo tanto fuorché la simpatia. Un tipo aperto al mondo anche mentalmente, che sia sulla mia stessa lunghezza d’onda: intraprendente, che ami viaggiare come me (se no poi mi stufo), ma può fare quello che vuole.
Astenersi perditempo, insomma. Ti interrompo perché non vorrei che poi ti intasassero la rubrica. Una cosa è chiara e lo si sente anche mentre chiacchieriamo: quanto è importante riuscire a ridere di sé? Visto che Ridere di me è la canzone di apertura del disco…
E’ fondamentale. Io mi sono salvata con l’autoironia.
Tu Roberta esorti anche ad osare, senza paura. Come si fa?
La prima cosa che bisogna fare è rendere la paura tua amica: quando capisci che la paura è alla stregua del successo e che bisogna sfidarla per vincere, cominci ad osare. Devi capire che è un’alleata e devi affrontarla.
Entrare e sopravvivere nel mercato della discografia è difficile: oggi devi osare, il mio produttore ha osato con me e la stessa cosa l’ho fatta io, rimettendomi in gioco, dando nuovamente fiducia a persone con cui ho lavorato anni fa e buttato giù muri che erano stati alzati in questi anni per paura di non arrivare dove gli altri invece arrivano. Non è quello che mi preoccupa oggi: io voglio arrivare a fare ciò che amo e come lo deciderà il tempo. L’importante è arrivare a farlo.
Canti Le cose più belle: quali sono, dovessi sceglierne tre, le più importanti?
La famiglia; gli amici, il ché vuol dire tante cose (ancora di più per lei) e gli animali, per la loro purezza.
Di tutto quello che è successo in questi dieci anni di vita ricchissima di sorprese, che ricordo hai degli esordi? Cosa ti sentiresti di consigliare a un giovane emergente che abbia voglia di fare della musica la propria vita, un mestiere insomma?
Quando ho avuto modo di parlare con altri giovani, più giovani di me, che fanno oggi quello che facevo prima – e sono molto onesta in questo – mentre avevo colleghi che si chiedevano quali parole usare per dire a quei ragazzi pieni di grandi sogni che a volte finisce lì, io sentivo solo la voglia di dire di non mollare, di non smettere di avere dei sogni.
Si devono sempre avere un piano B, C e anche D. La musica è satura di nuovi prodotti e come tutte le cose che naturalmente vivono un ciclo, forse domani si tornerà agli esordi, ai live nei club dove farsi vedere e conoscere. I concorsi, le piccole realtà regionali, sono grandi opportunità: se la musica è condivisione, è condivisione, indipendentemente da dove la porti. Anche i grandi oggi fanno fatica, nel loro contesto ovviamente, non ci sono più i guadagni di una volta: un insegnamento è arrivato da Morandi, che dopo dieci anni di pausa, è tornato a cantare nei ristoranti per cachet sicuramente ridotti rispetto a prima. La vita ti porta a fare delle scelte: ci sono momenti in cui la montagna russa va verso il basso e ci devi saper stare ancorato, altrimenti è un attimo volare giù.
Quando ti trovi uscita da Amici in una piazza gremita, con 80mila che ti esortano, poi gli anni, tanti nuovi volti arrivano e sai che quegli 80mila non torneranno mai più, che potrebbe succedere ancora ma che probabilmente non succederà più, devi sapere stare in piedi. Con i piedi ben ancorati a terra e con il sorriso fiero.
Devi tanto anche ai talent, ma nel frattempo sono cambiati anche loro, anzi, è cambiato il punto di vista degli ascoltatori. Perché oggi c’è astio nei confronti di un format che rimane ancora uno dei pochi accessi al grande mercato televisivo?
Intanto sono aumentati. Quando l’ho fatto io era il primo anno di Amici e, di contro, c’era solo xFactor. Non c’erano nemmeno i social. Oggi ce ne sono almeno otto diversi e solo legati alla musica. Oggi è tutto “talentizzato”. Quando proponi al pubblico la stessa cosa, il pubblico per un po’ se la mangia, poi si stufa. Siamo sempre lì in bilico tra il <<l’hai sentita l’ultima dì… e uhm, che barba la canzone dì…>>.
Ma io aggiungerei anche, a malincuore, un <<hai sentito la canzoni di, chi è questo qui…>>. Poi, succede che qualcosa ti entri in testa come un tarlo e non esca più e tu non sappia che è un grande successo di Roberta Bonanno. Hai fatto un musical, hai prestato la voce per numerosi spot pubblicitari – A Natale puoi per Bauli, It’s oh so quiet per Toyota Yaris; Devi dirmi di Sì, colonna sonora della campagna pubblicitaria CartaSì, Sorelle d’Italia per Calzedonia – e potrei andare forse avanti fino a sera. Cosa ti ha divertito di più tra tutte le cose belle che hai fatto? Da più soddisfazione sentire un jingle in tv, o un proprio singolo in radio?
Un singolo in tv sarebbe la soluzione migliore. Il valore aggiunto delle pubblicità è non se le dimentica nessuno. Una sera a Roma, in stazione, aspettando un treno che non arrivava mai, hanno messo in loop uno spot che ho fatto io e, aldilà della gioia immediata, dopo due ore di ritardo, volevo sparare allo schermo. I jingle sono micidiali.
Dal domani cosa ti aspetti?
In assoluto, di trovare l’equilibrio e per questo credo di essere sulla strada giusta. Leggevo che trovare l’equilibrio è più forte che trovare l’amore, ed è vero: l’amore senza equilibrio può essere distruttivo. Un’altra cosa che mi aspetto, senza presunzione, come mi guardassi da un altro punto di vista – e qui ritorna il confronto tra l’io e Bonnie – è anche di raccogliere i frutti che ho seminato negli anni. Ho fatto tanti errori probabilmente, ma sono anche sempre stata una brava persona, quindi – come se me lo dicesse mia sorella più grande – mi piace credere che se ti comporti bene prima o poi…
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buffon sei il numero uno del pianeta terra
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!