Anna Kuliscioff e Filippo Turati, un incontro tra cuore e politica

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Il pensiero politico di Filippo Turati, che tanto influenzò lo sviluppo del movimento socialista italiano e internazionale, fu per molti aspetti il risultato del rapporto e del dialogo costante con la sua compagna di origini russe Anna Kuliscioff.
Laureata in medicina a Zurigo, a quel tempo nelle università russe le donne non erano ammesse, aveva conosciuto Turati a Napoli nel 1885.

Già conosciuta dai compagni e soprattutto dalla polizia, per la sua coraggiosa attività anarchica e come compagna di Andrea Costa, nonché madre della loro figlia Andreina, da qualche tempo era andata sviluppando un sentimento di profonda disillusione verso il movimento anarchico, tanto da incoraggiare lo stesso Costa ad abbandonare l’anarchismo e scrivere le ragioni di tale scelta nella sua notissima lettera Ai miei amici di Romagna del 1879.

Esaurito il suo rapporto con Costa, Anna si stabilì definitivamente con il suo Filippo a Milano in Galleria Vittorio Emanuele, dove nella nuova abitazione, che era anche la sede della redazione di Critica Sociale, aprì un salotto, che divenne il principale punto di riferimento dei più noti esponenti della allora estrema sinistra, cioè i socialisti.

Già convertita dunque al marxismo prima ancora d’incontrare Turati, grazie a lei il pensiero di Filippo si arricchì con quella base “scientifica”, che era il vanto degli intellettuali socialisti di fine Ottocento.

Anna non solo lo convinse ad arricchire le sue convinzioni politiche e filosofiche grazie all’analisi marxista dei mutamenti sociali ed economici della società, ma continuò a ispirarlo fino alla sua morte, avvenuta nel 1925.

La fitta corrispondenza tra i due sta a testimoniare che molte delle scelte politiche di Turati ebbero origine dai suggerimenti, dall’incoraggiamento, dall’approvazione o dalle critiche di Anna.
Non sempre delle medesime opinioni, i due riuscirono a superare le loro divergenze anche perché Anna lo invitò sempre a non farsi isolare in parlamento e nel partito, ma a ricercare con determinazione le massime alleanze possibili, senza venir meno ai principi fondamentali del suo credo socialista.

In una lettera a Turati, allora a Roma perché impegnato in parlamento, Anna descrisse le loro divergenze come “Baruffe in famiglia, non sempre causate da passeggeri scarti d’umore”.


Anna riassunse così, in una lettera all’amato del 1907, il significato della loro fitta corrispondenza: “Le nostre lettere sono una conversazione a distanza, e idee, sentimenti, progetti s’incontrano, come se fosse soppresso lo spazio che ci divide, come se avessimo un sol cervello, un’anima sola. Quale unione mai potrà vantare un’immedesimazione così completa e così perfetta”.
Turati, in ogni caso, non fu mai un teorico del marxismo, risentendo molto di più delle teorie positiviste, tanto da descriversi come “un politico che cercava sempre di tenere presente i cambiamenti nelle condizioni di fatto per modificare la sua ideologia politica”.

La vera forza di Turati derivava in realtà dal suo umanitarismo e dalla ricerca continua nell’azione delle giustificazioni etiche e morali del socialismo.

Furono quelle convinzioni e quei sentimenti a legarlo in una solida e perenne amicizia con Prampolini, Treves, Zibordi e tutto il gruppo riformista nazionale.




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