Si chiamano B.S. (20 anni, Mali), Shakawat Hossain (18 anni, Bangladesh), Samana Mohamed Almostapha (22 anni, Tuareg del deserto, Mali), Seydou Toure (32 anni, Costa D’Avorio), Chico Lipemba Epete (37 anni, Congo), Sulayman Yallow (20 anni, Gambia), Aliou Toure (25 anni, Mali), Jeyobabi Selvanaygam Felixbala (32 anni, Sri Lanka), Monzon Kone (19 anni, Mali) e Zeeshan Shahzad (21 anni, Pakistan): è alle loro storie che è dedicato il libro “Profughi – Dieci storie vere” di Piergiorgio Paterlini, secondo volume della collana MarRosso, nata dall’iniziativa della cooperativa sociale reggiana Dimora d’Abramo e dall’editore Pendragon.
Centoventotto pagine in cui i dieci giovani accolti nell’ambito del progetto Sai (ex Sprar) del Comune di Reggio, gestito dalla cooperativa di via Normandia, si raccontano: la fame, la guerra, la fuga dalla loro terra, la morte scampata tante volte, il deserto, il mare, la solitudine e la paura, poi infine l’accoglienza in Italia e l’inserimento. Dieci storie di dolore che con l’arrivo a Reggio hanno avuto un lieto fine, ma che nel loro percorso hanno incrociato altre centinaia di storie simili, non tutte con lo stesso finale.
È anche a queste vite che è dedicato il libro, che martedì 22 giugno è stato presentato ai chiostri della Ghiara di Reggio dall’assessore comunale a welfare e bilancio Daniele Marchi, dal presidente della Dimora d’Abramo Luigi Codeluppi e dallo stesso Paterlini in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, proclamata dall’Onu e celebrata per la prima volta vent’anni fa, il 20 giugno del 2001. Molto intensa, in particolare, la storia di Samana riproposta dal Teatro dell’Orsa, con Monica Morini e Bernardino Bonzani (accompagnati dal musicista Gaetano Nenna) che hanno dato voce al giovane Tuareg, alla sua storia e alle sue speranze.
Storie diverse accomunate dalla fuga (da persecuzioni, da miseria, da minacce, da guerre) e dall’approdo in terra reggiana, dove per tutti loro è stato di nuovo possibile pensare a un futuro, alimentare una speranza dopo aver attraversato deserti – fisici e mentali – di sofferenza, paura e solitudine. Il libro apre squarci sulle vite dei giovani accolti, su quelle che resteranno sconosciute, ma anche su una comunità accogliente grazie ai suoi servizi e alla sua gente.
“Leggere queste storie – ha osservato Codeluppi – fa certamente comprendere quanto è parziale la conoscenza delle persone e quanti siano gli aspetti che, se approfonditi, ci aiuterebbero a sentirci parte di un percorso e di una storia che, alla fine dei conti, ci comprende tutti”. Il libro, nato all’interno del progetto Sai, ha e avrà anche questa funzione, perché sarà occasione per incontri e approfondimenti che riguarderanno soprattutto il mondo dei giovani.
Al chiostro della Ghiara ci sono già state testimonianze di giovani lettori (un gruppo parrocchiale e alcuni studenti) che avevano letto alcune delle storie del libro, ma in calendario ci sono già altri incontri con le scuole reggiane. “Sarà un percorso impegnativo – ha sottolineato Codeluppi – come lo è stato il raccontarsi, e non solo perché le diversità ci sono e sembrano anche tante, ma soprattutto perché è e resta faticoso per tutti, italiani e stranieri, stare di fronte l’uno all’altro. Eppure va fatto”.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]