Con un’ordinanza depositata l’11 marzo, il tribunale amministrativo regionale di Bologna ha respinto la richiesta di Fonderie Cooperative di Modena di sospendere la diffida – con contestuale sospensione delle attività – emanata lo scorso 27 gennaio da Barbara Villani, responsabile del servizio autorizzazioni e concessioni dell’Arpae di Modena.
Secondo il Tar l’agenzia regionale per la protezione ambientale dell’Emilia-Romagna, nell’affrontare la complessa vicenda, “ha correttamente indirizzato la propria azione amministrativa, e la relativa attività istruttoria, al perseguimento della tutela della salute e dell’ambiente”.
Nel corso di un sopralluogo effettuato lo scorso 25 gennaio, infatti, era emerso che l’azienda modenese non aveva rispettato quanto richiesto dall’Arpae in una precedente diffida, datata 9 dicembre 2021 e relativa alla gestione di alcune tipologie di rifiuti. La quantità di una determinata categoria di rifiuti stoccata all’interno delle pertinenze dell’azienda, che sarebbe dovuta essere avviata a smaltimento per rientrare nei limiti previsti dalla legge, era risultata invece addirittura superiore rispetto al quantitativo presente a dicembre: per questo motivo il 27 gennaio scorso l’Arpae aveva intimato a Fonderie Cooperative di sospendere l’attività produttiva con effetto immediato, a partire dal giorno seguente. L’azienda, tuttavia, aveva presentato ricorso al Tar impugnando il provvedimento.
La decisione dei giudici amministrativi regionali, che supera il precedente provvedimento monocratico del 3 febbraio, secondo Arpae “segna quindi una chiara conferma della correttezza delle azioni delle amministrazioni pubbliche che si erano congiuntamente costituite in giudizio a difesa dei provvedimenti impugnati”, e comporta l’obbligo per l’azienda emiliana di sospendere la propria attività di fusione e di continuare a gestire i rifiuti prodotti nel rispetto delle disposizioni di legge vigenti.
La decisione del Tar, ha aggiunto il direttore generale di Arpae Giuseppe Bortone, “è il riconoscimento di un lavoro di squadra portato avanti dall’agenzia in piena sinergia con le istituzioni locali, a iniziare dal Comune di Modena. Continueremo a presidiare questa rilevante questione. Ringrazio il nostro servizio autorizzazioni e concessioni, il servizio territoriale per la qualificata attività tecnica e il servizio avvocatura per la difesa in giudizio dell’ente”.
La Fiom-Cgil di Modena, invece, ha espresso preoccupazione per la situazione dei 25 lavoratori rimasti nello stabilimento di via Zarlati: “Che chiuda oggi o tra 28 giorni, come preventivato dalla direzione aziendale, per i lavoratori non fa alcuna differenza di fondo, il loro destino non muta: saranno comunque delocalizzati presso uno stabilimento situato nel territorio del comune di Cento, in provincia di Ferrara, con tutte le conseguenze e i disagi del caso”, ha spiegato Paolo Brini.
Anche dal punto di vista produttivo, ha denunciato il sindacalista, “non vi sono cambiamenti. Si è in ogni caso perso un patrimonio industriale che avrebbe dovuto e potuto essere tutelato. Lo spostamento della produzione in una zona nel perimetro comunale e il piano di investimenti volto ad ammodernare i macchinari, impiegando tecnologie che avrebbero permesso la completa tutela del tessuto ambientale, sono rimasti lettera morta. Né azienda né Comune hanno mai avuto questa intenzione, nonostante i proclami. Colpisce che, nel commentare l’ordinanza, il Comune di Modena non spenda nemmeno una riga per i lavoratori coinvolti. Si limita a una generica disponibilità verso non meglio note procedure per la valorizzazione dell’area, che sarebbero volte a creare (non si sa bene come) delle condizioni per garantire l’occupazione. Come si possa garantire l’occupazione con uno stabilimento chiuso ci risulta di difficile comprensione”.
La Fiom-Cgil modenese ha quindi reiterato le due richieste sindacali già avanzate nelle scorse settimane, che saranno ripresentate al tavolo di trattativa con l’azienda organizzato per il prossimo 18 marzo: la cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione, “per garantire quanto meno un paracadute sociale a chi non fosse nelle condizioni di poter lavorare a 40 chilometri di distanza da casa o fosse vicino alla pensione”, e una navetta-bus a carico dell’azienda, per garantire ai lavoratori il servizio di trasporto da Modena allo stabilimento di Cento.
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Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!