Non è stato bello, “è stato veramente bellissimo!”.
I Nomadi celebrano 60 anni di musica con uno splendido cofanetto tributo ad Augusto Daolio a trent’anni dalla sua scomparsa: “Trent’anni che bisognerebbe rivivere”, racconta il leader e fondatore dei Nomadi Beppe Carletti, che ne ha curato personalmente la realizzazione, insieme alla band.
“Lavorare su questo cofanetto mi ha divertito tanto. Il più è stato partire e capire dove si volesse arrivare, ma risentire certe canzoni è stato incredibile. E poi ci sono due o tre chicche imperdibili, che Augusto amava in modo particolare e a cui io ho lavorato per dare una forma e una nuova vita”.
Un viaggio emotivo attraverso quattro cd e due dvd contenenti inediti, rarità, provini, versioni in spagnolo, remix e alcuni brani tratti da concerti live inediti del 1992; offrendo un’esperienza unica di ascolto degli ultimi concerti di Augusto Daolio dal vivo.
Un cd ricco di sorprese, che include un provino incompleto inedito con la voce di Augusto dal titolo “E il treno va”, perfezionato e completato a ottobre in studio, con il tocco magico – per l’appunto – di Carletti e di due coriste. Una panoramica delle molteplici sfaccettature artistiche della band emiliana, dalla dolce malinconia ai remix coinvolgenti.
“Ci siamo conosciuti che avevamo sedici anni”, continua Carletti, con sorriso nostalgico: “Anni indimenticabili, dove esisteva ancora l’amore per le cose semplici, vere. All’inizio canti quello che vuole sentire la gente, ed è lì che ti fai le ossa, che impari”.
“Devi mescolare: noi avevamo due canzoni nostre, per il resto cantavamo da Gino Paoli a Gianni Morandi. Impari a stare sul palco, a rispettare la gente che viene ad ascoltarti. Grazie alle balere e grazie all’Emilia-Romagna ricchissima di questi luoghi di formazione, che sono stati anche la nostra fortuna. Ci dicevano che dovevamo suonare a Roma e a Milano, e d’accordo, ma noi stavamo bene dove eravamo. Nei piccoli paesi c’è gente con un grande cuore e in trent’anni, con Augusto in modo speciale, ne abbiamo fatti tanti. Al tempo volevamo solo divertirci a suonare. Tutto è venuto casualmente. Suonare non costava niente e abbiamo fatto tutto senza pensare al successo e nessuno ci ha mai regalato niente: era l’epoca in cui quando ti conquistavi una piccola cosa, era gigante. Lo auguro a tutti, perché è stato veramente bello”.
Un cofanetto che attraversa sei decenni di musica, con un packaging elegante e un ricco booklet di 24 pagine con i testi di presentazione di Beppe Carletti, estratti dal libro “Questi sono i Nomadi e io sono Beppe Carletti” e i contributi di Davide ed Elena Carletti.
Completano il viaggio due dvd: la registrazione del memorabile concerto al teatro Smeraldo di Milano nel 1991 e un docu-film del ’95 interamente dedicato ad Augusto, dal titolo “Augusto Daolio Musicista, poeta, pittore”, dove si svela il lato poliedrico dell’indimenticabile artista e quello, straordinario, umano.
Il 7 gennaio, poi (alle ore 23.10 su Rai 3 e RaiPlay), andrà anche in onda il documentario “Nomade che non sono altro”: dall’esordio del 1963 alla collaborazione con Francesco Guccini. Da “Io vagabondo”, ancora oggi canzone simbolo della band e inno per diverse generazioni, al concerto-evento del giugno 2023 a Novellara, dove la band festeggiò i sessanta anni di storia insieme al popolo nomade.
Andrea Avanzi e Marco Santachiara, che nel documentario interpretano Beppe e Augusto, ci porteranno nei luoghi chiave – tra Novellara, le valli e la bassa – con le riflessioni di Augusto Daolio estratte da un’intervista radiofonica Rai del 1989 “Lo specchio del cielo” e le testimonianze di Francesco Guccini, Luciano Ligabue, Caterina Caselli e Rosario Fiorello.
Al racconto si aggiungono il cantautore Stefano Cisco Bellotti, i musicisti Cico Falzone e Daniele Campani, i figli Elena Carletti e Davide Carletti, il parroco di Novellara don Giordano Goccini, il giornalista Pino Strabioli e l’ex parlamentare e fan Renzo Lusetti.
“Quando ho incontrato Francesco Guccini per le riprese, abbiamo cominciato a parlare in dialetto”, se la ride Carletti: “Anche se Francesco mi diceva che non avrebbe capito nessuno, la regista era propensa a tenerlo così; ma quando ha ricevuto il materiale definitvo, ha chiesto di mandarle i sottotitoli perché non capiva nulla di quanto avessimo detto”.
L’incanto delle radici. Perché un fiume non avrebbe acqua senza la sorgente.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]