“La Repubblica riconosce il Giorno del Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria del tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra” Legge 30 Marzo 2004 n. 92
“Almeno diecimila persone, negli anni drammatici del 1945, sono state torturate ed uccise a Trieste e nell’Istria controllata dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito. E, in gran parte, vennero gettate (molte mentre erano ancora vive) dentro le voragini naturali disseminate sull’altopiano del Carso, le foibe.”
Lega Nazionale di Trieste – dal 1891-Medaglia d’Oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte.
“Gran Dio della Patria, Signore della nostra vita e della nostra morte, fa’ che tutto il popolo italiano ritrovi il passo irresistibile del sua storia e del suo destino” in Graziano Udovisi, Foibe L’ultimo testimone – Reggio Emilia
Nella giornata di SABATO 5 FEBBRAIO 2022 alle ore 11, in Piazza della Vittoria – Reggio Emilia, davanti al Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, si svolgerà la manifestazione dedicata al Giorno del Ricordo che ricorda gli Italiani d’Istria e Dalmazia, vittime nelle Foibe e costretti all’Esodo dai partigiani comunisti di Tito.
Quest’anno la manifestazione avrà particolare significato istituzionale con l’adesione e la partecipazione dei coordinamenti provinciali di Fratelli d’Italia, della Lega di Forza Italia e di Alleanza Civica che affiancano il Centro Studi Italia e l’Associazione Pietro e Marianna Azzolini.
Verrà reso omaggio a Norma Cossetto Medaglia d’Oro al Valore Civile, “luminosa testimonianza di coraggio e valor patrio”.
Ricordo con commozione la mia Maestra Virginia Ferrari, conosciuta qui a Felina come la Triestina. La famiglia era originaria di Viadana; il padre funzionario degli Uffici del Catasto. La famiglia si disperse fra Trieste, Felina e Roma.
Parlava delle sofferenze di quei giorni con gli occhi arrossati. ma con tanta dignità, senza mai una parola polemica.
Riposino tutti in pace, gli uni e gli atri.
Manfredo Manfredi
Gentilissimo Direttore,
In ricordo della Martire NORMA COSSETTO e di tutti gli infoibati dedico la tragica storia.
La tragedia delle Foibe e in particolare la triste sorte di NORMA COSSETTO, stuprata da un gruppo di partigiani comunisti, seviziata e poi gettata nella Foiba di Surani. Il suo corpo fu trovato nel 1943 dai Vigili del Fuoco di Pola. Giuseppe Comand, 98 anni, è l’unico di quei pompieri ancora vivo e ad Avvenire di recente ha raccontato che “Noma era seduta, la schiena appoggiata alla parete di roccia, gli occhi aperti verso l’imbocco della Foiba”. Ma Norma non fu vittima solo dei partigiani slavi, come si vede nel film “Rosso Istria”. Le Foibe non furono solo opera dei titini. I partigiani italiani ebbero un ruolo storicamente definito e ormai abbondantemente studiato. In proposito, il commento migliore lo affidiamo alle parole della sorella di Norma, Licia Cossetto, scomparsa nel 2013 nello stesso giorno, il 5 ottobre, in cui 70 anni prima sua sorella veniva gettata viva nella foiba di Villa Surani: “Con mia sorella Norma, ricordo il nostro papà Giuseppe, infoibato anche lui, con parecchi altri miei familiari. La nostra colpa era quella di essere italiani e di voler restare italiani. Norma avrebbe potuto salvarsi qualora avesse aderito alle richieste dei suoi assassini che le proposero di restare con loro e di diventare Croata: cosa che lei respinse coraggiosamente, alla luce della sua fedeltà alla Patria. Allora, la portarono ad Antignana, la legarono ad un tavolo col filo di ferro uncinato ai polsi ed alle gambe: erano una ventina, e fecero di lei quello che volevano, torturandola ed usandole ripetute violenze. Norma chiedeva acqua e chiamava la mamma, ma nessuno si mosse a pietà. Non sarò tanto diplomatica, diversamente da altri. Ho il dente avvelenato perché lo Stato Italiano si è ricordato di noi troppo tardi. D’altro canto, la colpa è anche nostra, perché quello istriano è soprattutto un popolo laborioso e paziente, che ha scelto l’Esodo in massa tirandosi su le maniche e mettendosi a lavorare: io stessa ho insegnato per 42 anni. Nell’esilio sono stata oggetto di tanti torti, ma anche in Istria ero stata imprigionata e riempita di botte; per mia fortuna trovai un compagno di scuola che mi sottrasse ai nostri carcerieri riportandomi a casa, da dove, quella stessa notte, potei fuggire con una zia, raggiungendo a piedi Trieste con una marcia di 60 chilometri. Ho il dente avvelenato per tanti motivi ma, come ripeto, prima di tutto per il silenzio ufficiale che ha coperto per 60 anni la nostra tragedia. E poi, chiedo a chiunque sia andato a scuola se ha mai trovato in un libro di testo una parola sulla terribile vicenda istriana: ignoranza voluta e programmata. Il 10 febbraio 2006, quando il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi mi ha consegnato la Medaglia d’Oro al Valore concessa alla memoria di Norma per il nobile comportamento davanti agli aguzzini e per il rifiuto di collaborare col nemico, e mi ha chiesto se fossi contenta, gli risposi ringraziando, ma rammentando che aspettavo da troppo tempo, senza che nessuno si fosse mai ricordato dei nostri infoibati. Dobbiamo dire grazie alle forze armate tedeschi, se a seguito della loro temporanea occupazione dell’Istria siamo riusciti a recuperare i resti di alcune vittime, ma la gran parte è ancora laggiù: io non so ancora e non saprò mai dove sia finita la maggior parte dei miei parenti scomparsi assieme a Norma. Le Foibe sono custodi del nostro dramma sconosciuto. Bisogna informare meglio, anche sulla consueta versione secondo cui il martirio istriano avrebbe avuto luogo a causa esclusiva dei partigiani di Tito. In realtà, loro occuparono subito qualche centro maggiore, all’indomani dell’8 settembre 1943, ma in quelli minori furono i partigiani locali – nostri concittadini italiani! – a scatenarsi: venivano di notte a farci alzare ed a sparare sopra i letti, ed anche gli assassini di mia sorella erano compaesani comunisti, che ricordo benissimo uno per uno. Costoro hanno persino la pensione dell’INPS, compresi i superstiti del gruppo che aveva torturato ed infoibato Norma. Infatti, la legislazione italiana del dopoguerra ha stabilito che era sufficiente aver prestato servizio, sia pure per pochi giorni, in forza all’Italia, per avere diritto alla pensione: cosa tanto più paradossale, visto che a noi, invece, nulla è stato dato. Personalmente, ho ricevuto un’autentica miseria solo come indennizzo per i beni “abbandonati” e, quindi, un’ulteriore beffa. Questa è la nostra storia, tanto tragica che non mi sento di perdonare: del resto, come è stato detto, “soltanto i morti hanno il diritto di perdonare, mentre i vivi hanno il dovere di ricordare”. Questo è l’obbligo morale che lascio in eredità alla mia famiglia ed al nostro popolo.