La prima riunione di aprile della cabina di regia tra Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Regioni/Province autonome, convocata come di consueto per fare il punto della situazione sullo stato dell’epidemia di nuovo coronavirus in Italia, non ha portato particolari buone notizie sul fronte della pandemia.
Secondo i calcoli del ministero e della Protezione civile, infatti, il valore dell’indice di trasmissibilità medio dell’infezione da virus Sars-Cov-2 – calcolato sui casi sintomatici – è salito ulteriormente passando da quota 1,12 a 1,24 (range 1,14 – 1,31), rimanendo dunque sopra (anche nel suo limite inferiore) alla cosiddetta “soglia epidemica” (Rt = 1), il valore che separa convenzionalmente una situazione di epidemia in avanzamento (quando Rt è maggiore di 1) da una situazione di epidemia in regressione (quando Rt è inferiore a 1).
In lieve calo, invece, il cosiddetto “Rt ospedaliero”, ovvero l’indice di trasmissibilità calcolato sui casi di pazienti Covid-19 che necessitano di ricovero ospedaliero: un valore che è sceso dall’1,08 della rilevazione precedente fino a quota 1,03, rimanendo tuttavia anch’esso ancora al di sopra della soglia epidemica.
Il trend dell’incidenza settimanale dei contagi, se non altro, ha invertito la tendenza: dopo alcune settimane di risalita, infatti, negli ultimi sette giorni presi in considerazione l’indicatore ha fatto registrare un piccolo arretramento, passando da 848 a 836 nuovi casi di positività ogni centomila abitanti. Un valore che rimane comunque per la ventiduesima settimana consecutiva molto al di sopra della soglia di attenzione di cinquanta nuovi casi ogni centomila abitanti, quella che secondo il Comitato tecnico-scientifico consentirebbe – se non fosse oltrepassata – il miglior controllo possibile della circolazione del virus grazie a un efficiente contenimento (identificazione dei casi + tracciamento dei relativi contatti).
Cattive notizie, invece, sul fronte della pressione sulle strutture ospedaliere: il tasso di occupazione nei reparti di terapia intensiva a livello nazionale, dopo ben dieci settimane consecutive di discesa, è leggermente risalito, passando dal 4,5% del 24 marzo al 4,7% del 31 marzo; nello stesso intervallo di tempo, inoltre, anche il tasso di occupazione in aree mediche è peggiorato, passando dal 13,9% del 24 marzo al 15,2% del 31 marzo.
Per quanto riguarda la classificazione del rischio epidemico, secondo l’ultima rilevazione quattro regioni e province autonome italiane sono considerate “a rischio alto”, a causa di molteplici allerte di resilienza; dodici regioni e province autonome sono valutate “a rischio moderato”, anche se una di queste è ritenuta ad alta probabilità di progressione verso uno scenario peggiore; le restanti regioni e province autonome, invece, sono classificate “a rischio basso”.
In Italia è in lieve diminuzione (dal 15% al 14%) la percentuale dei nuovi casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti, mentre è stabile (al 37%) la quota di persone contagiate individuate attraverso la comparsa dei sintomi; stabile anche la percentuale dei nuovi casi diagnosticati attraverso le attività di screening (49%).
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]