Ligabue alla guida della sua Guzzi rossa, lungo gli argini del Po, barattava a volte i suoi dipinti per un piatto caldo abbinato all’immancabile e inconfondibile lambrusco di Gualtieri.
Non era famoso. Anzi. A volte i suoi quadri venivano barattati con ristoratori locali e privati cittadini per compassione per poi essere utilizzati nel peggiore dei modi alla stregua di chiusure di pollai o di paratie.
Per una bottiglia di lambrusco di Gualtieri, c’è chi nella bassa reggiana (e non solo) si è trovato in casa dei “Ligabue” che oggi valgono decine di migliaia di valore. Magari con due buchi nel quadro perché il pittore doveva far asciugare alla velocità della luce i suoi dipinti con un bel giro in moto. Perché fame e voglia di un buon bicchiere di lambrusco non mancavano mai.
La storia della Cantina di Gualtieri si intreccia fortemente con la vita del grande artista.
Nata la Cooperativa nel 1958 grazie alle esigenze commerciali e alla “visione” dei 21 soci fondatori della zona.
“Non farsi concorrenza e rafforzare un unico brand di produzione”. Dei veri precursori del marketing per l’epoca. Dei “visionari” in un mercato dominato da micro cantine e qualità dei prodotti molto bassi.
Travolgente successo trascrivibile da numeri da record una fase di start up e consolidamento dell’azienda: crescita impressionante dei soci aderenti fino a superare negli anni novanta la quota di 480 iscritti. Tra le prime cooperative sul territorio italiano ad avere una filiera produttiva completa. Tanta sperimentazione e alcune scelte produttive non capite dall’epoca: come la produzione del lambrusco attraverso il complesso metodo classico. Una vera “chicca” per il lambrusco la fermentazione naturale in bottiglia, ma quel residuo di lieviti nel fondo della bottiglia non piaceva al consumatore. La produzione sarà negli anni settanta convertita totalmente all’utilizzo di autoclavi.
Salamino, Maestri e Ancellotta. Bassa Reggiana e Mantovana. DOP e IGP. Ligabue non era “artisticamente nessuno” per la critica ma per Gualtieri sì. E per la cantina di Gualtieri e i suoi tanti soci ancora di più. Una “macchietta genuina e simpatica del Paese”. In fondo la stessa cantina voleva “sposarsi” a livello di immagine con un personaggio genuino come i suoi prodotti e poco importava se era agli arbori e pochi la conoscevano.
Da qui la decisone di dedicare a lui una intera linea di prodotti. Mettere il suo autoritratto su ogni singola etichetta. Tale decisione divenne “involontariamente” un incredibile strumento di marketing. Tutti nei Paesi della Bassa ne parlavano. Altro che social network: “Che bello che abbiamo a cena Ligabue” o in alternativa, come rovescio della medaglia, “non ceno insieme a quel viso così brutto e inquietante di Ligabue”.
All’annoso problema di “immagine e branding degli anni settanta” per non scontentare nessuno, il volto dell’autoritratto di Ligabue venne lasciato ma presentato in modo parziale tagliato della metà.
E proprio in quegli anni che inizia l’esportazione, dominata da subito dalla domanda della Germania. Furono i tanti immigrati italiani che trovavano un poco di Italia, un ricordo di casa, nei lambruschi della cantina Gualtieri.
Lambrusco per intenditori ma assolutamente per le tasche di tutti. Dal manovale all’imprenditore.
I cooperatori hanno le idee ben chiare sull’aspetto economico. Meno soldi in tasca ma consapevolezza di poter avere più soddisfazioni nella diffusione del prodotto. Il mercato sia italiano che quello Estero soprattutto Spagna, Francia e Germania iniziano a dare ragione ai Cooperatori.
La Cantina non solo è fucina di un laboratorio di prodotti sempre in evoluzione ma anche luogo dove i tanti soci convergono i loro pensieri. Reggiani e Mantovani. Convivenze, come è normale che sia, spesso complesse ma sempre proattive. Oltre 3 milioni di bottiglie e uno staff di diciotto dipendenti con 200 soci da coordinare. Alle soglie del 2020 una struttura moderna, incentrata sul marketing e le sfide con l’estero ma soprattutto rispettosa del suo passato. Per questo anche i nuovi prodotti di nicchia recentemente lanciati come il Lambrusco spumante a metodo classico e il rifermentato in bottiglia secondo Metodo Ancestrale mantengono l’omaggio in etichetta del grande pittore Ligabue.
All’estero dove la Cantina vende attualmente per circa il 35% del fatturato, è il volto del pittore ad avvicinare una tipologia di clientela legata al mondo culturale.
Il paradosso del tempo. Una volta le bottiglie di Ligabue venivano scartate anche nelle bettole più popolari, perché quel “volto brutto” sviliva il prodotto Lambrusco mentre ora è proprio il volto dell’artista divenuto conosciuto anche fuori dai confini nazionali, a trascinare il Lambrusco, prodotto semplice, sulle tavole importanti della borghesia europea.
Un connubio diventato in tanti anni sempre più indissolubile. Settantamila quintali di uva pigiata lungo le rive del grande Po.Modestia e profilo basso sono da sempre impregnati nelle pagine di storia aziendale. Concretezza come elemento distintivo. In tante degustazioni alla cieca di sommelier di caratura internazionale, il bicchiere della Gualtieri ha da sempre primeggiato. In un mondo di marketing sfrenato della concorrenza, quei profumi, colori e intensità che hanno fatto innamorare il grande artista, continuano sempre di più a farsi riconoscere e amare in tutto il Mondo. Ricchi, poveri, super esperti e non. Per tutti, senza distinzione, come le opere del suo “fratello” Ligabue.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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