La situazione di siccità che sta allarmando l’Italia – e in particolare le regioni del nord, dove in alcuni territori non piove da 110 giorni (quasi quattro mesi) e in decine di Comuni di Piemonte e Lombardia sono già in servizio le autobotti per l’approvvigionamento di acqua alla popolazione – prefigura uno scenario in cui il rischio è che si arrivi a un certo punto a un bivio: chiedere al governo un intervento per far prevalere l’utilizzo di acqua per uso umano e agricolo rispetto a quello energetico (riducendo dunque la produzione di energia idroelettrica), o addirittura nei casi più gravi il dover scegliere tra irrigare i campi agricoli o far scendere l’acqua dai rubinetti.
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha già annunciato l’intenzione di chiedere lo stato d’emergenza, cercando di coinvolgere anche i colleghi delle altri regioni che insistono sul bacino del fiume Po: “È una situazione estremamente delicata, sono preoccupato da mesi”, ha detto Fontana. Nel frattempo si sta già muovendo anche il Piemonte: il presidente della Regione Alberto Cirio ha inviato a Roma la richiesta per la proclamazione dello stato di calamità per l’agricoltura. Il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha annunciato la costituzione di un Comitato di coordinamento nazionale degli osservatori presso le autorità di bacino: “Un tavolo politico istituzionale di alto profilo per fare un quadro d’insieme delle misure a livello nazionale”.
Non si tratta, peraltro, di un problema che sta riguardando solo il bacino padano. L’emergenza acqua, infatti, si sta rapidamente estendendo anche al centro Italia, secondo il report dell’associazione dei consorzi di bonifica, che parla di quella attuale come della “prima stagione in cui si evidenziano in maniera massiva le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla penisola”.
Il Consorzio della Bonifica Burana, attraverso il suo presidente Francesco Vincenzi, ha espresso “grande preoccupazione per la situazione climatica attuale”. Sebbene ad oggi siano state attuate tutte le manovre e le operazioni idrauliche possibili per arginare le criticità dovute alla grave siccità, “se perdura questa situazione non ci saranno più le condizioni per derivare acqua dal fiume Po”, e quindi per irrigare i campi.
In considerazione del previsto rialzo delle temperature e del picco di caldo atteso nel fine settimana del 18-19 giugno, in un periodo peraltro già caratterizzato da afa e da temperature mediamente più elevate del passato, Vincenzi ha chiesto a tutta la cittadinanza “la massima collaborazione affinché si faccia un uso oculatissimo della scarsa risorsa idrica a disposizione”.
La consigliera regionale e capogruppo del Partito Democratico in Regione Emilia-Romagna Marcella Zappaterra ha anticipato l’intenzione di presentare una risoluzione alla giunta emiliano-romagnola affinché chieda una cabina di regia tra Regioni, governo e Comuni: “La crisi idrica del Po – ha spiegato – è una questione di portata nazionale ed europea. La principale risorsa d’acqua del nord Italia è minacciata dalla siccità, e questo rischia di mettere in ginocchio produzioni agricole, consumi, abitudini. Pensiamo che serva una cabina di regia tra le Regioni coinvolte, il governo, i rappresentanti di tutti i territori interessati fino all’Europarlamento. Possiamo confidare nel meteo, azzardare, ma quello che abbiamo davanti agli occhi oggi non dipende dal caso. Serve una strategia urgente e coordinata dalle quattro Regioni (Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte) capace di guardare al futuro per accelerare la transizione ecologica e cambiare il nostro rapporto con l’ambiente, eliminando comportamenti climalteranti di ogni grado”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]